lunedì 14 novembre 2022
La 23enne, madre di un bimbo di due anni, aveva denunciato l’uomo per maltrattamenti appena quattro giorni fa. Lui l’ha accoltellata e ha gettato il corpo lungo un fiume, nelle campagne di Fano
Anastasiia in una foto scattata quest'estate

Anastasiia in una foto scattata quest'estate - Ansa

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Aveva sognato una vita lontano dalla violenza della guerra per sé e per il suo bimbo di 2 anni, Anastasiia Alashiri. E con quel sogno di futuro era partita a marzo scorso da Kiev, coi suoi 23 anni appena e il marito, alla volta dell’Italia. Chissà se le altre, di violenze, erano già cominciate in Ucraina oppure hanno preso forma dopo, una volta che la coppia s’è sistemata a Fano. Anastasiia, lì, la conoscevano tutti: i lunghi capelli rossi, i lineamenti delicati, lavorava come cameriera in un ristorante e dava lezioni di piano per arrotondare lo stipendio. E perché la musica era la sua passione da tutta la vita. L’hanno trovata morta in aperta campagna, sul greto del fiume Arzilla, il corpo martoriato dalle coltellate. L’ennesimo femminicidio, l’ennesima vittima dell’odio contro le donne che travalica i confini e si ripete secondo lo stesso terribile, insensato copione.

A uccidere Anastasiia, infatti, è stato proprio il marito che era scappato con lei da Kiev. Un uomo di origini egiziane di 42 anni, che è stato rintracciato alla stazione di Bologna mentre tentava di allontanarsi dall'Italia. All’inizio non ha risposto alle domande degli agenti, poi ha confessato indicando il posto dove cercare la moglie. Negli ultimi mesi il loro rapporto era degenerato: lui era sempre pieno di rabbia, litigavano, probabilmente la picchiava. Anastasiia aveva deciso di andarsene e di rifugiarsi a casa di un suo amico e collega di lavoro. Ma non era bastato nemmeno quello: le telefonate continuavano, incessanti, così come i pedinamenti e le scenate. Alla fine, l’11 novembre, lei aveva deciso di rivolgersi ai Carabinieri e denunciarlo. Nemmeno il tempo di istruire la pratica: l’altra sera lei è tornata a casa per recuperare dei vestiti, una valigia. L’uomo probabilmente era lì ad aspettarla: i toni si sono alzati, è scoppiata l’ennesima lite, poi il buio. Finché l’amico che non l’ha vista rientrare ha chiamato la polizia e ne ha denunciato la scomparsa. Era troppo tardi.

Un'altra foto di Anastasiia

Un'altra foto di Anastasiia - Ansa

A Fano ieri è stato un giorno di lutto. «Quello che è accaduto è incredibile e spaventoso – il commento del sindaco, Massimo Seri –. Sapere che a Fano si è consumata una tale e inaudita violenza verso una giovane donna mi paralizza e sconvolge. E come me è segnata un'intera comunità, che fa del sostegno e del rispetto reciproco i propri principi». Anastasiia, ha proseguito il sindaco, «aveva trovato a Fano un luogo ideale per rincorrere i propri sogni e coltivare le proprie ambizioni. Mentre progettava con speranza ed entusiasmo il futuro è rimasta vittima di un'assurda tragedia. Purtroppo non c’è tregua alla lista di femminicidi che stanno investendo i nostri tempi. Segno preoccupante di una civiltà che sta perdendo la rotta dal punto di vista dei valori, tra cui la libertà e il rispetto della persona sono i più alti e preziosi». Commovente anche il messaggio dei datori di lavoro di Anastasiia: «Lavorava dallo scorso maggio come cameriera nel nostro locale a Fano – scrivono i titolari dell’Osteria dalla Peppa –, era molto brava e dimostrava grande dedizione per il suo lavoro. Rimarrà sempre nei nostri cuori». Ora c’è un bambino rimasto orfano, sradicato dal suo Paese e strappato per sempre alla sua mamma, anche se non dalle bombe. Per lui si sono mobilitati già i Servizi sociali e il Tribunale dei minori.

Non è solo l’omicidio di Anastasiia a pesare come un macigno alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebrerà il 25 novembre. Dopo lo stupro denunciato da una giovane studentessa universitaria di Torino ad opera di un minorenne, ecco la notizia di una nuova violenza sessuale di gruppo, stavolta compiuta a Milano. Dove una ragazza è stata avvicinata all'interno di una discoteca di Corso Como da tre uomini di origini albanesi e condotta in un motel di Cornaredo. Qui le violenze indicibili, andate avanti per tutta la notte. L’ennesimo caso in quello che è stato l’anno nero degli abusi sulle strade e nei locali del nostro Paese, oltre che nelle case.

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