Turoldo in Egitto negli anni ’70 - dalla mostra “Turoldo. La ricerca dell’uomo”
Una curiosa immagine di padre David Maria Turoldo sopra un cammello fra pietre e sabbia, scattata in Egitto negli anni ’70, eloquente icona della sua vita errabonda che a può ricordarci l’invito «di deserto in deserto andiamo oltre» rivolto al «fratello ateo / nobilmente pensoso». Non a caso è questa la foto di copertina scelta per il catalogo della mostra “Turoldo. La ricerca dell’uomo”, che Gabriele Tonizzo – studioso di storia dell’arte e di iconografia – ha allestito nella casa natale del celebre Servo di Maria nella frazione di Coderno a Sedegliano (Udine) e abbiamo visitato in anteprima con Raffaella Beano, direttrice del Comitato Scientifico del Centro Studi Turoldo.
L’esposizione sarà inaugurata il 20 novembre alle 16.30 e, fra gli interventi annunciati, ci sono quelli di padre Ermes Ronchi, biblista e presidente del Centro Studi Turoldo, e di Elio Ciol, fra i massimi esponenti della fotografia italiana. Sulle pareti degli ambienti dove il futuro frate e poeta mosse i primi passi e aprì la sua prima «umile porta» sul mondo, il visitatore seguendo un ordine cronologico che poi riparte lungo due direttrici tematiche, ripercorre un singolare itinerario.
Dal Friuli al Veneto, da Milano a Nomadelfia, poi in diversi Paesi europei o in Italia, a Firenze, quindi dalla morte di Giovanni XXIII, nel suo paese natale: Sotto il Monte. Non senza nuovi viaggi nel mondo, dall’America del Sud all’India. Così ci si riaccosta ad una vicenda che Mariangela Maraviglia definisce «intreccio di fede, poesia, storia, umanità di un 900 ricco di aspirazioni da sempre al cuore di ognuno: giustizia, pace, bellezza». La mostra ne dà un assaggio nella speranza di suscitare interesse, lasciando parlare le immagini, cor- redate, oltre che da didascalie, da pensieri o versi turoldiani o di autori che hanno scritto su di lui, a tentare un connubio in grado di interpretare le vicende indicate da questi scatti dove predomina il bianco e nero. Provenienti da archivi pubblici e privati, molte le sequenze che invitano a sostare innanzi a momenti significativi di un percorso costellato di scelte di impegno e di relazioni, di peregrinazioni desiderate o imposte, di lavoro per la pace e la cura per gli ultimi. Scelte di una vita carismatica mai fermatasi, nemmeno – di fatto – dopo la comparsa del “Drago” (come definì il tumore che l’aggredì). Così oltre alle prime immagini che lo ritraggono con i genitori fuori dalla casa in pietra e ciottoli, o in occasione della prima messa, al santuario di Monte Berico (anni ’40), in occasione del Premio Lazzati e dell’abbraccio memorabile con il cardinal Martini (21 novembre 1991), o nel suo letto d’ospedale a Milano, ecco via via scelte rappresentative di altre esperienze e periodi. Vediamo padre David insieme agli amici Camillo De Piaz e Albino Candido durante lo Studentato veneziano (anni ’30) o con Angelo Romanò, Luigi Santucci e ancora De Piaz al Premio San Pellegrino (nel ’47) o con padr Nazareno Fabbretti e Giuseppe Ungaretti (anni ’50). Lo ritroviamo dalla fine del Concilio in poi all’altare nella chiesa romanica di Sant’Egidio in Fontanella o in alcune soste della sua predicazione itinerante in Canada, Medio Oriente, India… Colpisce la sua figura accanto al duomo di Venzone distrutto dal terremoto del ’76 (quando invocò una «ricostruzione, almeno morale, dell’Italia», a partire «proprio dal Friuli») e lo riportano invece a Sotto il Monte quelle con Enzo Biagi, Gianfranco Ravasi e padre Fabbretti in un convegno sulla sua poesia (24 febbraio 1990). Più di carattere tematico le altre due sezioni della mostra. La prima è intitolata “Verso la Casa di Emmaus” – una sorta di traguardo dopo disparate esperienze nella convinzione che quel luogo, lassù in Fontanella, potesse diventare un portofranco per cercatori di Dio, oltre che un laboratorio liturgico musicale – dove spiccano le foto dell’inaugurazione presieduta dall’allora vescovo di Bergamo Clemente Gaddi. La seconda titolata “All’opposizione sempre!” rievoca l’attivismo turoldiano attraverso la sua partecipazione a manifestazioni tra metà anni ’60 e il 1991: a Firenze alla protesta pacifica per l’arresto del monaco buddista Minh-Don (18 settembre 1971); a Verona al primo convegno del movimento “Beati i costruttori di pace” (4 ottobre 1986); a Milano all’iniziativa contro la repressione in Brasile al Piccolo Teatro (28 maggio 1973), o quella solidale con il Cile al Palalido (9 gennaio 1975), ecc. Eccolo con don Abramo Levi e Rigoberta Menchù. Con padre Ernesto Balducci e don Arturo Paoli. Sino alle immagini più struggenti – colte dall’obiettivo di Ciol – mentre celebra i funerali di Pasolini a Casarsa il 6 novembre 1975 o, in precedenza sul set dell’unico film scritto da Turoldo: Gli ultimi, girato nel 1962 nella campagna friulana: la storia di una famiglia di contadini raccontata attraverso gli occhi di un ragazzo e la penna dell’uomo che – disse Carlo Bo – aveva ricevuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Aggiungendo però che «Dio, dandogli la fede» gli aveva chiesto pure «di cantarla ogni giorno».