martedì 28 febbraio 2017
Erano custoditi nella clinica di Antinori e sarebbero frutto di una fecondazione avvenuta tramite una presunta compravendita di ovociti. Un metodo illegale che pone problemi giudiziari
Studio del Dna in laboratorio (Ansa)

Studio del Dna in laboratorio (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Sono emersi «profondi dubbi» sul presunto prelievo forzoso di ovuli che un’infermiera spagnola di 24 anni avrebbe subìto dal controverso ginecologo Severino Antinori, così come sulla «denunciata costrizione» lamentata dalla donna. Lo sottolinea il gip di Milano, Luigi Gargiulo, respingendo la richiesta della procura di Milano di archiviare l’indagine nei confronti della 24enne scattata in seguito alla denuncia per calunnia presentata dai legali del ginecologo.

Ma non è questo l’unico nodo giudiziario da sciogliere. La priorità sono i quasi 500 embrioni, un tempo custoditi presso la clinica di Antinori, che la Procura di Milano dovrà restituire alle coppie che ne hanno diritto dopo che il Tribunale del Riesame ha disposto il dissequestro. La maggior parte degli embrioni, però, non si sa a chi appartengano davvero.

Mamme e papà sono difficili da individuare in quanto gli embrioni sarebbero frutto di una fecondazione avvenuta non in base alla legge 40 bensì tramite una presunta compravendita di ovociti. Un metodo illegale, ancora da accertare, e che pone problemi giudiziari su come agire nei confronti degli aspiranti genitori. Il pm Maura Ripamonti (che ha fatto ricorso in Cassazione contro il dissequestro immediatamente esecutivo), sta cercando di ricostruire chi siano i 'legittimi proprietari' degli embrioni e di stabilire, non senza difficoltà, a chi vadano restituiti gli ovuli fecondati nei casi in cui fossero frutto di un procedimento ritenuto illecito in quanto gli ovociti sarebbero stati pagati e non donati.

I circa 500 embrioni, dopo un precedente dissequestro, eccetto la parte restituita alle coppie legittime che ne avevano fatto richiesta, furono nuovamente sequestrati assieme a molto altro materiale biologico il 13 ottobre 2016, nell’ambito dell’indagine per cui ora il ginecologo è sotto processo. «Il Tribunale esclude che ci sia stata un’attività di commercio da parte di Antinori che – ha detto l’avvocato Carlo Taormina – dal suo arresto ha ricevuto danni incalcolabili non solo per lui ma anche per chi si è accostato alla fecondazione eterologa».

Nonostante le smentite del medico, resta un problema il reperimento delle informazioni necessarie a rintracciare le 'donatrici', cioè le donne che hanno venduto gli ovociti e che dunque sono a tutti gli effetti madri degli embrioni. Un compito molto difficile laddove la fecondazione sarebbe avvenuta, come ipotizza l’indagine, per effetto di una presunta compravendita di ovociti nella struttura di via del Gracchi, tramite il reperimento degli ovuli dietro il presunto pagamento di tariffe ben precise in Spagna o dietro compenso di qualche altra donna in Italia. Accusa che il ginecologo ha sempre respinto affermando di non aver mai acquistato ovuli, ma che semmai questi sono sempre stati frutto di donazioni e di aver tutt’al più rimborsato le spese di soggiorno alle donne. In ogni caso, mancherebbe l’elenco delle 'donatrici'.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI