Ha sempre più il sapore di una concessione l’apertura di Pier Luigi Bersani al centro poco «determinante» di Monti e Casini. Il leader del Pd continua a seguire la linea della campagna poco gridata, ma i fendenti arrivano ammortizzati, e la sostanza resta la stessa: «Ho detto e ripeto che noi chiediamo agli italiani il 51 per cento in Parlamento, perché l’Italia ha bisogno di una barra solida, poi ho aggiunto che useremo quel 51 per cento come il 49 e ci rivolgeremo in modo aperto a tutte le forze che si riterranno alternative alla destra populista e anti-europeista. Io garantisco che non saremo settari». Ma il segretario democratico, che dispensa ottimismo sul risultato «anche in Veneto», precisa: va bene la collaborazione, ma «lasciamo stare la grande coalizione».Bersani continua il suo tour proprio in una delle regioni critiche per i consensi, come il Veneto. Ma cambiando località non si modifica il messaggio riguardo all’obiettivo di battere la destra, che «esiste in questo Paese e si combatte e c’è un solo modo di batterla: solo noi possiamo batterla, possiamo essere un’alternativa». Non per questo a largo del Nazareno sentono «di avere la vittoria in tasca», ma al tempo stesso «possiamo vincere ovunque, anche in Veneto».La collaborazione del centro dovrà quindi consistere nel riformare il Paese per modernizzarlo. Ma sui possibili alleati il leader pd mostra un superiore scetticismo «Non credo si possa parlare di vera novità. Certo, oggi la proposta centrista è forse più significativa che in passato. Ma la mia convinzione è che nel Paese profondo vi sia un’esigenza di bipolarismo. Le forze di centro ambiscono ad essere un punto d’equilibrio», ma – appunto – «nella situazione italiana non penso che giocheranno un ruolo determinante». Una volta al timone, comunque, «tutti dobbiamo cambiare. Al governo tocca tracciare la strada e trovare dei terreni di cambiamento in cui ciascuno possa trovare qualcuno dei suoi valori». Cambiamento e coesione, poi, «non sono ossimori: chi lo pensa è fuori strada, è fuori come un balcone». Insomma, «questo Paese ha bisogno di spingersi tutto in avanti, se distingui tra buoni e cattivi non fai un piacere neanche agli industriali. Quando governi sono tutti figli tuoi, può succedere che l’accordo poi non lo trovi, ma con il confronto eviti di fare errori». Bersani, comunque, la sua sfida, in attesa delle urne, la lancia in un confronto tv, in cui chiede la partecipazione di tutti e sei i candidati. «Tutti i candidati hanno uguali diritti, o nessuno. Il problema è di qualcuno, non so: Berlusconi è candidato premier o no? È Alfano? Io li prendo tutti e due, vengano tutti e due in Tv e così facciamo "sei più uno"». L’idea del confronto piace alle emittenti televisive che hanno già iniziato una guerra per accaparrarsi la sfida mediatica. Rai e Sky in pole position. Ma anche i talk show si contendono l’evento elettorale più importante, che qualcuno pensa si possa tenere già il prossimo sabato. Se la Rai riuscirà a garantirsi l’esclusiva, si punta a mandarla sulla rete ammiraglia del primo canale. L’idea è realizzare un programma ad hoc con due moderatori: Bruno Vespa e il direttore del Tg1 Mario Orfeo.