Julia Krajewski, medaglia d'oro nel "Completo" di equitazione - Ansa
Non c’è dubbio, non c’è gara: queste sono le Olimpiadi delle donne. Le stanno caratterizzando, vincendo o anche perdendo. Sono loro le protagoniste, quelle che attirano i riflettori, fanno rumore e notizia. Solo per fare qualche nome, in rigoroso, o quasi, ordine cronologico: Federica Pellegrini, Naomi Osaka, Simone Biles, Momiji Nishiya, Yulimar Rojas, Vanessa Ferrari, Yuliya Yelistratova, Julia Krajewski, Jessica Springsteen (sì, il cognome è proprio quello, e non è un caso di omonimia).
Della Pellegrini e della Ferrari, del prestigioso congedo dalle vasche della prima e della bella medaglia finalmente trovata dalla seconda dopo tre Olimpiadi andate a vuoto, sappiamo tutto. Come dei demoni in testa di Simone Biles, che si ritira dalle prime prove di ginnastica e poi torna in pedana per prendersi il bronzo nella trave. E dell’uscita di scena per le stesse ragioni di disagio psicologico della Osaka, la tennista giapponese che era favorita da ogni pronostico.
Già, ma le altre? In questi giorni abbiamo conosciuto il faccino gentile di Momiji Nishiya, che solo per una manciata di mesi non è la più giovane medaglia d’oro della storia dei Giochi: vincerla a 13 anni comunque è clamoroso, anche se in una disciplina al debutto olimpico come lo skateboard, dove a 16 sei considerata anziana e i vecchi, quelli veri, proprio non ci sono. Lei, giapponesina tutt’altro che timida scende dal podio e si fa pure sentire: "Negli skate park ci sono quasi solo maschi - ha detto - noi femmine abbiamo paura di essere prese in giro e di non essere all'altezza. Per questo spesso rinunciamo a fare ciò che sogniamo. Spero che in tutto il mondo adesso molte adolescenti si concedano uno slope e osino fare ciò che vogliono". Ha parlato poco ma ha saltato molto lungo invece Yulimar Rojas, venezuelana, 25 anni, nera, capelli platino a spazzola, oro nel triplo con 15,67 metri che è anche record del mondo. Anzi, non “anche” ma “soprattutto” visto che ha battuto un primato che durava da qualcosa come 26 anni. Basta e avanza per includerla nelle donne più clamorosamente importanti di questi Giochi.
Si è fatta notare, ma in negativo, anche Yuliya Yelistratova, classe 1988: è stato al femminile infatti anche il primo caso in assoluto di doping alle Olimpiadi di Tokyo. Nel triathlon, l'ucraina è risultata positiva all'Epo in un test effettuato lo scorso 5 giugno nel suo paese d'origine a Dnipro, nell'ambito di una gara di Coppa d'Europa. Una posività che ovviamente gli è costata la cancellazione dalla gara che era in programma martedì scorso: l’hanno infilata sul primo volo in partenza, la sua Olimpiade è finita prima ancora di cominciare.
C’è una donna invece che è salita su un trono finora occupato solo da uomini. Per la prima volta nella storia dell’equitazione, unico sport olimpico dove maschi e femmine gareggiano testa a testa e non in squadre o coppie miste, nella specialità “completo” Julia Krajewski in sella ad Amande de B'Neville, ha messo in fila il britannico Tom McEwen e l'eterno Andrew Hoy, 62 anni, un fenomeno di longevità giunto alla sua ottava Olimpiade. L’amazzone tedesca ha raccontato che quando era bambina i genitori comprarono una fattoria e la adattarono a campo di allenamento. Così a 3 anni è salita in sella per la prima volta, a 6 partecipava già alla prima gara, a 14 ha cominciato a fare sul serio, a 32 ha centrato l’impresa. Il suo motto: “guarda il percorso davanti a te, non agli ostacoli lontani”. Brava e saggia, insomma.
Buon ultima c’è Jessica, anche lei a cavallo, ma con un cognome impegnativo. Jessica Springsteen è proprio la figlia del “Boss” e alle Olimpiadi non c’è venuta da spettatrice (anche perché i tifosi non sono ammessi in Giappone) ma da atleta vera. "Era un sogno che inseguivo da quando ho memoria, e ora l’ho raggiunto": esultava così, sui suoi social, quando passò le selezioni per Tokyo 2020. E’ stata la prima Olimpiade per la cavallerizza americana, numero 27 della classifica mondiale, nata dall’amore tra il celebre cantante e la moglie Patti Scialfa. A Londra 2012 era riserva e qui ha fatto parte di una squadra di quattro atleti nel salto a ostacoli, in sella a Don Juan, stallone belga di 12 anni. Fidanzata con un italiano, Jessica ha trascorso nel nostro Paese i mesi del lockdown. Qui invece ha chiarito subito con giornalisti e televisioni una regola ferrea: “Chiedetemi qualunque cosa, ma nulla riguardo a mio padre…”. Non c’è stato nemmeno il tempo di obiettare: ha concluso la sua gara individuale al 31esimo posto, esclusa dalla fase successiva. Uomo o donna, il cognome ai Giochi, è importante ma non basta.