La Grecia avrebbe ancora appena 2 miliardi di euro in cassa, racimolati raschiando il classico fondo del barile: le risorse detenute da fondi pensione e altri enti pubblici. Lo scrive la
Reuters a segnalare il crescente allarme sullo stato finanziario di Atene. «Sono gli ultimi soldi di cui lo Stato greco dispone », dice un alto funzionario del Ministero delle Finanze. Secondo l’agenzia, senza questi due miliardi dal 20 aprile alla Grecia mancherebbero 1,6 miliardi di euro per pagare pensioni e stipendi pubblici. Il governo ellenico ha immediatamente smentito, e la prudenza è d’obbligo, visto che voci analoghe si sono ripetute varie volte nelle settimane e nei mesi scorsi. Resta comunque che a maggio Atene dovrà pagare 4 miliardi di euro di rimborsi di vari titoli pubblici, più 1,5 miliardi di euro di stipendi e pensioni pubbliche. Non aiuta che Poul Thomsen, responsabile del Dipartimento Europeo del Fmi, abbia definito «irrealistiche» le ultime stime dello stesso Fondo sulla crescita greca (2,5% nel 2015 e del 3,7% nel 2016), preannunciandone una revisione al ribasso. Lo stesso Thomsen ha esortato a fare in fretta: «Non ho informazioni sufficienti sulla situazione della liquidità» di Atene, ha detto, avvertendo però che tra giugno e agosto l’ammontare dei pagamenti che la Grecia dovrà effettuare «aumenterà significativamente, serve un accordo prima». E una sorta di ultimatum ad Atene, in un’intervista al
Financial Times, ha dato il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici – non più all’Eurogruppo informale a Riga del 24 aprile (l’accordo in quell’occasione è altamente improbabile), ma all’11 maggio, quando si riunisce formalmente a Bruxelles l’Eurogruppo. Riunione che, ha avvertito, certamente deve essere decisiva». Moscovici ha esortato i greci ad «accelerare» il lavoro, lamentando che le discussioni finora «non sono state abbastanza precise » e avvertendo che comunque «non c’è un piano B». Ieri la Commissione Europea ha comunque annunciato che i lavori del 'Brussels Group' (l’ex troika formata da Fmi, Bce e Commissione) riprendono già oggi. «Dobbiamo assolutamente lavorare intensamente per trovare un accordo», ha detto da Washington il premier Matteo Renzi. Un clima di alta tensione che ha visto ieri a Washington, a margine della riunione del Fmi, il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis incontrare il presidente della Bce Mario Draghi in cerca di sostegno (la Bce sta chiudendo i rubinetti della liquidità di emergenza per le banche greche). «Draghi ha confermato ancora una volta il suo interesse e quello della Bce a trovare una soluzione presto e più efficace possibile per far tornare la Grecia sulla strada della crescita» ha riferito lo stesso Varoufakis, mentre Draghi ha parlato di «discussione costruttiva sul processo che deve accompagnare i negoziati da qui al vertice di Riga». E il tema del rischio 'Grexit' – soprattutto visto il perdurare delle forti differenze tra Atene e i creditori – è presente alla riunione Fmi. Lo stesso premier Alexis Tsipras, che pure si è detto «molto fiducioso» su un accordo, ha ammesso che persistono dissensi su questioni cruciali come «il mercato del lavoro, il sistema di sicurezza sociale, l’Iva, le privatizzazioni». «Il rischio finanziario potrebbe essere affrontato – ha avvertito Moscovici –, ma sarebbe molto negativo. Ecco perché 'no Grexit' è il nostro motto ». «Non ci aspettiamo che accada – ha rassicurato anche Thomsen – il governo greco è stato molto chiaro su questo: vuole restare nell’euro». Qualche flessibilità, Thomson l’ha fatta trapelare. «Il nuovo governo greco – ha detto – è stato eletto con un forte mandato a cambiare il programma », dunque «dobbiamo essere flessibili» e «lavorare con il nuovo governo su come aggiustare il programma, perché gli obiettivi possono essere raggiunti in vari modi».