Le carte stanno per essere scoperte. È una notte travagliata quella passata da Pier Luigi Bersani, che si appresta a vivere le ultime ore da presidente incaricato nell’attesa di «risposte conclusive» da tutti i partiti. Al centro della "trattativa-non trattativa" c’è sempre lo stesso punto: le garanzie per l’elezione del nuovo capo dello Stato (e per quello che potrà fare questa figura, anche in relazione ai guai giudiziari di Berlusconi). Quelle garanzie che, appunto, il Pd non ha finora veramente concesso: al Pdl non è mai stato chiesto di presentare una rosa di nomi, la scelta il Pd vuole tenersela - per ora - tutta per sé.Le consultazioni sono praticamente finite: ancora un surplus di riflessione - per lui e per gli altri partiti -, poi da stasera quando (non prima delle 17) dovrebbe risalire al Quirinale, Bersani saprà se il suo cammino è destinato a compiere un passo avanti, attraverso le "alchimie" numeriche con cui il centrodestra potrebbe consentire la nascita di un nuovo governo, o se invece uno indietro, per rimettere il mandato. «Sento molto la responsabilità di gestire questa fase al meglio per il Paese», confida ai suoi più stretti collaboratori, con i quali condivide un’altra, lunga giornata. Oggi è il giorno della verità. Dopo aver incassato l’ennesimo "sgarbo" da Grillo e dai suoi, Bersani è rimasto convinto di avere qualche
chance, attraverso un gioco di sponda con la parallela responsabilità del centrodestra. Ma nello stesso tempo in lui "premono" i pregiudizi di sempre verso quell’asse Pdl-Lega che, agli occhi suoi e del Pd, troppe delusioni ha dato negli anni. «Mi giungono segnali indecifrabili, Berlusconi non riesco proprio a "leggerlo"», confida in un altro momento ai suoi (il capo segreteria Maurizio Migliavacca, Vasco Errani e poi Enrico Letta e Dario Franceschini, gruppo con cui va anche a pranzo, per circa un’ora, in un ristorante del centro di Roma). Forse per questo il massimo dell’offerta, da parte del Pd, si sarebbe spinto nel garantire direttamente a Silvio Berlusconi, non solo ad Alfano, la presidenza dell’eventuale "Convenzione per le riforme". Impegni troppo generici per il Pdl, però.A meno di colpi di scena, tutto resta appeso alle riflessioni di Bersani e a quelle che svilupperà in comune con Napolitano, stasera sul Colle. Il segretario ha dato a intendere che non ci sarà alcun braccio di ferro. «Non ho diktat da fare – ha detto incontrando i giornalisti –, devo portare una valutazione conclusiva fatta di numeri e anche di valutazioni politiche e decideremo insieme». L’incertezza regna massima anche dentro il partito. «Stasera la vedo più complicata – si lascia andare a fine giornata Stefano Fassina, responsabile economico e uno dei "giovani turchi" -–, è tutto appeso a un filo». Un filo di ottimismo viene ancora da un deputato come Pier Paolo Baretta: «Penso che la forza della realtà alla fine spingerà tutti a una soluzione». Ma il timore diffuso tra i democratici è che, anche a fronte di un accordo (o "accordicchio") con Pdl e Lega, non è scontato che il capo dello Stato mandi avanti Bersani, in assenza di quei «numeri certi» che hanno sempre rappresentato la bussola del Quirinale.