Bomba o non bomba (sempre scandalistica quella italica), gol o non gol (solo 4 segnati in 4 partite), siamo comunque arrivati alla semifinale di Varsavia. E si sappia, non era affatto una meta scontata per questa Nazionale di scapigliati messi insieme da Cesare Prandelli che qui, in fatto di romanticismo fa concorrenza persino a Chopin. Ci aspetta un “notturno” con fuoco, comunque vada, da ricordare, contro la beethoveniana Nationalmannschaft. Intanto ogni polacco di buona volontà, calcistica si intende, ha ascoltato il proprio orgoglio e ha deliberato: «Tiferemo tutti per l’Italia e contro la Germania». Tante le ragioni in gioco sulla sponda della Vistola che lambisce la perla dello Stadio Narodowy. Parlando con Jakub, studente universitario e tassista, riemerge prepotente, anche nelle ultime generazioni, quella ferita ancora aperta dell’insurrezione di Varsavia dell’agosto del ’44. «I tedeschi - dice con occhi di tigre - , in quei giorni qui hanno ucciso 100mila polacchi. Forse loro hanno dimenticato, noi no». “Loew and peace”. Abbiamo ripetuto dal primo giorno di questo bellissimo Europeo che il calcio non divide, semmai unisce i popoli (o li assortisce, in qualche maniera, come ha fatto la Uefa per Polonia-Ucraina 2012). E come predicano i due saggi ct, Prandelli e Loew, «il calcio è un gioco che deve regalare gioia ed emozio- ni alla gente». Fuori dunque la politica dagli stadi e anche le sempre più oscure trame dei mercati finanziari, avvelenati dallo spread, che sembrano aver imposto la Germania di frau Merkel come l’unico Paese di Serie A della Ue. Tutti gli altri, Italia compresa, retrocessi al misero rango di società cadette, costantemente sull’orlo del fallimento. «Noi non siamo la Grecia, né come economia e tanto meno in campo. Abbiamo sempre battuto la Germania e vinto un Mondiale più di loro (4 i titoli iridati dell’Italia)», puntualizza Fabio da Cassino, arrivato fin qui insieme allo sparuto gruppo di connazionali (non più di 2mila) che saranno ancora in minoranza stasera sugli spalti, dove sono attesi 30mila supporters dalla Germania. E se i tedeschi hanno il complesso dell’Azzurro, noi abbiamo il tabù degli Europei e siamo fermi a quell’unico titolo del 1968. Questa semifinale va dunque considerata come la vera sfida della nuova era azzurra o di quella che Loew riconosce come «il cambiamento culturale del calcio italiano». Ma l’azzimato e sempre composto ct tedesco appena gli ricordano che la Germania con noi non vince mai, per un attimo si scalda e lancia una serie di piccati «Nein, Nein, Nein…» . Cesare è meno negazionista: «La storia è importante, ma ora bisogna fare i conti con la realtà». Loew è sicuro dei suoi, ma è sbalordito di «come l’Italia abbia reagito bene agli scandali» e ha chiesto ai suoi di tenere d’occhio Pirlo, perché «è un grande campione che va limitato». Si scontrano il miglior attacco di Euro 2012, 9 gol (3 di Gomez) quello tedesco, contro la difesa meno perforata, 2 reti subite dall’Italia in 390 minuti. Ma è una sfida che si potrebbe decidere a centrocampo, nel confronto al fosforo tra i playmaker Pirlo e Ozil e quello tra l’energico Schweisteger contro l’universale De Rossi. Capitan futuro ha la schiena a pezzi, ma vuole esserci assolutamente: «Sono partite in cui non si può mancare», dice De Rossi che scambia spiccioli di serenità con il suo ct che anche ieri si è concesso l’ormai tradizionale mezz’ora di pennichella. È un’Italia che ha recuperato le energie e tutti e tre gli infortunati (Chiellini, De Rossi e Abate). Cesare non dorme, ma sogna «una notte storica, perché quando sogno, lo faccio in grande e immagino cose magiche». Per magia, si parla sempre meno di Balotelli e sempre di più di questo centrocampo di fantasia e di fini palleggiatori che può suonarle anche all’orchestra sinfonica di Loew. Potrebbe partire Diamanti dal primo minuto (al posto di Cassano) e rientrare Chiellini in difesa, spostato a sinistra al posto di Balzaretti. Piccole modifiche però: «Questa Nazionale non cambia il suo modo di giocare perché significherebbe tornare indietro e cancellare il lavoro di due anni», spiega il ct. Un lavoro onesto e pulito che, come sei anni fa, può cancellare le scorie negative di un sistema calcio e di un Paese reale che ha tanto bisogno di tornare a sognare. Ad occhi aperti.