I segretari generali della Uil, Pierpaolo Bombardieri, e della Cgil, Maurizio Landini
Sindacati divisi e polemici sullo sciopero generale che torna ad affacciarsi. Mentre Cgil e Uil proclamano otto ore di astensione dal lavoro, con manifestazioni territoriali, per venerdì 29 novembre, la Cisl come noto non si accoda. E, sul piano politico, il centrodestra non manda giù l’annuncio. Una bordata in replica arriva direttamente dalla premier Giorgia Meloni in tv, sulla Rai: «Direi che c’è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil... Abbiamo diminuito il precariato, tagliato il cuneo e messo più soldi sui redditi più bassi, preso i soldi dalle banche per 3,6 miliardi, l’occupazione è aumentata. Se confermano lo sciopero nonostante questo, non siamo più nel merito».
Dura è pure la Lega: «Due sindacati italiani di estrema sinistra scioperano contro l’aumento dello stipendio per 14 milioni di lavoratori dipendenti fino a 40mila euro di reddito? Ridicoli». Ieri i segretari generali di Cgil, Maurizio Landini, e Uil, Pierpaolo Bombardieri, hanno motivato con una conferenza stampa la scelta di scendere in piazza, per la quarta volta consecutiva dal 2021 (governo Draghi) contro la manovra. I due sindacalisti chiedono di «cambiare » la legge di Bilancio, considerata del tutto «inadeguata a risolvere i problemi del Paese» e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità (le sigle dei medici hanno subito annunciato l’adesione alla protesta), istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. «Siamo stati convocati la prossima settimana », martedì 5 novembre a Palazzo Chigi, «con una manovra già consegnata alle Camere, che ha pochissimi margini di cambiamento. Andremo ad ascoltare, se il governo dovesse accettare le nostre proposte, siamo pronti a rivedere la decisione dello sciopero», ha detto Bombardieri. Il governo «ci convoca a cose già fatte. Noi chiediamo cambiamenti profondi e radicali alla manovra, non piccoli aggiustamenti. Abbiamo proposte molto precise», ha spiegato Landini.
«Chiediamo di cambiare la manovra e anche le altre leggi sbagliate fatte, come il collegato lavoro e il ddl sicurezza – ha sottolineato il segretario della Cgil –. Da qui al 29 abbiamo intenzione di chiedere al governo di cambiare la manovra, l’atteggiamento verso le organizzazioni sindacali, di aprire confronti e trattative, gireremo nel Paese per assemblee e luoghi di lavoro. Ci rivendono la Fontana di Trevi dopo tre anni – ha aggiunto Landini –. Le entrate fiscali si dice che stiano aumentando, ma quasi la metà di quelle entrate derivano dall'Irpef di lavoratori dipendenti e pensionati, che pagheranno 15 miliardi in più». Anche il capitolo pensioni lascia scontenti: «Difficile dire che siamo soddisfatti perché non sono peggiorate – ha dichiarato Bombardieri –. Ape sociale e Opzione Donna sono uno schiaffo a chi fa lavori usuranti e alle donne che avevano maturato diritto ad andare in pensione. E come si fa a essere soddisfatti perché “Quota 103” rimane, quando chi la utilizza perde il 30% di quanto maturato?».
Sull’arma dello sciopero, poi, il leader della Cgil ha attaccato la Cisl: «Per loro la manovra va bene, lo hanno scritto in un documento. C’è una valutazione diversa: lo dico con grande rispetto per i colleghi della Cisl, altri pensano che il compito di un sindacato sia dire sempre al governo “come sei bravo e bello”». Parole che hanno scatenato la reazione del leader cislino Luigi Sbarra da Firenze, a margine del Consiglio di Cisl Toscana: «A Landini, che si è permesso di offendere la Cisl, consigliamo vivamente di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino a un’opposizione politica che non ha bisogno di collateralismi. Si rischia così di fare un danno sia ai partiti sia alla rappresentanza sindacale, che perde di credibilità e di autonomia. La Cisl ha sempre rifiutato la logica della cinghia di trasmissione e chiede rispetto per un pluralismo che evidentemente la Cgil non tollera. Caro Landini, le egemonie non esistono più, se non per chi se le auto-infligge. Non certo la Cisl, che va avanti orgogliosamente proponendo un modello sindacale radicalmente diverso».