giovedì 16 febbraio 2017
Lo scrittore franco-marocchino analizza il clima di paura per il terrorismo e si domanda: a chi conviene la sopravvivenza del Daesh?
Ben Jelloun: «Così spiego il Daesh ai giovani»
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I giovani di oggi hanno paura del mondo in cui si trovano a vivere. Dai disastri ambientali alle crisi economiche, è lunga la lista dei motivi di apprensione, e il deflagrante terrorismo islamico contribuisce seriamente a fomentare le insicurezze. Per fornire chiarimenti, dati storici e modelli interpretativi attorno a questo angoscioso fenomeno, ecco Il terrorismo spiegato ai nostri figli (La Nave di Teseo, pp.182, 11 euro) di Tahar Ben Jelloun, lo scrittore marocchino ma parigino d’adozione, romanziere, poeta e saggista che ha dedicato diversi libri, come L’islam spiegato ai nostri figli, alla divulgazione rivolta in particolare ai giovani.

Quali sono gli aspetti del terrorismo che più spaventano i giovani?

«I giovani hanno un forte senso di giustizia, non ancora smussato dalle delusioni della vita, e sono sconvolti dall’ingiustizia dell’indiscriminata violenza del terrorismo, che con cecità e barbarie colpisce imprevedibilmente e in luoghi deputati a gioiosi intrattenimenti, come i caffè o le discoteche, proprio i locali più frequentati dai giovani, che si sentono puniti senza aver fatto niente di male. La violenza contro gli innocenti penso che sia l’aspetto più devastante».

Chiarendo che il terrorismo non è una filosofia ma un metodo d’azione, lei inquadra il fenomeno partendo dal Terrore al tempo della Rivoluzione francese e arrivando fino ai giorni nostri, con le varie diramazioni del terrorismo islamico. Oggi il Daesh, che a parole si contrappone alla modernità occidentale considerata deviante, in realtà usa la tecnologia più avanzata per attirare i giovani?

«Certamente, si avvale delle più sofisticate tecniche di marketing, dilaga nei social con video di straordinaria efficacia, con salmodie in loop di versetti coranici per manipolare e indottrinare i giovani. Non si deve pensare che ci siano dietro quattro pazzi fanatici, è un’organizzazione potente, di stampo mafioso, che si è impadronita di banche e petrolio e ha appoggi in alto loco in stati come l’A-I rabia Saudita e il Qatar».

Come mai perfino giovani donne che, considerate esseri inferiori dall’islam, dovrebbero essere immuni da questa propaganda, si lasciano irretire e si arruolano, benchè immigrate di seconda generazione provenienti da paesi europei e abituate quindi alla libertà e alla parità?

«Beh, questo è un inspiegabile paradosso. Io ne ricercherei le ragioni in un disagio psicologico di queste ragazze, affette per ragioni personali da una sorta di vittimismo, di complesso di colpa che le spinge ad immolarsi. Ma si tratta comunque di eccezioni. In realtà le donne sono la modernità del-l’Islam, sono le più forti rappresentanti dell’Islam moderato. Sono loro a creare associazioni per far crescere la società civile, per esempio attraverso iniziative a favore dei bambini abusati e delle donne maltrattate.»

Perché l’islam moderato non alza la voce per condannare il terrorismo?

«Perché non esiste nell’islam, che è nella maggior parte senza gerarchie, qualcuno deputato a parlare ufficialmente a nome di tutti. Purtroppo è nota la divisione diffusa da sempre tra gli Stati arabi, infatti non è possibile parlare di 'un mondo arabo', perché non esiste. Sussistono rivalità storiche che si ammantano di pretesti religiosi, ma l’odio fomentato tra sunniti e sciiti dipende da questioni d’interesse. L’unico capo di Stato a pronunciarsi ufficialmente contro il terrorismo è stato il re del Marocco, in un forte discorso dell’estate 2016, in cui ha condannato esplicitamente i terroristi dichiarando che non sono veri musulmani».

Se da parte delle grandi potenze ci fosse unità d’intenti, il Daesh potrebbe essere rapidamente debellato?

«Ma certo, e il Daesh lo sa, tant’è vero che non attacca gli Usa, come ha fatto Bin Laden nel 2001. Forse oggi all’America non dispiace lasciar lievitare la paura dell’islam. »

Purtroppo anche in Europa cresce questa paura, specialmente in questi giorni con la banlieue parigina nuovamente in fiamme.

«Questo è un altro discorso, non si tratta di terrorismo. È la ripresa della contestazione esplosa già nel 2005 in seguito alle forti ingiustizie subite dagli immigrati dei quartieri periferici, veri ghetti di emarginazione, crogiuolo patologico di miseria in cui la disoccupazione arriva al 45%. Nessun governo francese ha preso provvedimenti per integrare questa fascia di popolazione, tenuta sotto la sferza di una polizia spesso razzista e violenta, come si è visto nell’incresciosa aggressione al giovane nero finito in ospedale, che ha avuto risonanza sulla stampa per gli innominabili eccessi, ma che non è un caso isolato, per esempio recentemente un giovane immigrato arrestato è morto misteriosamente in commissariato. Come dico anche nel mio libro, “questi giovani non considerano l’Europa la loro patria, non hanno sviluppato un senso di appartenenza, perché sono stati abbandonati in ambienti patogeni senza alcuna prospettiva” ».

Non c’è allora da stupirsi se poi qualcuno cede al richiamo dell’integralismo islamico. Succederà lo stesso anche negli Usa, dove pure la polizia mostra spesso tratti razzisti, soprattutto dopo l’elezione di Trump?

«Non mi fa paura Donald Trump, quanto i sessanta milioni di americani che la pensano come lui. Si è visto che il vero americano non è l’ intellettuale alla Woody Allen, ma il Trump con idee rozze e semplici, quelle che funzionano sulle masse. Non azzardo pronostici, ma dico soltanto che Trump ha svelato il vero volto dell’America».

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