Il sipario ducale del Tardini si sta per alzare per la serata di gala tra il Parma di Roberto Donadoni e la “Vecchia Signora”, la capolista Juventus di Antonio Conte, unica squadra ancora imbattuta in Europa. Ma il patron degli emiliani, Tommaso Ghirardi, 36 anni - come il presidente della Juve Andrea Agnelli - , attende l’evento con la solita calma serafica e addirittura concedendosi il lusso del “ritorno” in campo. «Sono fermo da sette mesi per uno stiramento, ma questa sera (ieri, ndr) torno a fare il “Rooney” nella partitella settimanale con gli amici», dice divertito Ghirardi, giunto al suo quinto anno al vertice del club emiliano.
Cinque anni in cui ha sfiorato il drammone di Calciopoli e ben due atti della commedia del Calcioscommesse. Ma che idea si è fatto di questo mondo pallonaro?«Tutte vicende assai distanti dal mio modo di vedere e di concepire la vita e il calcio. Bondi mi aveva offerto di rilevare il Parma proprio nell’estate del 2006, gli chiesi di posticipare ogni trattativa a gennaio 2007, perché volevo vederci chiaro. Non mi convinceva il clima “scandaloso” che si era creato. Da quando sono entrato in questo ambiente, sempre un po’ avvelenato dalle polemiche, vado fiero di non essere mai stato né squalificato, né deferito. E spero di continuare su questa strada».
Un cammino limpido e oculato, in cui lei invoca spesso il “dimezzamento” degli attuali costi del lavoro dell’azienda calcio.«Il mio motto sarà impopolare, ma rimane quello: prima i conti e poi il cuore. Nel nostro sistema, l’unica entrata sicura è quella dei diritti Tv che incidono quasi per il 70% sugli introiti delle società. Se quel miliardo di euro non riusciamo a farlo bastare per coprire il monte stipendi dei calciatori, vuol dire che siamo messi molto male. Dopo cinque anni, a giugno il Parma ha chiuso con 630mila euro di utile e al mio ad Pietro Leonardi ho chiesto un ulteriore sacrificio, un taglio dei costi del 25%. Magari ci riuscissimo...».
Secondo la logica del tifoso, meno investimenti, uguale pochi campioni in squadra e di conseguenza scarsi risultati.«Dissento. Tranne la retrocessione in B (nel 2008) che ancora oggi non mi so spiegare, credo che a Parma sotto la mia presidenza non possono dire di non aver visto arrivare lo stesso dei giocatori importanti. Certo io non posso permettermi le stelle strapagate che alla precedente gestione gravavano per 200-250 milioni di euro di perdite all’anno. Sono per le rose “umane”: ad agosto siamo partiti con 29-30 calciatori, a gennaio, nonostante i 4 acquisti, scenderemo a 23-24 elementi».
A parte Okaka che arriva dalla Roma e Ferrario dal Lecce, si rafforza l’asse Parma-Inter con gli innesti di Jonathan e il ritorno di Mariga?«Io non smetterò mai di ringraziare il presidente Massimo Moratti e i suoi dirigenti per la proficua collaborazione. Da fuori, il calcio che sognavo era quello basato sui rapporti leali, in cui per mettersi d’accordo dovrebbe bastare una stretta di mano. Questo con l’Inter è ancora possibile».
All’Inter e non solo, ora vi chiedono il favore di fermare la Juventus.«Prima di tutto dobbiamo fare un favore alla nostra classifica. Riuscire a togliere l’imbattibilità a questa Juve sarebbe un grande onore, ma non sarà facile, perché in quella di Conte sto rivedendo la squadra fortissima di Lippi».
La terza forza, dopo Juve e Milan è l’Udinese di Guidolin che quando era a Parma disse: “Se vado via, posso solo allenare all’estero...”. In che rapporti siete?«Con Guidolin ci salutiamo... Mi dispiacque molto per l’interruzione del nostro rapporto, ma fu lui a chiedermi di poter andare via, io non sarò mai capace di trattenere qualcuno a Parma se non desidera restare. Ha scelto il “modello Udinese”? Con tutto il rispetto per la società di Pozzo, ma il Parma non ha nulla da invidiare al club friulano».
In cinque anni ha cambiato 10 allenatori. Possiamo sperare in una duratura “era Donadoni”?«Da quei “10” toglierei Pioli perché fu un “cambio aziendale” appena preso il Parma e anche Manzo che allenò la prima squadra una sola partita. Statisticamente dunque scendiamo a 8, che non è un numero di cui mi vanto, anche perché penso che ogni volta che si cambia tecnico vuol dire che la società è responsabile in egual misura degli errori commessi. Donadoni è ancora giovane ed è estremamente serio e preparato per poter portare avanti assieme a noi un progetto di lungo periodo. Speriamo che i risultati ci aiutino».
Giovinco, all’ipotesi di un futuro rientro alla Juve ha fatto capire che non gli dispiacerebbe rimanere al Parma...«Questa è una delle più grandi soddisfazioni da quando sono presidente. È il riconoscimento alla società che fa di tutto per essere sana ed accogliente. È anche la conferma che Giovinco per ora è un ottimo calciatore, ma per testa e professionalità, ha tutto per diventare un campione. E sono sicuro che lo diventerà».
Giuseppe Rossi è un campione che continua a rimpiangere?«Un po’ sì. Ero troppo giovane e inesperto quando l’ho lasciato andare al Villarreal. Con qualche milione in più potevo trattenerlo... Tornassi indietro è uno di quegli azzardi che mi concederei».
Un giudizio sul suo grande amico, il ct Cesare Prandelli?«I risultati degli azzurri in campo parlano da soli, ma il dato più importante è il grande attaccamento popolare che Prandelli ha ricreato nei confronti della Nazionale. Chi può offrirgli, oltre a Giovinco, il Parma per gli Europei? Sicuramente Galloppa che dopo il grave infortunio è tornato ancora più forte. E poi gli direi di pensare a Zaccardo: ha grande esperienza e con noi sta giocando da campione del mondo».