mercoledì 14 agosto 2024
Sei anni dopo la tragedia manca ancora una verità. Il capo dello Stato e la premier spingono perché sia fatta giustizia. Rixi: presto una legge, ma pronti al decreto
Mattarella e Meloni: accertare colpe e responsabilità del crollo

Ansa

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Sono passati sei anni. Era il 14 agosto del 2018 quando il viadotto autostradale noto con ponte Morandi che attraversava il Ponente di Genova collassò su se stesso uccidendo 43 persone. Sei anno dopo non c'è ancora una verità. Non ci sono ancora dei responsabili. Non c'è ancora nemmeno un verdetto di primo grado. C'è solo un maxi-dibattimento che dura dal luglio 2022. Ci sono 59 imputati tra tecnici e dirigenti, attuali e passati, della concessionaria Autostrade per l'Italia, di Spea Engineering (la ex controllata che si occupava delle manutenzioni) e del ministero delle Infrastrutture, accusati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio... L'elenco dei reati contestati è lungo e oggi, esattamente sei anni dopo, non c'è solo il ricordo di quella tragedia. C'è soprattutto la pressante richiesta di verità. «Le responsabilità devono essere definitivamente accertate e auspico che il lavoro delle autorità preposte si svolga con l'efficacia e la prontezza necessarie a ogni sentimento di giustizia», dice forte il capo dello Stato Sergio Mattarella. E chiosa: «Il tempestivo processo di ricostruzione del collegamento tramite il Ponte Genova San Giorgio non costituisce, infatti, attenuante per quanto accaduto. In questa giornata di cordoglio e di memoria la Repubblica esprime vicinanza ai familiari delle 43 vittime». Si torna a quei giorni, Al coraggio di una città, Genova, «fiera e orgogliosa», come la descrive Giorgia Meloni. «Memoria, rinascita, giustizia», chiede la premier e va oltre: «Oggi ci sentiamo un po' tutti genovesi, figli di una città fiera e orgogliosa che è stata moralmente piegata e fisicamente spezzata in due, ma che da allora ha saputo anche rialzarsi e andare avanti».

Parlano tutti. Le istituzioni, la politica, la società civile. il mondo economico. Tutti raccontano per dirla con il vicepremier Matteo Salvini la «commovente capacità di reazione del popolo genovese» capace di superare «ostacoli, burocrazia e lentezze e di arrivare alla costruzione in tempi record di un nuovo Ponte, diventato un modello ingegneristico nel mondo. Questa straordinaria opera infrastrutturale dimostra ancora oggi che, se tutti sono disposti a fare la loro parte, l'Italia ha tutti i mezzi necessari per rinascere nel nome dello sviluppo, del lavoro e dei sì». La politica prova a guardare avanti e il viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi, arriva a un punto: «Oggi abbiamo cercato di chiudere finalmente la proposta di legge per dare un giusto riconoscimento alle vittime di una tragedia come questa che deve andare oltre il dibattimento processuale, in questo Paese sempre troppi lungo, che vedrà poi i vari giudizi. A noi interessa che il Paese si prenda cura di chi subisce una situazione come questa dovuta al decadimento, al crollo totale e parziale, di un'opera stradale o autostradale di interessa nazionale. Lo Stato ha un dovere nei confronti dei cittadini di garantire la sicurezza e di occuparsi di loro in caso di tragedie come queste. Credo che oggi aver chiuso questo testo di legge sia importante: vedremo a settembre se proseguire con un iter parlamentare di per sè lungo o procedere rapidamente con un decreto del governo per rendere immediata questa proposta entro la fine dell'anno».

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