martedì 9 aprile 2019
L'ex bianconero ricorda la Champions del ’96, l’ultima vinta dal club torinese: «L’Ajax di allora era campione d’Europa, questa Juve ha Cristiano e tutto per arrivare an alzare ancora la coppa»
Moreno Torricelli sprona Allegri: questa Juve può farcela
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Negli ultimi trent’anni, se la classe operaia è andata davvero in paradiso, è stato quando Moreno Torricelli, classe 1970, umile ma potente falegname prestato al calcio dilettantistico (esplose nella Caratese), fece un triplo salto vitale con avvitamento fino alle vette del pallone internazionale. L’anno funesto di Tangentopoli, il 1992, nella storia di cuoio è ricordato come la stagione del “lancio clamoroso” di Torricelli, passato dalla serie D (per 50 milioni di vecchie lire) alla Juventus di Giovanni Trapattoni. «L’allenatore che mi ha dato di più a livello umano, il Trap è stato un mago della tattica e della gestione del gruppo», sottolinea l’infaticabile e generoso cursore di fascia bianconero che abbiamo rintracciato dalle parti della val Gressoney, a Lillianes, dove da un decennio ha stabilito il suo buon ritiro. Un ritiro anche forzato dalla seconda vita da allenatore, a causa della prematura scomparsa della moglie Barbara, stroncata a quarant’anni da uno di quei mali che non perdonano.

«In quei giorni drammatici il Crotone mi aveva offerto un contratto, ma a quel punto il minimo che potessi fare è mettere al primo posto i miei tre figli (Arianna, Alessio e Aurora) che all’epoca erano adolescenti, e avevano un assoluto bisogno del loro papà». Una storia triste ma di profonda umanità che ricorda quella vissuta da Cesare Prandelli quando lasciò la panchina della Roma per stare vicino alla sua Emanuela, che poi morì di lì a poco. Ma torniamo agli anni ridenti della Juve e ai giorni in cui il suo illustre compagno di squadra, il “divin codino” Roby Baggio, per via delle origini da artigiano del legno lo ribattezzò subito “Geppetto”. Ma “Geppetto” Torricelli la sua grande chance se la giocò assai meglio di Pinocchio nel paese dei balocchi calcistici: nei sei anni in bianconero non solo è entrato in Nazionale (10 presenze) ma con la Juve ha vinto tre scudetti (una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana), una Coppa Uefa e soprattutto quella Champions che è stata l’ultima della Vecchia Signora.

Il 22 maggio 1996 all’Olimpico di Roma, Torricelli era presentissimo, e l’avversario era quell’Ajax che domani sera all’Amsterdam Arena nell’andata dei quarti di Champions sfiderà la Juve di Max Allegri.

«Già, ma quell’Ajax del “guru” Louis van Gaal era campione d’Europa in carica. Una squadra piena di talenti anche più di adesso. Noi di contro ci mettemmo tutta la forza fisica a disposizione e la “fame” di chi un anno prima contro il Parma aveva perso in finale la Coppa Uefa. E poi aggiungiamoci anche la sapienza tecnica di un gruppo unito e coeso allenato da un “maestro”, per me insuperato, come Marcello Lippi.

Una sfida infinita quella del ’96, il cui verdetto arrivò soltanto ai rigori. Che ricordo ha di quella notte da campioni?

«Di sfinimento... per via delle tante emozioni vissute nei 120 minuti. Di una battaglia fino all’ultimo calcio dal dischetto e poi il sapore dolce di una gioia immensa condivisa con la massa dei nostri tifosi. L’immagine stampata nella mia memoria è quella della Coppa alzata al cielo che mi ha portato sul tetto d’Europa e poi del mondo, perché vincemmo anche l’Intercontinentale battendo il River Plate.

A distanza di 23 anni da quella finale di Champions, l’ex centrocampista del-l’Ajax, David Endt (ora team manager dei “Lancieri”) ha insinuato che quella sua Juve correva tanto perché «forse era dopata...».

Io gli ho risposto immediatamente, in quanto chiamato in causa: quella sera ero stato sorteggiato dall’antidoping. Nello spogliatoio ricordo il sorrisetto maligno di Kluivert quando mi vide entrare per il test, era come se mi dicesse: “Vai vai, che adesso ti beccano”... Ne sono uscito pulito al 100%, come puliti erano tutti i miei compagni, prima e dopo il processo di Torino. Il nostro doping era l’allenamento e il valore aggiunto di campioni come Vialli e Del Piero che hanno scritto pagine fondamentali della storia del calcio italiano.

Il prossimo Pallone d’oro italiano e juventino potrebbe essere un ragazzo di colore, il “bomber millennial” Moise Kean?

Chissà... Il giorno che Kean ha debuttato ero allo Stadium e i tifosi aspettavano il suo ingresso in campo con una partecipazione emotiva incredibile, era come se stesse per entrare Platini o Maradona... Il ragazzo ha mezzi fisici e tecnici notevoli e Allegri lo sta valorizzando al meglio, anche con le giuste dosi di panchina. Kean poi anche in Nazionale ha la fortuna di aver trovato Mancini che crede tantissimo nei giovani e lo aiuterà a crescere.

C’è chi paragona già Kean al “nuovo Gianluca Vialli”...

Kean si muove sempre incontro alla palla ed è esplosivo come Gianluca.. ma prima che arrivi ai suoi livelli ce ne vorrà. Vialli è stato il leader vero di quella nostra Juve, ed è un leader anche oggi nella vita di tutti i giorni: basta vedere come sta affrontando il cancro... È da Pallone d’oro.

La Juve attuale può contare sul “re” del Pallone d’Oro, Cristiano Ronaldo.

Il numero uno assoluto Cristiano, che comunque giostra in mezzo a quasi tutti numeri uno in ogni reparto. In chi mi rivedo? Mah, nel mio ruolo ora c’è Cancelo, molto tecnico e offensivo, io ero più difensore e puntavo tutto sulla fisicità. Spero che possa alzare la Champions anche lui, almeno avremo un’affinità in più - sorride....

Dopo Calciopoli e la condanna della giustizia sportiva alla Serie B, credeva in una simile rinascita della Juventus?

Ci speravo. Poi con il ritorno di Andrea Agnelli al vertice e quindi di una famiglia che da 90 anni fa la differenza, ho creduto ciecamente che la Juve sarebbe tornata ai livelli che gli competono. Certo, pensare a un filotto di 8 scudetti nemmeno un mago poteva prevederlo. Va anche detto che i successi-record ottenuti in Italia dipendono anche dalle problematiche irrisolte dalle milanesi e dalle romane che non sono più quelle società forti e organizzate viste dagli anni ’90 fino al 2011.

Eppure le dirette concorrenti continuano a lamentare errori fatali e sudditanza psicologica da parte degli arbitri in favore dei bianconeri.

Beh, con un Napoli a -20 e un’Inter a -27 punti dalla Juve trovo l’argomento “arbitri” un po’ ridicolo. È un discorso vecchio e che fa parte della cattiva cultura, tutta nostra, del complottismo e del sospetto. Anche nello scandalo di Calciopoli con il tempo si è visto che gli arbitri non c’entravano praticamente niente e l’unico direttore di gara condannato non aveva nulla a che fare con la Juventus.

Uno come Allegri invece potrebbe legarsi a vita con la Juventus, magari sulla scia del “modello Ferguson”?

Altro tabù del calcio italiano, perché dopo tre partite negative un allenatore viene esonerato. Allegri è comunque il miglior tecnico possibile per questa Juve e per lui parlano i 4 scudetti, altrettante Coppa Italia e due finali di Champions. Farà la terza? Se ci arriva, quest’anno ha tutto per vincerla.

E Torricelli quando tornerà a vincere dalla panchina?

Allenare mi piaceva e mi riusciva anche bene, sia con le prime squadre (Figline e Pistoiese) che con le giovanili. Ho iniziato con gli Esordienti della Fiorentina ai quali credo di aver insegnato due cose importanti: mettersi sempre al servizio della squadra, cominciando dal servire a tavola i compagni nei ritiri, e divertirsi giocando, senza dover fare i fenomeni perché “è sempre meglio un asino sano di un cavallo zoppo”... E questa vi assicuro non me l’ha suggerita il Trap.

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