I risparmi previsti dalla spending review saranno solo in parte disponibili per la riduzione delle tasse. Quasi la metà delle risorse andranno via per rispettare gli obiettivi di deficit o far fronte a spese difficilmente eludibili. L’amara verità è contenuta nel rapporto presentato dal commissario Carlo Cottarelli. Un piano sul quale peraltro il governo mostra crescenti segnali di freddezza. Il premier Matteo Renzi ha ribadito ieri che come e quanto tagliare lo deciderà Palazzo Chigi mentre le proposte dell’ex dirigente del Fmi restano solo un «elenco» degli interventi possibili: alcuni sono già stati esclusi (come il taglio delle pensioni) mentre altri potranno cambiare: sulla Difesa si prepara un giro di vite più energico.La coperta si accorcia. Nella sua relazione il commissario rileva che le risorse effettivamente disponibili saranno meno del previsto. Tra le criticità dell’operazione c’è infatti una «sottostima delle spese a politiche invariate» del valore di 6 miliardi l’anno nel 2015 e nel 2016, se si vorranno rispettare gli obiettivi di indebitamento già fissati. Si tratta di spese delle quali i governi si sono sempre puntualmente fatti carico, ad esempio i fondi per l’autotraporto, la cassa in deroga e le missioni militari. La cifra si aggiunge alle risorse già note (4 e 9 miliardi nei prossimi due anni) che serviranno a evitare tagli lineari o aumenti di tassazione. Nel complesso dei 18 miliardi di risparmi attesi nel 2015, 10,4 sono virtualmente già spesi. L’anno dopo quando la spending review andrà a regime, sui 34 miliardi di tagli reali solo 19 saranno realmente disponibili. Non potrà quindi essere raggiunto l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale italiano al livello medio dell’area euro, operazione che costa 32 miliardi. Il governo rivede la revisione. Le risorse della spending restano comunque decisive per le politiche dell’esecutivo. A partire da quest’anno quando dovrebbero essere recuperati 5 miliardi per tagliare le tasse in busta paga senza far decollare il deficit. Ma il piano Cottarelli non convince del tutto. E il commissario, trasferito dal Tesoro a Palazzo Chigi, pare sempre più "commissariato". Già il capitolo pensioni, che avrebbe dovuto fruttare poco meno di due 2 miliardi (contributo di solidarietà sugli assegni medio alti e allineamento contributivo donne-uomini) è stato archiviato. Almeno per quest’anno. Sulla Difesa, al contrario, il governo vuol fare di più di quanto indicato da Cottarelli, che stimava di ricavare nel 2014 solo 100 milioni dal comparto militare, per poi salire fino a 2,5 miliardi nel 2016. Palazzo Chigi vuole accelerare, con risparmi più cospicui fin dai prossimi mesi. Gli altri capitoli sui quali l’intervento sarà immediato riguardano i costi dell’apparato politico-istituzionale, nazionale e locale, e gli acquisti su beni e servizi. Nel primo caso Cottarelli stima un risparmio di 400 milioni nel 2014 (che saliranno fino a 900 nel 2016). 100 milioni sono attesi poi dalla riforma che supera le Province e altrettanti dalla revisione delle consulenze e dal taglio delle auto blu. Interventi a forte impatto simbolico ma poco "redditizi". Tra i costi della politica Cottarelli indica tra l’altro una riduzione ulteriore del finanziamento ai partiti rispetto alla legge approvata. Opzione sul quale il governo non si è pronunciato. Nel mirino anche gli stipendi dei manager pubblici, tra i più alti d’Europa. Secondo Cottarelli si possono recuperare 500 milioni l’anno. Ma il risultato non è scontato. Ad esempio intervenire sulle retribuzioni dei magistrati è un’operazione a rischio. Molto si attende invece dall’efficientamento della spesa per gli acquisti da parte degli enti, 800 milioni solo il primo anno.
Per il commissario alla spending review in audizione al Senato «c'è un margine, tutto dipende dalle decisioni politiche che si prendono».
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