Nel maggio scorso 24 coppie italiane
hanno potuto finalmente abbracciare i loro figli adottati in
Congo, grazie all'intervento del governo italiano e del ministro Maria Elena Boschi, volata in Africa per portare a casa i bimbi. Ma altre
coppie, almeno un centinaio, sono ancora in attesa: hanno i documenti pronti, quei bambini li sentono già come propri figli, ma non li possono portare a casa. Questi
genitori, che si sono riuniti in un coordinamento, hanno inviato
due settimane fa una lettera alla Commissione adozioni
internazionali, alla quale dicono di non avere finora avuto risposta, e
che hanno deciso di rendere pubblica.
"Ci sentiamo abbandonati" racconta una mamma, purtroppo anonima. Come
altre 16 coppie di genitori, lei e il marito si sono affidati all'associazione, Nova (Nuovi orizzonti per vivere l'adozione); l'iter adottivo era giunto al suo compimento, ma nel
settembre 2013 il governo di Kinshasa ha sospeso per un anno il
rilascio dei visti di uscita dei bambini, per problemi insorti
con alcuni Paesi (non con l'Italia, come già noto). "La
situazione di blocco, inizialmente secondo il parere di tutti
destinata a risolversi in breve tempo e molto prima del periodo
annunciato di 12 mesi - scrivono i genitori nella lettera rilanciata dalle agenzie di stampa - non ha trovato
una soluzione ancora oggi".
"L'unica cosa che si è riusciti a ottenere nel frattempo,
peraltro dopo mille peripezie che tutti conosciamo - scrivono le
famiglie - è stato il rilascio dei 32 bambini appartenenti alle
famose 24 coppie di genitori che si erano recati sul posto ed
avevano dovuto far rientro senza i loro figli. A tale evento è
seguito il buio più assoluto e tale silenzio ha accresciuto le
nostre paure circa il fatto che, acquietata la questione
mediatica, la vicenda sia stata accantonata come se le altre
coppie che ancora attendono non costituiscano un problema". Si
tratta, spiegano, di almeno un centinaio di coppie che hanno
l'abbinamento con 130 bambini. A fronte di questi problemi, e delle sollecitazioni dei
genitori, dalle istituzioni avrebbero ricevuto solo silenzio e la raccomandazione di non sollevare eccessivo clamore per non compromettere un lavoro diplomatico assai delicato. Di fronte alla comprensibile disperazione di tanti genitori, sfociata nella lettera anonima (e che è stata notata dalla stampa congolese), altri genitori raccomandano cautela per non compromettere un percorso adottivo già di per sé tortuoso. "Per quanto riguarda il blocco - interviene Silvia Agnoletti, che con il marito Luca Mantelli ha in corso una procedura adottiva per due bimbe con l'associazione Shalom - il governo della Repubblica democratica del Congo aveva preventivamente informato che i 12 mesi potevano essere prorogati". A ripetute telefonate proprio alla Commissione adozioni e al ministero degli Esteri, continua la Agnoletti, "ho sempre avuto come interlocutori persone comprensive della nostra situazione". Oltrettutto i bimbi che sono stati abbinati con le famiglie italiane diventeranno a tutti gli effetti figli (e di conseguenza avranno la cittadinanza italiana) all'incirca 6 mesi dopo l'ingresso nel nostro Paese. A maggior ragione, dunque, la cautela è d'obbligo.