venerdì 28 giugno 2024
Il campione altoatesino trascinatore di un movimento azzurro che ha abiurato la terra rossa per le superfici veloci. I precursori a Londra: Golarsa, Canè e Nargiso
Jannik Sinner

Jannik Sinner - Reuters

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Il tennis è strano: ha delle regole non scritte che però vanno rispettate in modo rigoroso, perché la tradizione, la storia e la gloria acquisita dalle vittorie contano molto di più delle fredde statistiche o della prosa di molti cantori di questo sport. Perché nel tennis “uno non vale uno”. È ingiusto ma funziona così, prendere o lasciare. Infatti, non basta essere stati al vertice della classifica dell’Association of Tennis Professionals (Atp) per accedere all’olimpo dei campioni leggendari, di quelli che non dimenticheremo mai, se non si è trionfato almeno una volta in carriera a Wimbledon. Per questo Jannik Sinner - che con i suoi modi garbati e la potenza del suo gioco si è arrampicato fino al numero uno del mondo - deve vincere il torneo londinese che si gioca dal 1877 sui prati dell’All England Lawn Tennis and Croquet, club fondato nel lontano 1868. Una vittoria a Londra anche per ribadire più che a Novak Djokovic (che giochà) che sembra ormai alle battute finali della sua lunghissima e strepitosa carriera - a Carlos Alcaraz (fresco vincitore di Roland Garros e campione in carica a Wimbledon) che il vero numero al mondo è lui.

Ma il Wimbledon di quest’anno è molto di più per l’Italia. A poche settimane dalle Olimpiadi di Parigi, il torneo londinese potrebbe rappresentare la consacrazione del movimento tennistico italiano, mai così forte, anche grazie al grandissimo lavoro di valorizzazione e programmazione fatto dalla Federazione italiana tennis e padel (Fitp) guidata dal presidente Angelo Binaghi in questi anni. E non è un caso che questa consacrazione possa avvenire proprio a Wimbledon: saranno dieci nel singolare maschile gli italiani ai blocchi di partenza. Il tennis italiano per anni è stato considerato marginale rispetto ai movimenti sportivi di altri paesi. I successi ottenuti nell’“era pro” (quella che ha sdogato questo sport dai ricchi club elitari a disciplina di massa) dalle tenniste o dai tennisti italiani fino al 1987 sono sempre stati sempre legati alla “terra battuta”.

Mai è poi mai si poteva immagina che una generazione di tennisti azzurri potesse “dare l’assalto cielo” dai campi in cemento o in erba, come le tante vittorie ottenute dai nostri giocatori in questi ultimi anni hanno dimostrato. Proprio in quell’estate del 1987 qualcosa cambiò e fu grazie ad un giocatore straordinario che in carriera vinse meno di quello che avrebbe potuto rispetto al suo talento: Paolo Canè. Era un pomeriggio di luglio quando mezza Italia rimase incollata per due giorni - ci furono cinque interruzioni per pioggia - davanti alla tv ad ammirare Canè che trascinava Ivan Lendl, numero al mondo di allora, al quinto set giocando una partita strepitosa capace di produrre anche uno degli scatti più iconici del nostro movimento: una volée in tuffo stilisticamente perfetta. In quella partita Cané perse 3-6 7-6 6-7 7-5 6-1. Una sconfitta che però affermò una cosa: il cambio di mentalità, gli italiani potevano essere competitivi ovunque. Sempre in quell’anno, Diego Nargiso, eccellente doppista nel prosieguo della sua carriera soprattutto in Coppa Davis, vinse il torneo juniores. Ma ancora meglio andò nel 1989, quando Laura Golarsa, con un incantevole gioco d’attacco, raggiunse i quarti di finale del singolare femminile perdendo al terzo e decisivo set per 7-5 solo contro la supercampionessa Chris Evert. Da lì in poi le giocatrici e i giocatori italiani iniziarono prima sul cemento e poi sull’erba ad essere competitivi, sfatando il mito di essere forti solo sulla terra battuta. E ad oggi il nostro “erbivero” più titolato è Matteo Berrettini, finalista per l’appunto a Stoccarda due settimane fa, oltre ad essere arrivato in finale a Wimbledon nel 2021 e aver vinto due volte ciascuno i tornei di Stoccarda (2019 e 2022) e del Queen’s a Londra (2021 e 2022). Sinner ha appena vinto il torneo di Halle (su i cui campi Roger Federer che ha trionfato 10 volte, oltre che 8 volte a Wimbledon) e l’anno scorso a Londra ha raggiunto le seminfinali.

Laura Golarsa nel 1989 in azione ad Wimbledon

Laura Golarsa nel 1989 in azione ad Wimbledon - Archivio Laura Golarsa

Ora a Londra sono in corso le qualificazioni per entrare nel tabellone principale di Wimbledon, con la consueta folta presenza di italiani che hanno conquistato l’accesso al torneo. Le qualificazioni danno il via ufficioso (il torneo principale partirà settimana prossima) alla 137esima edizione dei Championships, la più ricca di sempre, la prima in assoluto appunto per Jannik Sinner da numero uno al mondo in un torneo dello Slam. Eppure, nonostante il ranking, e il recente successo sull’erba tedesca di Halle, il campione di San Candido non è il favorito del torneo (ieri intanto si è allenato con Djokovic): secondo gli esperti resta Alcaraz, già vincitore lo scorso anno, l’uomo da battere, preferito nei pronostici all’italiano e a Nole, che solo all’ultimo scioglierà i dubbi sulla sua presenza dopo l’operazione al ginocchio. Sinner si è detto «impaziente e fiducioso» di calcare l’erba inglese. Una superficie sulla quale, anno dopo anno, ha saputo adattarsi sempre meglio. Quella di quest’anno sarà la sua quarta apparizione in tabellone, la quinta se si considera il match (perso) nelle qualificazioni 2019 contro l’australiano Alex Bolt. Da allora, una crescita verticale sull’erba inglese (parziale di 9 vittorie e 3 sconfitte in carriera). Metabolizzato la sconfitta al primo turno contro Marton Fucsovics, Jannik due anni fa è stato ad un passo dalla semifinale, perdendo in cinque contro Djokovic dopo essere stato avanti di due set. Traguardo centrato lo scorso anno, quando ancora il serbo - vincitore sette volte all’All England Club - gli sbarrò la strada.

«Vediamo cosa succede quest’anno – ha detto Sinner –. Sicuramente arrivo con più fiducia nel mio gioco sull’erba. Non vedo l’ora di scendere in campo». Grazie al suo primo trionfo sull’erba di Halle, il quarto in un 2024 reso magico dal primo slam e dall’ascesa fino alla vetta della classifica, il 14esimo titolo in carriera. Raggiunto senza perdere un set tra semifinale e finale (contro l’amico e compagno di doppio Hubert Hurkacz), ma dopo aver sofferto non poco nei primi tre turni, a dimostrazione delle sue notevoli capacità di adattamento. I numeri per Sinner sono sempre da record: con il successo ad Halle l’azzurro si è unito alla cerchia ristretta dei grandi che sono riusciti a vincere il primo torneo giocato da numero 1: in cui spiccano i nomi di Borg, Sampras e Djokovic. « L’erba di Halle è diversa da quella di Wimbledon, ma ho una settimana per abituarmi», ha detto ancora Sinner prima di imbarcarsi per Londra. La lunga attesa è cominciata.

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