Pina Picierno - Ansa
«Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi». Questa riflessione di Sant’Agostino, al netto della sua indubbia efficacia retorica, è stata costantemente di ispirazione all’impegno dei cattolici in politica e nel contributo che hanno offerto alla costruzione della democrazia in Europa e in Italia. La trasposizione di questa esperienza con uno spazio politico è dovuta principalmente a questo insegnamento: non subire il tempo che ci è dato di vivere in una dimensione ideologica e impotente ma condizionarne gli esiti secondo valori e principi del progresso umano e democratico.
La moderazione non è mai stata questione di indole, ma è sempre stato lo sforzo di comprendere e interpretare la contemporaneità per farne pienamente parte. Le annunciate iniziative delle prossime settimane e il dibattito che ne sta nascendo possono essere un contributo importante per il centrosinistra italiano. Innanzitutto per le personalità di valore coinvolte. In secondo luogo, perché il pluralismo nel Partito Democratico e nell’alleanza progressista è una pianta troppo preziosa per lasciarla appassire in un dibattito pubblico chiuso e ristretto al solo gruppo dirigente. Infine, e in maniera ancor più significativa, perché il contributo di questa storia politica è essenziale per una proposta di governo alternativa alla destra. Per tutte queste ragioni mi parrebbe un errore confinare questa riflessione alla partecipazione dei cattolici nella propria specificità, per la ragione semplice ma molto concreta che l’unità politica dei cattolici non esiste e la questione oggi non è recuperare categorie e simboli del passato, ma come i valori liberali e democratici devono essere calati in una realtà profondamente mutata, dalle sfide altissime e inedite.
La frammentazione dell’ordine e della cooperazione globale, la saldatura eversiva tra autocrazie e democratici illiberali, l’egemonia culturale, economica e soprattutto tecnologica della “tech right” (come battezzata da Elon Musk) che separa il destino dell’innovazione e dello sviluppo economico dalla liberal-democrazia e dalle istituzioni democratiche, un dibattito pubblico polarizzato che favorisce le posizioni estreme e tende ad escludere larghe fasce di elettorato, l’Europa oggetto di attacchi di un nuovo movimento reazionario internazionale che vede al momento protagonista non secondario il nostro paese. C’è dell’altro, ovviamente, ma è questo a grandi linee il contesto nel quale saremo chiamati ad offrire un contributo, ciascuno per le proprie responsabilità e ciascuno secondo la propria coscienza. Da qui non si scappa. Delle novità non bisogna aver paura e soprattutto è imperativo categorico per un politico non negare la realtà perché presenta incognite nuove che spazzano via schemi tradizionali e profondamente radicati. Aggrapparsi ad essi come un ubriaco si attacca al lampione non ci sarà di aiuto.
E vale tanto per chi riconosce la soluzione nel recupero di radicalità, quanto per chi ha vissuto stagioni di governo che per comodità potremmo definire più “centriste”. Il compito dei democratici e dei liberali è immaginare nuove strade, non replicare scorciatoie, spesso ad uso e consumo della sopravvivenza dei gruppi dirigenti. Non credo, in tutta sincerità, che basti una nuova gamba centrista o una nuova formazione interna che sposti l’asse del Pd un po’ più al centro. Abbiamo bisogno di essere i tempi che viviamo. A partire dal nostro continente, dalle sue evidenti insufficienze, perché l’Europa resta, come l’aggressione di cui è vittima dimostra, la nostra chiave di volta. Resto convinta, ad esempio, che in Europa il prevalere delle potenzialità democratiche, partecipative e di compiuta sovranità inespresse sulle riforme istituzionali ed economiche concretamente attuate sia tra le principali cause dei mali del nostro tempo. L’egemonia della destra non è irreversibile, nessun ciclo lo è, per quanto possa sembrare lungo. Ma serve studio, connessione popolare, proposta di governo larga, seria, che affronti anche i nodi che non riguardano solo le nostre corde.