La Vespa 150 S personalizzata nel 1962 da Salvador Dalì
Quando nel film Vacanze romane, commedia del 1953 diretta da Billy Wyler, Gregory Peck e Audrey Hepburn scorrazzavano per le strade della capitale a cavallo di una Vespa 125, lo scooter italiano aveva ancora pochi anni di vita – il brevetto era stato infatti depositato dalla società Piaggio sette anni prima, nel 1946 – ma, dopo le difficoltà del lancio iniziale, era già diventato un simbolo internazionale della creatività “made in Italy” e della ripresa industriale del dopoguerra.
La pellicola, costata alla produzione un milione e mezzo di dollari, ne incassò circa dodici milioni. Il palpabile successo dei due divi di Hollywood, che interpretavano lui un giornalista americano e lei una principessa in incognito sfuggita agli obblighi dell’etichetta, ripresi sul sellino della Vespa lungo i Fori imperiali in una Roma primaverile, contribuì all’affermazione definitiva di quel motociclo “a scocca portante” ideato per l’uso di tutti i giorni e alla portata di tutte le tasche.
La maneggevole praticità, il design innovativo e la relativa accessibilità economica, furono gli elementi di base che convinsero Enrico Piaggio ad affidare l’incarico, per la realizzazione di quel rivoluzionario veicolo a due ruote, a un progettista inconsueto e fuori dagli schemi convenzionali: la scelta ricadde sull’ingegnere aeronautico Corradino D’Ascanio, esperto più di elicotteri che di motociclette. Anzi, D’Ascanio mal sopportava le moto e non ne aveva mai inforcato una, ironizzando sul fatto di dover levare in alto la gamba per scavalcare il sellino e sedercisi sopra. Perciò, sfruttando le proprie conoscenze tecniche, ideò il primo scooter a scocca portante, ossia senza serbatoio tubolare sul davanti del telaio ma con una carrozzeria “a tunnel”, in cui accomodare entrambe le gambe, che andava a coprire in basso e ai lati le parti del motore.
Non è affatto un caso che Gregory Peck si ponga nel film alla guida della Vespa in abito e giacca, senza timore di imbrattarsi i pantaloni di grasso od olio. Insieme ad altri accorgimenti tratti dalla dinamica e dalla meccanica degli aerei, che la resero ben presto accattivante, “giovanile” e scattante rispetto alle altre moto del periodo, fu senz’altro il prezzo e la possibilità di rateizzarlo a imporla sul mercato nazionale ed estero, contribuendo in questo modo alla motorizzazione di massa in Italia prima dell’avvento della Fiat 500. Le vendite raggiunsero, a dieci anni dal lancio, il milione di esemplari.
La storia della Vespa, così battezzata da Enrico Piaggio sia per la forma che per il caratteristico “ronzio” del motore di piccola cilindrata, prese avvio già nel 1944 con il prototipo MP5 Paperino, denominazione disneyana elaborata sulla scia della Fiat Topolino, nato negli stabilimenti di Biella, dove l’azienda si era trasferita da Pontedera a causa dei raid aerei alleati sulla Toscana. Ed è proprio la città piemontese a ospitare, dal 13 gennaio al 20 giugno 2018, la stimolante rassegna curata da Mark Bertazzoli La Vespa nella storia e nell’arte, nella sede del Macist (Museo d’arte contemporanea internazionale senza tendenze).
Le opere tematiche di trentasei artisti italiani contemporanei e una selezione di modelli storici della Piaggio, celebrano lo scooter più famoso al mondo, entrato nella collezione permanente della Triennale di Milano e del Moma di New York. Un mito di libertà, indipendenza e spensieratezza che trova pochi uguali per definire lo spirito di un’intera epoca, dal dopoguerra ai giorni nostri. Un’icona moderna penetrata nell’immaginario collettivo e diventata ben presto un soggetto prediletto per pittori e scultori, sedotti dalle linee estetiche oltre che dal significato simbolico del veicolo.
Nel 1962, due avventurosi studenti spagnoli – Antonio Veciana e Santiago Guillén – decisero di effettuare con una Vespa 150 S il giro del mondo in 79 giorni, sponsorizzati dall’azienda iberica che produceva lo scooter su licenza della Piaggio. Prima della partenza, il duo si recò a Cadaqués: qui Salvador Dalí decorò in stile surrealista il mezzo e lo firmò con il suo nome e quello della moglie Gala, rendendolo di fatto unico.
Ognuno degli artisti presenti al Macist di Biella ha interpretato secondo i propri canoni espressivi e in chiave personale il rapporto maturato negli anni con la “motoretta” della Piaggio, contribuendo in questa maniera a realizzare un affresco multiforme e appassionato con protagonista esclusiva la Vespa. In quest’appuntamento espositivo non poteva di certo mancare Marco Lodola, che a singoli guidatori o a coppie abbracciate strette sul sellino dello scooter ha dedicato sculture e “scatole” luminose. In mostra anche Ugo Nespolo, che nel 2010 ha personalizzato la Vespa GT 300; Anacleto Spazzapan, Luca Alinari, Nando Crippa, Tiziana Vanetti, Annamaria Gelmi e diversi altri. Accanto alle opere, i modelli dagli anni ’40 all’80 appartenenti ai soci del Vespa club di Biella, tra cui la versione della 125 detta “farobasso”, per il fanale posto sul parafango anteriore anziché sullo sterzo, con la quale Gregory e Audrey sfrecciavano da Castel Sant’Angelo a via Margutta animando la loro «vacanza romana».