giovedì 1 giugno 2023
A 30 anni dall’uccisione di Sergio, loro unico figlio, e di due altri giovani impegnati a portare aiuti alle popolazioni durante la guerra, Franca e Augusto Lana sono stati accolti a Gornji Vakuf
Da destra: Franca e Augusto Lana, genitori di Sergio, assieme a Giancarlo Rovati, già presidente del “Gruppo 29 Maggio 1993 – Fabio Sergio Guido” di Ghedi (Brescia)

Da destra: Franca e Augusto Lana, genitori di Sergio, assieme a Giancarlo Rovati, già presidente del “Gruppo 29 Maggio 1993 – Fabio Sergio Guido” di Ghedi (Brescia) - foto LRos

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Qui, trent’anni fa, c’era la guerra. Ci si ammazzava tra fratelli. E si ammazzavano i samaritani che venivano a portare soccorso alle popolazioni straziate dal conflitto che mandò in pezzi la Jugoslavia. Come accadde ai volontari italiani Sergio Lana, 20 anni, Fabio Moreni, 39 anni, e Guido Puletti, stessa età di Fabio, sequestrati e uccisi sulle montagne di Gornji Vakuf, nella Bosnia Erzegovina, il 29 maggio del 1993 da un gruppo di militari bosniaco-musulmani comandati da Hanefjia “Paraga” Prjic.

Trent’anni dopo, in questi luoghi dove croati e musulmani, altrove alleati, si combattevano con furore, oggi fioriscono gesti d’incontro e di riconciliazione. Com’è accaduto lunedì 29 maggio 2023, nel 30° anniversario dell’eccidio, alla presenza dei pellegrini arrivati da Ghedi (Brescia) – il luogo da cui era partita la spedizione di Sergio, Fabio e Guido, e da dove, in seguito, sarebbero partite innumerevoli altre iniziative di solidarietà nel segno del Vangelo e nel ricordo dei tre giovani volontari.

Ebbene: quei pellegrini – fra loro Franca e Augusto Lana di Gussago (Brescia), genitori di Sergio, il loro unico figlio – il 29 maggio scorso sono stati ricevuti dal sindaco e dalle autorità di Gornji Vakuf, comunità a maggioranza musulmana. Quindi hanno partecipato alla Messa presieduta dall’arcivescovo emerito di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic, alla quale si sono uniti i fedeli cattolici locali – fra loro molti giovani nella chiesa letteralmente gremita. Infine hanno raggiunto il luogo in cui i tre giovani vennero rapiti e condotti alla morte: lì si è svolta una commemorazione, sempre alla presenza delle autorità locali. E sempre con la partecipazione dell’ambasciatore d’Italia in Bosnia Erzegovina, Marco Di Ruzza, che molto si è speso per rinnovare la memoria del sacrificio dei tre giovani e ha avuto un ruolo decisivo perché le celebrazioni del 29 maggio andassero a buon fine. Nel 2013, quando Franca e Augusto con gli amici e i volontari bresciani vennero a Gornji Vakuf nel 20° dell’eccidio, l’incontro programmato con il sindaco d’allora saltò all’ultimo momento senza spiegazioni. E alla Messa i pellegrini giunti da Ghedi – allora, come oggi, dopo aver fatto tappa a Medjugorje – trovarono pochissimi fedeli locali.

I genitori di Sergio Lana vengono ricevuti in municipio dal sindaco di Gornji Vakuf assieme all'ambasciatore d'Italia in Bosnia Erzegovina, Marco Di Ruzza

I genitori di Sergio Lana vengono ricevuti in municipio dal sindaco di Gornji Vakuf assieme all'ambasciatore d'Italia in Bosnia Erzegovina, Marco Di Ruzza - foto LRos

Il cardinale Puljic: preghiamo per chi ha compiuto il male

Dunque: non sono passati invano, tutti questi anni. Franca, Augusto e i loro amici li hanno fecondati con la preghiera, il perdono, la fraternità – un’opera che prosegue, come testimoniano i furgoni del “pellegrinaggio di carità”, l’ennesimo, che in quegli stessi giorni hanno portato aiuti ai poveri della Bosnia d’oggi. Così è stata preparata la via alla straordinaria giornata del 29 maggio a Gornji Vakuf, che ha avuto quale prima tappa il municipio, dove il sindaco Sead Causevic ha ricevuto i genitori di Sergio e una delegazione di pellegrini. Quindi la Messa – concelebrata fra gli altri da don Roberto Sottini, parroco di Ghedi, don Giuseppe Savio e don Gianfranco Innocenti, veterani della solidarietà con la Bosnia, fin dai tempi della guerra, e don Ernesto Marciò, parroco di Rivarolo Mantovano, paese d’origine dei Lana e dove Sergio è sepolto – con il cardinal Puljic a ricordare i tre giovani ma anche a chiedere di pregare «per chi ha compiuto il male». Infine la commemorazione al luogo del sequestro, alla quale, con il parroco della comunità cattolica, padre Josip Mihael Matijanic, si è unito anche l’imam.

La Messa in memoria di Sergio Lana, Fabio Moreni e Guido Puletti, presieduta dal cardinale Vinko Puljic nella chiesa di Gornji Vakuf

La Messa in memoria di Sergio Lana, Fabio Moreni e Guido Puletti, presieduta dal cardinale Vinko Puljic nella chiesa di Gornji Vakuf - foto LRos

Lambasciatore: da questo martirio, un aiuto alla riconciliazione in Bosnia

«Qui Sergio, Fabio e Guido, venuti per aiutare il nostro popolo, hanno lasciato la cosa più preziosa: la loro vita. Da questo luogo vogliamo lanciare un messaggio di pace e di riconciliazione», ha affermato il sindaco. Qui non celebriamo la morte di tre volontari, ma la vittoria dell’amore sull’odio, ha sottolineato il parroco ricordando come Sergio, Fabio e Guido abbiano dato compimento, nel dono della vita, al comando di Cristo di amare i nemici.

«Martiri»: così l’ambasciatore Di Ruzza ha definito i tre giovani, dopo aver ricordato le feconde relazioni di solidarietà delle istituzioni e della società civile italiane con la Bosnia, allora come oggi. Fare memoria di Sergio, Fabio e Guido, ha aggiunto, è un contributo al «percorso di riconciliazione nazionale» che il Paese sta affrontando – anche nella prospettiva dell’ingresso nell’Unione Europea. La speranza è che la Bosnia Erzegovina, «purtroppo tuttora attraversata da tensioni, possa finalmente evolvere in una moderna società multietnica, pluriculturale, pluriconfessionale, avanzando lungo il suo naturale percorso di intregrazione europea e diventando sempre più, secondo una bellissima definzione che venne data su Sarajevo proprio per le sue specificità storiche, una grande Gerusalemme d’Europa». Quindi, additando l’esempio di Franca e Augusto: «Ci hanno insegnato fino a quale straordinaria altezza può essere spinta l’asticella del perdono – ha aggiunto l’ambasciatore – anche in una situazione come questa, se ciò può favorire la pace, la fratellanza, la serena e produttiva convivenza delle persone e contribuire dunque alla costruzione di una società e di un futuro migliori per la Bosnia Erzegovina e non solo».

L'ambasciatore d'Italia in Bosnia Erzegovina, Marco Di Ruzza, depone una corona di fiori nel luogo in cui i tre giovani volontari vennero sequestrati

L'ambasciatore d'Italia in Bosnia Erzegovina, Marco Di Ruzza, depone una corona di fiori nel luogo in cui i tre giovani volontari vennero sequestrati - foto LRos

I genitori: noi perdoniamo, ma vogliamo la verità sullaccaduto

«Ogni genitore cerca il bene dei propri figli. Anche io e Augusto cerchiamo il bene di Sergio. Per questo vogliamo la verità su quello che è accaduto», ha detto infine mamma Franca, rinnovando la scelta del perdono portata avanti in questi trent’anni. Al collo portava la corona che il giovane aveva con sé in quel viaggio e con la quale visse nella preghiera le ultime ore di vita. «Da quando ci è stata restituita, io e Augusto preghiamo ogni giorno il Rosario con questa corona. Sergio è presente in noi in ogni momento. E la Bosnia – ha scandito fra gli applausi e la commozione di tutti, italiani e bosniaci – è la nostra seconda patria: noi qui veniamo volentieri». «Sì, ci sarà sempre particolarmente cara questa terra bagnata dal sangue di Fabio, di Guido e di nostro figlio», ha confermato Augusto. A dare voce e volto alle opere di carità con la Bosnia (e con altri Paesi) fiorite nel nome dei tre volontari, l’instancabile Giancarlo Rovati, già presidente della Fondazione Moreni di Cremona e, prima, del “Gruppo 29 Maggio 1993 – Fabio Sergio Guido” di Ghedi, e Gianluca Arata, attuale presidente della Fondazione Moreni.

Terminati i discorsi commemorativi e le testimonianze, l’ambasciatore e il sindaco hanno deposto corone di fiori sul luogo del sequestro. A poca distanza Augusto, con l’aiuto di alcuni pellegrini, ha posato due piccoli blocchi di cemento con una iscrizione essenziale: “Sergio Fabio Guido 29-5-1993 / 29-5-2023”. Un semplice “memoriale” che i genitori hanno voluto collocare fra questi boschi a pochi chilometri da Gornji Vakuf, sul luogo dove il figlio Sergio e i compagni di spedizione Fabio e Guido vennero fermati, caricati su un carro trainato da un trattore, quindi condotti lungo una strada di montagna fino al luogo in cui furono uccisi dagli uomini di “Paraga”. Fra i due blocchi, Franca e Augusto hanno messo tre pianticelle d’alloro, attorno hanno seminato fiori. Per offrire a tutti il profumo del perdono.

L'iscrizione collocata da Sergio e Franca Lana sul luogo in cui il figlio Sergio e i compagni di spedizione, Fabio Moreni e Guido Puletti, vennero sequestrati il 29 maggio 1993

L'iscrizione collocata da Sergio e Franca Lana sul luogo in cui il figlio Sergio e i compagni di spedizione, Fabio Moreni e Guido Puletti, vennero sequestrati il 29 maggio 1993 - foto LRos

Mamma Franca: con limam un abbraccio di pace

Dopo le commemorazioni ufficiali, un momento di convivialità e amicizia. Un pranzo che ha messo attorno allo stesso tavolo i genitori di Sergio Lana, l’ambasciatore, il sindaco, il parroco e l’imam. Alla fine – lontano dagli sguardi di telecamere e macchine fotografiche che avevano documentato incontri e celebrazioni in municipio, in chiesa e nel luogo del sequestro – un fatto inatteso e sorprendente. È Franca, che lo ha vissuto, a condividerlo durante il viaggio di ritorno in Italia con gli altri pellegrini e con il cronista di Avvenire. «Al momento dei saluti, l’imam mi avvicina e attraverso l’interprete mi dice di veder brillare nei miei occhi la luce del dolore, e cerca di offrire parole di consolazione e conforto. A mia volta dico all’interprete che avrei voluto abbracciare e baciare l’imam – come avevo già fatto con il nostro ambasciatore, con il sindaco, musulmano, e con il presidente del consiglio comunale, croato – ma che non sapevo come comportarmi con lui. L’imam mi ha risposto: come espressione di rispetto, noi le donne le baciamo sulla fronte. E così ha fatto con me. Mentre le donne, ha aggiunto, possono baciare l’uomo sulla guancia. E così ho fatto io con lui. Non è stato dunque un saluto formale, ma caldo, sincero, imprevedibile, al quale si è aggiunto Augusto. Un piccolo gesto che speriamo possa essere come un piccolo seme di pace e riconciliazione in questa terra».

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