Il Palazzo della Consulta dove ha sede la Corte costituzionale (Ansa)
Il quesito più in bilico è quello sull'art. 18. La Corte Costituzionale lo affronterà, insieme alle altre due istanze referendarie in materia di lavoro l'11 gennaio, in camera di consiglio, per valutare se siano o meno ammissibili, dopo che dalla Cassazione, Ufficio centrale per il referendum, è arrivato l'ok formale a dicembre.
Due referendum riguardano il Jobs Act, con le modifiche previste all'art. 18 in materia di licenziamenti e con l'introduzione dei voucher. Il terzo riguarda le norme che limitano la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.
Ma il sì a tutti e tre i quesiti non è affatto scontato. I dubbi, e le divergenze anche all'interno della Corte, riguardano soprattutto l'art.18. Non è un caso che proprio su questo punto l'Avvocatura dello Stato, che ha depositato le memorie per conto della presidenza del Consiglio chiedendo che i quesiti siano dichiarati inammissibili, usi i termini più forti e decisi: quesito con "carattere surrettiziamente propositivo e manipolativo", si legge nella memoria messa a punto dal vice avvocato generale, Vincenzo Nunziata.
La Cgil, che i referendum li ha proposti raccogliendo oltre 3 milioni di firme, reagisce: "L'ammissibilità - replicano dal sindacato - la stabilisce la Corte costituzionale, che è autonoma e competente. Per quanto riguarda il quesito, non manipola alcunché. Non è propositivo né manipolativo, è un quesito abrogativo: la risultante è una norma esistente".
Qui sta, infatti, l'obiezione mossa dall'Avvocatura, secondo la quale il quesito, per come è confezionato, non abroga soltanto, ma punta a produrre una nuova norma, estendendo i limiti al licenziamento previsti dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per le aziende sopra i 15 dipendenti a tutte quelle sopra i 5 dipendenti.
La Consulta dovrà valutare se questo si possa fare alla luce della Costituzione e se il quesito risponda ai requisiti di omogeneità, chiarezza, univocità, o presenti "contraddizioni", come l'Avvocatura prospetta. La giudice relatrice, Silvana Sciarra, giuslavorista, sarebbe favorevole all'ammissibilità. Ma nel collegio ci sarebbero dei distinguo e, secondo alcuni rumors, anche uno dei relatori designati per gli altri quesiti propenderebbe invece per il "no" al quesito.
Delle responsabilità in solido appaltatore-appaltante si occuperà il giudice Rosario Morelli: qui l'Avvocatura segnala (più come atto dovuto) il rischio di incertezze tra la norma e il codice civile nel caso passasse il referendum, ma è pressoché certo che la Consulta darà l'ammissibilità.
Sui voucher, ossia i buoni lavoro previsti per le prestazioni accessorie con un limite di reddito di 7mila euro annui per ciascun lavoratore, sarà relatore Giulio Prosperetti. L'abrogazione produrrebbe un vuoto normativo, sostiene l'Avvocatura, ma soprattutto in caso di diniego al quesito sull'art.18, quello sui voucher passerà quasi certamente.
Tanto più che governo e Pd hanno già espresso la volontà di rimettere mano alla norma. Se lo faranno, il referendum su questa disposizione, cadrà; ma prima la nuova legge dovrà essere sottoposta alla Cassazione per valutare se sia in linea col quesito referendario, altrimenti il referendum sarà trasferito sulla nuova legge.
L'11 la Corte Costituzionale lavorerà quasi certamente in numero pari: dopo le dimissioni di Giuseppe Frigo il collegio è a quota 14 (proprio mercoledì il Parlamento si riunirà in seduta comune per provare a eleggere un nuovo giudice). Quindi in caso di spaccatura netta, 7 a 7, a far la differenza sarà il voto del presidente Paolo Grossi, che vale doppio. Una situazione che si verificò nel 2015, quando la Consulta bocciò la norma Fornero sulle pensioni, anche in quel caso relatrice Sciarra.