Il portiere angolano Teresa Almeida, 33 anni, 98 kg di peso - Reuters
Il nome di battesimo è Teresa, il cognome Almeida, ma tutti la chiamano Bà. Si fa prima a leggere la sua biografia sportiva che a girarle intorno. Perché proprio per questo lei in questi Giochi ha già trovato un suo spazio. Non tanto per essere il portiere (portiera?, portieressa?, ci manca solo che cominci anche qui la discussione) della nazionale femminile angolana di pallamano. Ma perché Teresa è alta 1.70 e pesa 98 kg. Tanti per un’atleta in questo sport. Mai troppi però, se accompagnati da un’idea rivoluzionaria, comunque ingombrante.
Domenica, dopo la partita contro il Montenegro, qualcuno la guardava perplesso e lei si è lasciata andare: «Sono orgogliosa di essere cicciottella. Io mi sento felice come atleta e come donna, devo solo faticare un po’ di più. Ma sono di più anche le soddisfazioni…».
Ecco, a volte basta una frase per fare a pezzi i pregiudizi del fisico per forza perfetto e scolpito, disegnato dalle diete e dalle rinunce, vessato dai frullati di carota, martoriato dalla palestra e dall’idea malata che tante vittime sta facendo tra le ragazze: sei bella e vinci nella vita soltanto se sei magra. Grassissima fesseria.
Teresa è scesa da un quadro di Botero e ha trovato posto in un’Olimpiade vera e dura come mai, mica un torneo misto in spiaggia. Ha spalmato il suo corpo sui Giochi chiudendo tutti gli spazi alle avversarie davanti alla porta, salendo sul podio delle giocatrici più pesanti della storia. E si è eletta simbolo di una battaglia: «Voglio essere la portabandiera dei grassi, vorrei che si sentissero quanto me. Non siamo gente inferiore, non partiamo battuti in niente».
Insomma, a volte ritornano. E si fanno largo. Perché Teresa c’era anche ai Giochi di Rio 2016 in campo, stessa stazza, stesse idee chiare. Magari un po’ bugiarde. Perché allora fece una promessa: «Perdere peso? Mi sa che dovrò farlo davvero. Ma solo per indossare il vestito delle nozze: a dicembre mi sposo…».
Si è sposata, è tornata. Larga come prima e simpatica come un bignè: fatele giurare che non se la mangerà, e poi regalatele una medaglia d’oro.