L’hanno chiamata ‘Welfare umano’. Perché metterebbe al centro del cambiamento la povertà e la disabilità, le malattie e le solitudini che coinvolgono soprattutto adolescenti, anziani, madri con figli. E ‘Welfare umano’ è il nome della campagna che la Comunità di Capodarco ha lanciato già da alcuni mesi.
“Umano – spiega la Comunità - perché non sempre si considerano le storie delle persone”, perché “spesso le risposte tendono ad essere ‘meccaniche’” e “non è corretto classificare come ‘categorie speciali’ chi ha problemi di autonomia, una condizione da non augurare, ma possibile per tutti, che coinvolge anche familiari, amici, conoscenti”.
Il punto è che “ognuno di noi dovrebbe avere a cuore la costruzione del miglior benessere possibile”, perciò monsignor Vinicio Albanesi, presidente di Capodarco, lancia l’appello ad aderire alla campagna con un videomessaggio. Invitando a occuparsi di chi ha bisogno d’accoglienza e sostegno: “Ci sia nei loro confronti non solo l’attenzione, ma anche cura adeguata”. Perché occorre rispettare “le loro persone e soprattutto le loro storie, spesso dolorose, spesso problematiche, spesso difficili, piene di sofferenza”. Così monsignor Albanesi chiama “in questa nostra Campagna tutti coloro che hanno attenzione a questi problemi a iniziare dai politici, dai giornalisti, dalle associazioni di categoria, dai sindacati, dalle comunità, dai gruppi. È un problema grave che riguarda milioni di persone, più di quanto si immagini”.
Il punto di partenza è che “siamo persone che lavorano sul campo - spiega il presidente della Comunità -, quindi in qualche modo capaci di suggerire atteggiamenti, risorse, obiettivi che sono indispensabili per civiltà, democrazia” e “tutti i diritti che a parole diciamo di rispettare, ma che nella vita quotidiana vengono disattesi”.
Obiettivi della campagna (che si possono trovare, insieme a materiali e tappe dell’iniziativa, sul sito www.welfareumano.it)? Ancora monsignor Albanesi: “Il rispetto della persona e della sua storia, la cura adeguata, l’impegno a una presa in carico che non metta mai a repentaglio la dignità dell’individuo fragile” e tenga “sempre al centro dell’intervento, la proposta verso una vita bella, che, nonostante le difficoltà, può essere recuperata”.