martedì 12 dicembre 2017
Esce la “collection” che celebra la carriera della band, protagonista di un concerto evento a Parma. Il cantante Francesco Lorenzi: «Festeggiamo la fedeltà a un cammino insieme»
La serata-evento a Parma per i venti anni di carriera dei The Sun

La serata-evento a Parma per i venti anni di carriera dei The Sun

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Una infinita carrellata di “grazie”. Sul maxischermo dietro al palco scorrono le immagini in sequenza per dire con i volti e le parole di decine di ragazzi, ragazze e intere famiglie quanto sia stata ricca la semina in questi vent’anni. Mietendo e raccogliendo in cambio un vero e proprio popolo. Quello dei The Sun. Un popolo di fan? Anche, ma soprattutto un popolo che percepisce la musica come espressione della vita e della gioia, a tal punto da non rassegnarsi all’idea (e alla realtà) che la musica popolare, il pop/rock, non aspiri a un oltre e a un Altro. Erano in ottocento sabato sera a gremire il Campus Industry Music di Parma per il concerto celebrativo dei vent’anni di attività del gruppo vicentino capitanato dal cantante e chitarrista Francesco Lorenzi. Fu lui il 4 dicembre del 1997 insieme al batterista Riccardo Rossi a generare la prima scintilla sonora di un sodalizio che ha visto presto aggiungersi il bassista Matteo Reghelin e il chitarrista Gianluca Menegozzo. E da due anni non c’è concerto che non veda la presenza anche dell’altro chitarrista Andrea Cerato, il quinto Sun. «Più di un concerto, di una festa, di una celebrazione, questo è un atto di amore» ha esordito Francesco Lorenzi aprendo con uno dei pezzi più simbolici della loro storia, Onda perfetta, e con uno dei nuovi inediti, Nelle mie mani. Ecco, il popolo dei The Sun è proprio quell’onda. Percepisce il valore di ogni canzone. Sente e conosce bene la vicenda di questo gruppo di musicisti e di amici. Un gruppo che dieci anni fa, con il nome The Sun Eats Hours (dal detto veneto: il sole mangia le ore, vale a dire che il tempo non è mai abbastanza, dunque sbrighiamoci), era all’apice di una carriera da punk rock band (premiata nel 2004 dal Mei come la migliore “italiana nel mondo”), ma anche all’apice di una profonda crisi esistenziale.

Francesco l’ha raccontato nel suo libro autobiografico La strada del sole. Edito da Rizzoli nel 2014, con prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi, tradotto in otto lingue e giunto alla settima edizione, ha venduto oltre ventimila copie. Lì c’è la storia di Francesco, di un gruppo di amici, di musicisti. Lì c’è la storia di qualsiasi giovane che cerca un qualsiasi successo credendo che con esso possa trovare il senso o, almeno, un senso a questa vita. Il successo arriva. Per i The Sun è nella musica spinta, nei concerti in giro per il mondo, nei primi soldi, nelle donne. «Ad un certo punto cominciai a sentire che ciò che avevamo costruito in anni era divenuto terribilmente fragile » torna a ribadire Francesco nel ricco libretto di foto e di testi che impreziosisce la collection 20, uscita lo scorso 8 dicembre. Era invece l’ottobre del 2007 quando Riccardo, il batterista, era prossimo all’addio ormai in preda all’alcool. Erano passati dieci anni dalla nascita del gruppo. Il capolinea con il suo buio generò la crisi, la scelta fondamentale. Francesco percepì per primo il fondo e per primo, esortato dalle sue stesse domande di senso, cercò una nuova luce. La conversione non fu immediata, non fu una folgorazione. Si fece invece ricerca. Tra alti e bassi, tra sconforto e speranze. E la ricerca si fece preghiera. I tre amici non capirono subito, ma lo seguirono e gli dettero fiducia. Si doveva ricominciare, ripartire daccapo. L’era tutto da rifare, avrebbe detto Gino Bartali, che a rimettersi in sella era il numero uno.

Così il punk lasciò il posto a un rock melodico, l’inglese si trasformò in italiano e, grazie agli incontri discografici giusti, iniziò con l’estate anche la loro “solare” stagione: il 22 giugno 2010 uscì l’album della rinascita: Spiriti del Sole. Concerti su concerti, uno persino a Betlemme: un altro segno. E nel 2012 un nuovo disco, sempre a giugno. Arriva Luce. Il popolo dei The Sun cresce sempre più e arriva il primo concerto davanti a un Pontefice. L’occasione è l’incontro Mondiale delle Famiglie con papa Benedetto XVI, alle porte di Milano. Le loro note incontrano invece papa Francesco prima alle Giornate mondiali della Gioventù di Rio de Janeiro nel 2013, quindi ad Assisi l’anno dopo e alla Gmg di Cracovia nell’estate del 2016. «Lì davanti al Papa in diretta in mondovisione vestito da rocker, all’improvviso sono stato chiamato ad andare al microfono per la prima lettura della santa messa» rievoca Lorenzi, guardando con gratitudine e rinnovato stupore monsignor Vincenzo Peroni, seduto accanto. Cerimoniere pontificio, al concerto di Parma dei The Sun c’era anche lui. «Ero alla Gmg di Cracovia a controllare gli ultimi dettagli prima della celebrazione – racconta – e sentivo arrivare la loro musica. Non ci ho pensato su molto, mi è venuto d’istinto e ho chiesto al cantante se dopo voleva anche venire a leggere. Tutto qui». Chi canta, del resto, prega due volte, diceva sant’Agostino. E agostiniano non poteva che essere il “padre spirituale” dei The Sun, don Gabriele Pedicino, fra i tre confratelli “superstiti” a presidiare e portare avanti l’attività pastorale e missionaria nella crollata trecentesca basilica di San Nicola, a Tolentino. C’era anche lui nella “spirituale” bolgia del Campus parmense ed è stato proprio don Gabriele a presiedere la santa messa domenicale concelebrata l’indomani al santuario saveriano dedicato a san Guido Maria Conforti, a due passi dal seminario vescovile della città ducale. A gremire la chiesa, ancora quel popolo cristiano dei The Sun, a declinare le canzoni in una nuova, più compiuta, forma di preghiera e testimonianza.

Una “due giorni” voluta e organizzata dall’Officina del Sole che, nata a Parma su iniziativa del suo presidente Matteo Folezzani, conta oltre mezzo migliaio di associati e costituisce più una comunità che un fan club. Punta di diamante del popolo dei The Sun, è proprio l’Officina del Sole a organizzare i viaggi per accompagnare la band nelle trasferte più significative, come quelle in Terrasanta («la prossima – ci anticipa Francesco Lorenzi – sarà all’inizio dell’autunno 2018, con passaggi in Giordania e forse un concerto ad Amman»). Ed è stato proprio questo popolo a chiedere di celebrare i venti anni dei The Sun. «Il nostro pubblico voleva che celebrassimo più che i vent’anni di carriera – ci dice Francesco –, la fedeltà a un progetto e a un’a- micizia. Quella tra noi quattro e quella con chi ci segue e propaga il senso di una testimonianza ». Per potersi riconoscere tutti in uno stesso cammino, per ritrovarsi e fare festa. Come ha fatto festa quel padre al ritorno del figliol prodigo.

Così nella collection 20 c’è anche la precedente vita della band, a occupare parte del secondo dei due cd. In tutto 40 brani, tra cui sei inediti assoluti. «Quante storie porto nel cuore / grazie a vent’anni di avventure / Ogni volto, ogni strada, ogni sguardo è per sempre / e per sempre sarà» canta Francesco nel brano 20. E più in alto si vola con L’alchimista: «Tu solo puoi far di me un capolavoro / trasformare il piombo in oro». «La musica è un fatto importante nella vita delle persone per non aprire la propria anima – dice Francesco –. Io mi arrabbio un po’ quando vedo certi grandi artisti che non osano. Così, a forza di accarezzare le strategie commerciali e rinunciare a dire cose importanti e grandi, finisce che la gente non è più capace di ascoltare e di capire se in una canzone c’è o meno della verità. Ecco, la nostra strada è proprio questa: cercare e cantare il senso e la Verità». Quel senso che li ha cambiati e sbalzati da cavallo. Una conversione partita da Francesco, che si è irradiata appunto con i raggi di quel sole che è il loro simbolo. Anche all’ingresso del loro concerto c’era un banchetto. E su quel tavolino i gadgets: magliette di diversi colori con il sole e la scritta The Sun, braccialetti, catenine, spille, il libro, i loro vecchi cd (il precedente, Cuore apertodel 2015, ha venduto ottomila copie) e naturalmente la nuova collection. Anche quei giovani, partiti i clangori e le luci, saltavano, cantavano e si accalcavano. Tutto però sembrava più importante. Anche la gioia che univa.

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