domenica 1 dicembre 2024
Piacenza è la seconda provincia italiana, dopo Prato, per numero di alunni con cittadinanza non italiana. «Imparare la nostra lingua è prioritario», ricorda l'insegnante
La professoressa Manzi con due alunni

La professoressa Manzi con due alunni

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Ha adottato un manuale di letteratura che va da San Francesco alla scrittrice somala contemporanea Igiaba Scego. Pensare che il primo giorno di supplenza all’istituto professionale per Silvia Manzi, laurea in Lettere classiche e dottorato nel curriculum, è stato «uno choc culturale». Eppure, quando, dopo il concorso, è entrata in ruolo, ha scelto non il liceo, ma l’istituto tecnico e professionale. «Goldoni dice che c’è il libro del mondo e il libro del teatro. Io che avevo sempre studiato il libro del teatro, grazie a questi ragazzi ho iniziato a studiare il libro del mondo. Mi hanno fatto crescere». Sul piano umano e del sapere. «La scuola è ancora troppo eurocentrica: senza di loro, quando mai avrei studiato poeti ucraini, africani, indiani?».

Benvenuti a Piacenza, la provincia italiana seconda solo a Prato per numero di alunni di nazionalità straniera in rapporto alla popolazione scolastica, il 25,2% (Prato è al 28%), contro la media regionale del 18,4%, stando agli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, che risalgono però all’anno scolastico 2022-2023. Dietro le percentuali, la medaglia è a due facce. Cresce il numero di chi è nato nel nostro Paese: nella scuola dell’Infanzia, a Piacenza, si arriva all’87,4% sul totale degli alunni con origine migratoria, nella primaria al 73,8%, nella secondaria di primo grado al 67,2% e in quella di secondo grado al 46,1%. E non si ferma il flusso di neo arrivati: nel 2022/23 a Piacenza sono stati 200, 68 alla primaria, 67 alle medie e 65 alle superiori.

Da un lato, dunque, bambini e ragazzi non italiani sui documenti, ma che si sentono tali. Dall’altro, bambini e ragazzi sospesi tra bisogno di integrarsi e nostalgia delle radici. Per tutti, un difficile equilibrio tra due appartenenze che vanno fatte dialogare, contro la tentazione di censurarne una a scapito dell’altra. Temi sui quali, per iniziativa dell’Ufficio per la Pastorale della scuola e della Migrantes della diocesi, ci si è confrontati al convegno La scuola protagonista dell’intercultura e della comunione tra i popoli. Tra i relatori, il direttore dell’Ufficio scolastico di Piacenza e Parma, Andrea Grossi, che ha rilanciato la sfida dell’accoglienza declinata come «percezione della novità di ciascuno», attenzione nella comunicazione «affinché non nasca un pregiudizio o un rallentamento nel percorso di fiducia che le famiglie riconoscono alla scuola» e impegno in «un lavoro culturale che non è traduzione non solo di linguaggi, ma di simboli, così che le persone imparino a conoscersi».

L’esperienza della professoressa Manzi – da settembre all’Isii Marconi in città dopo anni al Mattei di Fiorenzuola – va in questa direzione. Ha dedicato seminari di storia all’attualità: la questione israelo-palestinese, il conflitto Ucraina-Russia, Gandhi e l’indipendenza dell’India. «Su questi argomenti c’è un confronto vivace che chiede a te, insegnante, di continuare a prepararti». Il rammarico è quando – in quarta o quinta – c’è chi lascia la scuola per andare a lavorare, «un po’ perché la famiglia ha bisogno, un po’ perché pensano sia più utile e immediato far soldi. Poi diversi si pentono e tornano alle serali». Con i neo arrivati la sfida è doppia. «Sono determinati nell’imparare, però arrivano in momenti diversi dell’anno, non si riesce a impostare un lavoro a monte. E avrebbero bisogno di molte più ore di potenziamento, con figure preparate per l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua: mi permetto di dire che a volte a scuola si investono soldi su progetti che non hanno la stessa urgenza».

A Piacenza, nelle scuole del primo ciclo, grazie ai fondi del Comune le mediatrici culturali aiutano nell’inserimento. «Le classi della Primaria oggi rappresentano già una comunione tra popoli, non mi è mai capitato di assistere a liti legate alle diverse etnie», sottolinea Antonello Mortilla, maestro alla Don Minzoni, dov’è referente per i nuovi arrivati. La presidente dell’associazione Mondo Aperto, Rita Parenti, sposta il focus sulle mamme immigrate e chiede più semplificazione per aiutarle a orientarsi nel nostro sistema scolastico, «magari installando un totem con Qr code negli uffici che frequentano, inclusa la Questura». Altrimenti capita «come a quella mamma ucraina che a marzo 2023 ha fatto arrivare il figlio, ma lo ha mandato a scuola solo a settembre perché qualcuno, non si sa bene chi, le ha detto che non c’era più posto».

«C’è una corresponsabilità da costruire: mettiamo anche le famiglie immigrate – è il richiamo del vescovo di Piacenza-Bobbio, Adriano Cevolotto – nelle condizioni di partecipare a questa sfida educativa».

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