All’orizzonte del calcio italiano a rischio default, quella che si vede è sempre più America Saudita. Il passaggio dal 2021 al 2022 potrebbe – il condizionale è d’obbligo in questi casi – segnare anche la cessione dell’Inter ad un fondo d’investimento americano legato a Daniel Straus oppure all’arabo Pif. Due le ipotesi delle ultime ore. Una, riferita da Ibt – la testata economica International Business Times – racconta di una proposta ufficiale che sarebbe arrivata da parte del Pif, il Saudi Arabia Public Investment Fund.Il secondo interessamento riguarderebbe l’imprenditore americano Daniel Straus che pare abbia già incontrato a Los Angeles l’attuale proprietario dell’Inter, il cinese Steven Zhang, in un colloquio preliminare utile per studiare i conti della Beneamata. Le notizie vengono rilanciate in queste ore anche oltreoceano e il fatto che dal club nerazzurro non arrivi alcuna smentita ufficiale lascia pensare che qualcosa di concreto ci sia o che – perlomeno – l’interessamento di uno dei gruppi, o di entrambi, sia reale e che le trattative siano partite.
Non è stata fatta ancora alcuna due-diligence, ma ci sono tutti gli elementi per una prima offerta. Sul piatto ballerebbero 900 milioni di euro, un investimento poderoso per un club che da qualche anno – nonostante i successi in campo: lo scudetto con Antonio Conte l’anno scorso e il “titolo” di campione d’inverno con Simone Inzaghi quest’anno – naviga a vista e ha bisogno di liquidità per ridarsi un equilibrio economico e poter essere competitivo. Non è un caso che a maggio di quest’anno il fondo americano Oaktree Capital abbia garantito a Great Horizon, la controllata di Suning tramite cui il gruppo cinese possiede la maggioranza dell’Inter con il 68,55% delle azioni, circa 275 milioni di euro.
Il Pif ha un patrimonio stimato in circa 430 miliardi di dollari, per capirci: superiore di 50 volte alla disponibilità economica di Nasser Al-Khelaifi, il Paperon de’ Paperoni del Psg. Di recente il Pif ha acquistato il Newcastle, ora punta l’Inter e si sta muovendo anche per il Marsiglia. Non è una trattativa di mercato, è un’invasione in piena regola che alza il sipario su scenari da Fantacalcio. L’Inter – se davvero dovesse finire nella galassia del fondo – diventerebbe il club più ricco d’Europa. Un fatto, per ora, è certo: il fondo saudita è entrato in tackle sull’intero movimento del calcio europeo, destabilizzando le antiche certezze in un momento delicatissimo e innescando una serie di considerazioni (anche etiche) sulla straordinaria potenza di fuoco, riferibile ad un paese – l’Arabia Saudita – da tempo invischiato in pratiche sociali oscure, autoritarie e repressive.
Da quando l’Inter è passata da Massimo Moratti a Erick Tohir e poi alla famiglia Zhang, l’identità del glorioso club si è via via sfumata. In estate il nome caldo era quello di Ali Baba, colosso cinese con a capo Jack Ma Yun, poi c’è stata una trattativa con il fondo Bc Partners, fondo di private equity che si spinse molto avanti salvo poi – al momento della verità – farsi di nebbia. La fotografia del calcio italiano – oggi e in attesa degli sviluppi sull’Inter – parla frattanto di ben 7 società di Serie A in mano a fondi americani. Praticamente una su tre. La lista: la Roma dei Friedkin, il Milan del fondo Elliot, la Fiorentina di Commisso, il Venezia della Vfc Newco, lo Spezia di Robert Platek, il Genoa di 777 Partners e il Bologna dell’italo-canadese Joey Saputo, legato a doppio filo al mercato americano essendo anche proprietario del Cf Montréal, club che milita nella Mls.
Due sono le società di B a stelle e strisce: il Parma di Krause e il Pisa del russo-americano Knaster. L’ultima bandierina americana piantata nel nostro calcio la troviamo in Romagna: da qualche giorno il Cesena – che al momento è in Serie C – appartiene per il 60% all’americana Url Investment Partners. È in atto un cambiamento epocale, che stravolgerà il calcio per come l’abbiamo vissuto fino ad oggi. I fondi americani – evidentemente – colgono nel nostro calcio un settore con grandi possibilità di espansione e di crescita (e quindi spendibile sul mercato) a prezzi relativamente bassi. La Serie A – in una fase storica in cui le perdite relative al Covid 19 si attestano sui 600 milioni e quelle derivanti dai bilanci di fine anno si ipotizzano attorno ai 700 – è diventata dunque un territorio di caccia che conserva il suo prestigio, seppure ammaccato, e si presta a investimenti oculati. Spendere poco oggi, guadagnare molto in prospettiva: l’America è già qui, e non ce n’eravamo manco accorti.