sabato 23 settembre 2017
Il Consiglio dei ministri ha approvato tra l'altro la nota di aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza). Padoan: in discesa il rapporto debito pubblico/Pil
Gentiloni: la manovra non sarà depressiva. Deficit/Pil in discesa
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Via libera del governo al nuovo quadro macroeconomico e di bilancio, che vede la crescita migliorare a +1,5% per tutti e tre gli anni dal 2017 al 2019 e l'indebitamento netto salire l'anno prossimo all'1,6 dall'1,2% del Pil di aprile.

«Abbiamo
numeri di crescita più alti e più stabili», ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato la nota di variazione al Def (Documento di economia e finanza). I risultati economici «che sono stati resi possibili dalle riforme varate dal governo Renzi e che noi abbiamo proseguito ci hanno consentito una discussione con l'Ue che ha portato margini favorevoli di finanza pubblica e che ci porterà a proporre al Parlamento una legge di bilancio non depressiva, che non sarà un freno alla tendenza positiva dell'economia», ha detto il premier. Nella cornice disegnata dalla nota di aggiornamento al Def, «abbiamo margini molto più incoraggianti di quelli che discutevamo solo 6-7 mesi fa», ha sottolineato Gentiloni. «Per fortuna - ha proseguito - siamo in un Paese libero, ci sono le elezioni. Dobbiamo fare tutto tranne che dare un messaggio di preoccupazione, perché il Paese va alle elezioni alla sua scadenza naturale. Il nostro compito come governo è portare la legislatura a una conclusione ordinata, con risultati di finanza pubblica finalmente incoraggianti».


Le precedenti stime indicavano un Pil a +1,1% quest'anno e a +1% nel 2018. I nuovi numeri sono coerenti con la revisione delle serie storiche su Pil e aggregati di finanza pubblica resa nota ieri dall'Istat. «Il +1,5% di crescita va confermato anche per il 2018 e il 2019. Questa è una previsione che forse qualcuno valuterà troppo ottimista, io ritengo che sia pienamente giustificata. Anche in passato le previsioni ci hanno sorpreso all'insù piuttosto che all'ingiù», ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. «Un discreto grado di ottimismo è giustificato».

Il deficit 2017 è confermato al 2,1% del Pil. La crescita migliore delle attese sostiene le entrate tributarie e spiega perché il deficit del 2018 è 1,6 anziché 1,8% del Pil, come era stato suggerito nelle settimane scorse. Rispetto al tendenziale dell'1% il margine da sfruttare con la legge di Bilancio ammonta quindi a 0,6 punti percentuali, oltre 10 miliardi in valore assoluto, risorse che contribuiranno a disinnescare gli aumenti di Iva e accise in programma da gennaio. «Le clausole saranno totalmente eliminate per il 2018», ha detto Padoan.

La correzione strutturale l'anno prossimo è confermata allo 0,3% del Pil. Il rapporto debito/Pil è visto scendere nel 2017 sarà al 131,6%, nel 2018 al 130%, nel 2019 al 127,1%. Non si tratta del primo calo da inizio crisi. I nuovi numeri Istat hanno mostrato che il debito era già sceso nel 2015 per poi risalire l'anno successivo. I target aggiornati tengono conto dei 15 miliardi - su 20 nel complesso autorizzati dal Parlamento a dicembre 2016 - messi a disposizione dal sistema bancario «per affrontare situazioni di crisi», ha detto Padoan avvertendo che non tutte le risorse incidono sul debito.

I proventi da privatizzazioni sono pari a 0,2 punti di Pil nel 2017 e a 0,3 dal 2018. Nessuna nuova anticipazione sui contenuti della manovra. Il ministro si limita a dire che una nuova sanatoria sulle cartelle esattoriali «è una delle tante misure che stiamo valutando».

Alla parte della maggioranza e ai sindacati che chiedono interventi sulle pensioni, Gentiloni così risponde: «Non credo ci siano margini per operazioni generalizzate, valuteremo misure puntuali».

La nota di aggiornamento deve essere approvata dal Parlamento con un voto a maggioranza assoluta e in Senato, dove occorrono 161 sì, il governo non ha numeri certi. A Palazzo Madama pesa infatti la presa di distanza di Mdp, il gruppo guidato da Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani.

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