«Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi…». Non sappiamo se nelle grandi cuffie, perenne appendice alle orecchie di Mario Balotelli (unico nostro problema nazionale e unica fonte di interesse per la stampa inglese), echeggi la Vita spericolata di Vasco Rossi, ma la sensazione, anti-prandelliana, è che il famigerato “gruppo compatto” della Nazionale sia più un’invenzione retorica che l’effettiva realtà. In campo, un’idea di gruppo tatticamente organizzato a tratti si è percepita, anche se sfugge come l’attenzionato dalle autorità inquirenti, Leonardo Bonucci (il tappabuchi difen- sivo e il tappabocca di Balotelli), vista la prima mezz’ora con l’Irlanda, possa pensare che «per il gioco sin qui espresso, l’Italia è superiore all’Inghilterra ». Nonostante gli sforzi del nostro Cesare, l’Italia per ora ha prodotto una qualificazione risicata con 4 gol realizzati, tre dei quali sulle amate “palle inattive” del professor Scoglio: 2 da calcio d’angolo nella vittoria salvifica con l’Irlanda e uno su punizione di Pirlo nel pari con la Croazia. L’unica rete su azione l’ha firmata sua profondità Totò Di Natale, il quale da tre anni in qua è il bomber italiano per antonomasia, eppure si chiede smarrito anche lui: «Perché parlate solo di Balotelli?». Perché esiste una Nazionale, con un gruppo più o meno compatto; e poi c’è Mario, il supersolitario. Balotelli vive questo Europeo in uno status di estraneità, interrotto dalla musica assordante nelle cuffie, qualche ora di shopping sfrenato nei negozi della piazza del Mercato di Cracovia e i rari sorrisoni alla Eddie Murphy che dispensa solo per le foto e gli autografi con i tanti piccoli fan che lo assediano nel post-allenamento. Un atteggiamento tutto suo; gli altri azzurri, specie gli sposati (Cassano compreso), vedono parenti, fanno cose, incontrano gente. Capitan Buffon, offeso dalle accuse per la storia delle sue “scommesse da tabaccheria”, è quello che dà la carica in campo, ma fuori spesso si eclissa anche lui. E, se parla, lo fa attraverso i social network. Scambi brevi quanto un twitter, o al massimo uno sfogo su Facebook per esorcizzare lo spettro scampato del “biscotto” e caricare anche la sparuta torcida azzurra (gli inglesi a Kiev si annunciano in 10mila, i nostri neppure la metà). Ancor più delicata la posizione di Bonucci. Il difensore in attesa di giudizio è inscritto nel registro degli indagati della Procura di Cremona: l’accusa è di associazione a delinquere e finalizzata alla frode sportiva e alla truffa, in relazione alla partita Udinese- Bari. Stesso reato di Mimmo Criscito per Genoa-Samp, per ora “incastrato” solo da una foto. Però, rispetto a Bonucci, in un’alba triste a Coverciano Criscito ha ricevuto l’avviso di garanzia che, come Jack Frusciante, lo ha fatto uscire dal gruppo. Bonucci è dispiaciuto per Criscito, ma come tutti gli azzurri si adegua: «Eviterei di parlare di questioni extracalcistiche ». Fatta salva per tutti la presunzione di innocenza, le accuse comunque si riferiscono a questioni calcistiche, visto che si parla di partite aggiustate. Ma il buon Leo resta tranquillo: «Presto diventerò padre e studio Rooney», anche perché da tre anni è mezzo ha iniziato un percorso di training con il motivatore personale (lo stesso che fu di Toldo) Alberto Ferrarini. «Grazie ad Alberto, dalla tribuna in Serie B sono arrivato fino in Nazionale. Mi è stato di grande aiuto e mi ha fatto leggere dei libri fondamentali come The secret. È il bestseller di Ronda Byrne, in cui si leggono frasi tipo: «Chiunque tu sia e ovunque ti trovi, il segreto può darti tutto quello che vuoi». Disarmante. Ma che sia questo il segreto di Bonucci e delle sue buone prestazioni con Spagna e Croazia? Chissà. Con Chiellini out, si ricandida per un posto da titolare con l’Inghilterra e si automotiva: «Con un po’ di fortuna, l’Italia può arrivare fino in fondo». Tra gli ultimi delitti compiuti sulla pelle del pallone italico e i tanti segreti che ogni azzurro porta con sé, magari questo strano anti-gruppo alla fine ce la fa.