Raffaele Cantone
«Voglio fare un appello: questa nuova regolamentazione sugli appalti per i centri di accoglienza per i migranti è una vera sfida per le persone perbene. Sono convintissimo che ci sono tante realtà meritevoli non solo di non essere accomunate ai delinquenti e che anzi meriterebbero una medaglia, ma possono emergere solo grazie a un sistema di regole. E per questo noi ci aspettiamo da parte loro una collaborazione, non una protesta generica che mette in discussione un sistema che con grande fatica sta provando a uscire dal far west».
Così Raffaele Cantone spiega le motivazioni delle 'Linee guida' dell’Anac e il decreto del Ministero dell’Interno che ha provocato preoccupazioni e critiche tra i sindacati e parte del mondo cooperativo. «Ci saranno problemi? – aggiunge il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione –. Siamo disponibili a dare tutto il supporto. Chi opera nelle regole troverà le condizioni migliori. Nel far west c’era anche chi faceva lo sceriffo in modo corretto, ma spesso la stella se la mettevano i banditi. Sarei molto dispiaciuto se i tanti operatori che nascono dal mondo del volontariato, dal mondo cattolico, che non hanno mai pensato che questo era un affare, venissero strumentalizzati per far saltare un sistema che, invece, deve inserire le regole e soprattutto punire i troppi banditi che fanno danni alle persone perbene».
Cosa non andava?
Non c’era mai stato un modello che regolasse gli appalti relativi al sistema di accoglienza. La logica era sempre stata quella dell’intervento attraverso meccanismi di urgenza, molto spesso extra ordinem e molto poco rispettosi delle norme. Il settore in passato era stato sottovalutato perché ritenuto poco appetibile economicamente, ma quando è diventato molto appetibile e anche molto di interesse delle organizzazioni criminali - l’Anac ha cominciato ad occuparsene facendo le Linee guida sul Terzo settore e poi collaborando all’intervento del ministero dell’Interno che rappresenta un provvedimento molto positivo provando a introdurre una serie di regole contro i rischi di distorsione.
Si dice che la scelta della divisione in lotti renderebbe problematico un rapporto di fiducia tra diversi partecipanti, col rischio che arrivi qualcuno poco chiaro.
Non ho elementi per escludere che queste preoccupazioni siano fondate, ritengo che però la mancata suddivisione in lotti si presti a rischi molto maggiori. La suddivisione in lotti è un principio imposto dal Codice dei contratti e dall’Europa, nella logica di consentire la partecipazione delle medie e piccole imprese e soprattutto di quelle locali. Prima i soggetti che erano in grado di mettere insieme le attività che andavano da quelle educative a quelle dei pasti, erano oggettivamente talmente pochi che in realtà erano appalti soltanto formali. Non è un caso che quello per il Cara di Mineo, appalto simbolo di come funzionava il sistema, aveva visto un solo partecipante e un ribasso dell’1%. È evidente che quando si chiede una serie di capacità, oltretutto già svolte, sostanzialmente si elimina ogni forma di concorrenza, creando una situazione di assoluto monopolio, in contrasto con quello che prevede il Codice.
E i problemi denunciati?
Quelli occupazionali non possono essere un alibi. Il tema del mantenimento dei posti di lavoro viene garantito attraverso la clausola sociale. E poi la divisione in lotti, oltre a essere obbligatoria, consente una maggiore partecipazione agli operatori locali e anche a quelli specializzati nei singoli ambiti e quindi farà sì che tutti i soggetti che avranno mantenuto le proprie competenze avranno la possibilità di diversificare anche territorialmente le loro presenze. Dunque il decreto va nella giusta direzione perché è molto equilibrato.
Non c’è il rischio che la partecipazione di piccoli operatori abbassi la qualità dei servizi e che, per tenere bassi i costi, si risparmi sui lavoratori?
È il contrario. I lotti non sono così bassi e quindi non potranno partecipare microperatori. Invece si consentirà di partecipare ad imprese che hanno il know how specifico in quella materia. Mentre il 'superlotto' lo consente solo a soggetti che si sono creati le specializzazioni in tutti gli ambiti. Anche il rischio di infiltrazioni non regge. A parte il fatto che le indagini hanno dimostrato che finora le infiltrazioni sono state enormi, il sistema non le ha impedite, anzi in qualche caso le ha favorite. E poi non dobbiamo dimenticare che gli appalti vengono dati dalle prefetture che dovranno fare controlli molto approfonditi.
Però la stessa Anac ha segnalato una certa difficoltà delle prefetture nel gestire l’accoglienza.
È vero. Soprattutto perché è stata usata la logica dell’emergenza, spesso affidandosi agli enti locali. Con molti problemi di trasparenza. Oggi invece col decreto del ministro, soprattutto per gli interventi maggiori, si stabiliscono regole molto chiare che non so fino a che punto troveranno le prefetture preparate, ma almeno ci sono regole chiare. Il decreto nasce tenendo presente le criticità e provando a mettere degli argini. Siamo ancora a una logica sperimentale, poi andrà verificato se funziona. Ma va nella giusta direzione.
Potrà essere applicato caso per caso? Si potrà tener presente di esperienze maturate che altrimenti si corre il rischio di perdere?
Le professionalità possono essere assolutamente tutelate, ma non nella logica del monopolio. Piuttosto nella logica dell’apertura ad altri operatori. Facendo salve tante esperienze locali, piccole, medie o grandi, molto positive che avranno comunque ancora spazi nei nuovi appalti.
Dopo 'mafia capitale' quale è oggi la situazione del sistema di accoglienza? C’è anche corruzione? Ci sono ancora interessi delle mafie?
Non mi sento di generalizzare, ma le indagini e una serie di interventi sicuramente hanno avuto un effetto positivo per provare a riportare le regole. Se mi chiede se oggi tutto è tranquillo non me la sentirei di dirlo. Dove il sistema non è stato messo a regime la situazione è ancora poco trasparente. Ma non come prima, come con Buzzi e Carminati. Oggi è molto più controllato, c’è maggiore attenzione.
A proposito, ci sono rischi per l’approvazione da parte del Parlamento del Codice antimafia. Anche lei ha fatto alcune critiche.
Il Parlamento ha lavorato molto bene, ci sono molti passi in avanti, tante novità che poi andranno verificate nel concreto. A maggior ragione la norma che ha parificato la corruzione ai reati mafiosi credo sia un errore e rischia di mettere in discussione un impianto che è positivo. Quindi, per quanto non sia giuridicamente da puristi, va bene la soluzione trovata di approvarlo così e poi cambiare quella norma. Salva la sostanza del provvedimento, dunque ben venga.
Come giudica l’incontro del Papa con la Commissione antimafia?
È un messaggio simbolico molto importante. È un pieno sostegno alla lotta alla mafia e alla corruzione. Papa Francesco conferma di porsi in una linea molto avanzata nelle tematiche sociali. Poi le sue parole dimostrano come sia consapevole di molti problemi, come la sua richiesta di maggiore tutela dei testimoni di giustizia.