in scena a Novi Sad, capitale europea della cultura 2022 “2gheter/Al(l)one ” del Plesni Teater di Lubiana, Slovenia
«I media ufficiali rappresentano i giovani sempre in modo negativo, ma noi abbiamo tanto da dire e da dare, soprattutto nel settore della cultura. Ci devono solo ascoltare». Anja Pejinovic ha 21 anni, studia giornalismo, è appassionata di teatro, ed è nata e cresciuta a Novi Sad, la seconda città della Serbia, poco dopo i bombardamenti della Nato del 1999 che ferirono la città durante l’operazione Allied Force contro la Jugoslavia di Milosevic. La capitale della Vojvodina oggi è un vivace centro multiculturale a un’ora di auto da Belgrado, adagiato fra le dolci anse del Danubio sotto il severo sguardo della fortezza Petro Varadin e quello accogliente delle chiese di ogni confessione, oltre alla sinagoga, che testimoniano la sua vocazione al dialogo. E sta recuperando con orgoglio il suo ruolo di Capitale europea della cultura, slittato causa Covid dal 2021 al 2022, che condivide con Kaunas in Lituania e Esch-sud-Alzette in Lussemburgo.
Il ricco programma con 1500 eventi durerà tutto l’anno, suddiviso in 4 'ponti' (in riferimento a quelli crollati sotto le bombe), Libertà dedicato alla creatività dei giovani, Speranza dedicato alle strutture culturali, Arcobaleno sui conflitti e le migrazioni, Nuovi Ponti sul patrimonio culturale. Ed a inaugurare il programma Il futuro dell’Europa è stata anche la conferenza internazionale sul contributo giovanile alla partecipazione culturale nel continente che si è conclusa mercoledì. E parlare del ruolo dei giovani nell’Europa di oggi, ferita dalla guerra in Ucraina, dalla prospettiva dei Balcani diventa cruciale. «L’Europa è un treno veloce che noi vogliamo prendere» spiega Milica Raškovic, capo del dipartimento per lo sviluppo del programma di Novi Sad Capitale della cultura europea riferendosi al desiderio della Serbia di entrare nell’Unione Europea. In questi due giorni si è respirata aria di pace, nel dialogo costruttivo tra artisti, operatori culturali e soprattutto tanti ragazzi provenienti da tutta Europa, ma in particolare da Serbia, Bosnia, Slovenia, riuniti nella Fabrika, ex fabbrica di tessili in corso di ristrutturazione che ospita il centro culturale studentesco pubblico Skcns, organizzatore del convegno. Come spiega la sua responsabile Marija Popovic «l’obiettivo è dare voce e coinvolgere i giovani, soprattutto nelle politiche teatrali, giovani che non si sentono rappresentati e ascoltati». Perché, come dice Pavle Hrncic che ha 20 anni, studia lettere e ha condotto con la 19enne Mila Acimovic le due giornate, molti ragazzi «non vengono coinvolti e informati nel modo giusto, non sanno che a teatro incontrano la loro vita».
Il merito va soprattutto all’Italia e ai responsabili del Kilowatt Festival di Sansepolcro, innovativa e vivacissima realtà culturale con i piedi in Toscana e il cuore in Europa, partner del convegno. La prossima rassegna vedrà la sua ventesima edizione dal 12 al 24 luglio fra Sansepolcro e Cortona (Arezzo). La due giorni di Novi Sad infatti è stata realizzata nella cornice della seconda edizione di Be SpectACTive!, uno dei più ampi progetti di cooperazione europea co fondato da Kilowatt col sostegno del Creative Programme dell’Unione Europea che opera nel campo delle arti performative attraverso produzioni artistiche con l’intento di coinvolgere cittadini e spettatori nel processo creativo e organizzativo. Luca Ricci direttore del Kilowatt Festival e co ideatore del progetto Be SpectACTive! ci spiega: «È strano parlare di cultura e teatro durante una guerra. Ma il senso di creare cooperazione è proprio questo. Abbiamo vinto due bandi europei quadriennali di seguito, quindi dal 2014 abbiamo creato una rete di 19 realtà europee, fra compagnie e università, sparse in 15 Paesi dall’Italia alla Francia, Spagna fino a molti Paesi dell’Est fra cui, Serbia, Repubblica Ceca, Romania. Attiviamo gruppi di spettatori locali per seleziona- re gli spettacoli, supportiamo la promozione degli artisti attraverso residenze, workshop e la coproduzione di spettacoli che girano l’Europa » aggiunge. Il focus soprattutto sono i giovani, come dimostra lo spettacolo francese Generation che ha osservato e documentato le reazioni di un gruppodi ragazzi, mentre in Italia arriverà Babà Karam, produzione svedese su una danza tradizionale iraniana. «Le tematiche sono l’ambiente, l’eguaglianza di genere, la cultura interattiva – aggiunge Ricci –. La partecipazione è l’agente del cambiamento, per gli artisti, il pubblico e gli organizzatori. Questo sarà il futuro. Lo scambio delle esperienze è il modo in cui si impara».
Nel secondo bando quadriennale, iniziato nel 2018, grazie a 2 milioni di euro provenienti dalla Comunità Europea, e 2 milioni dalla rete dei soggetti coinvolti, Be SpectACTive! ha prodotto 15 coproduzioni che girano l’Europa, 60 residenze creative, 50 gruppi di spettatori attivi (1500 partecipanti che hanno selezionato più di 350 spettacoli), 4 convegni internazionali. «Ma i numeri non sono tutto – aggiunge Giuliana Ciancio, curatrice e project manager insieme a Ricci diBe SpectACTive! –. In un mondo dominato dal commercio, per fare crescere la cultura invece occorre tempo per fidelizzare le persone». Il prossimo passo di Kilowatt Festival sarà partecipare a un terzo bando europeo puntando sull’impegno civico dei giovani.
I risultati a Novi Sad si sono visti in due spettacoli, che gireranno l’Europa, su temi attualissimi. La solitudine è al centro della toccante coreografia 2gheter/Al(l)one del Plesni Teater di Lubiana, in Slovenia. Mentre sul tema dei migranti affascina tra danza, racconto e musica balcanica lo spettacolo immersivo Assimilate prodotto da Art Ritam di Novi Sad. « Assimilate nasce dal bisogno di investigare l’impatto delle migrazioni sulla nostra società – spiega la performer e coautrice Sonja Stojanovic pensando anche alla drammatica situazione dei profughi dall’Ucraina –. Questa performance è ancora più attuale. Anche se questa nasce da una domanda: cosa significa assimilazione e integrazione? In questo le residenze offerte da Be SpectACTive! in quattro città europee ci hanno permesso di intervistare migranti in Ungheria, Serbia, Francia e Cecoslovacchia per conoscere il loro punto di vista e raccontare come vivono l’impatto con un altro Paese».
Come sottolinea Milena Dragicevic Šešic, capo del dipartimento per le politiche culturali dell’Unesco «negli anni 60 e 70 esisteva una spinta rivoluzionaria della cultura da parte dei giovani, sostituita negli anni 80 e 90 dal mito della competitività. Oggi – aggiunge – è di interesse pubblico sostenere i cittadini attivi che creano i loro programmi e i loro spettacoli. E questi stanno emergendo soprattutto nei piccoli paesi e nelle periferie». I ragazzi dell’Est danno voce al disagio dei ragazzi di tutta Europa. Ivona Kukic ha 28 anni, vive in Bosnia, è una giornalista investigativa di Radio Active Zenica e indaga sulla guerra in Jugoslavia. «I ragazzi non vogliono più sentirne parlare, ma con i nostri podcast facciamo dialogare gli ex nemici« ci spiega mentre beve un caffè con Tamara Uroševic, giornalista 26enne di Belgrado, attivista sui diritti delle donne che si occupa anche di teatro ragazzi. Mila invece ha 19 anni, frequenta il liceo a Novid Sad, è animatrice e sta studiando per diventare attrice. «I giovani hanno bisogno di educazione alla cultura, ma anche di luoghi non commerciali in cui potersi esprimere». E per Marija Durdjevic, rappresentante del pubblico in Be SpectACTive! Serbia troppi sono gli stereotipi sui giovani: «Dicono che non ci interessa la politica, che non siamo critici. Ma noi abbiamo bisogno di partecipare alla vita sociale».
Il cuore dell’Europa batte anche in quello dei favolosi giovani musicisti e attori diversamente abili serbi ed ungheresi che ci cantano La donna è mobile di Verdi e rivendicano la loro partecipazione attiva al mondo della cultura. E l’Europa risponde nella figura dell’italiano Walter Zampieri capo dell’Unit Culture, l’agenzia europea per l’educazione e la cultura. «Noi ci occupiamo di finanziare produzioni e di creare spazi culturali, abbiamo più di 1100 progetti. La cultura è il miglior modo di creare un senso di comunità fra i cittadini europei. Bisogna dare ai ragazzi una prospettiva e noi ci impegneremo sempre di più a dare loro l’opportunità di creare il futuro».