Gli ultimi ritocchi dei restauratori alla pavimentazione nella “Villa dei mosaici” di Spello: sabato 24 marzo l’inaugurazione (Alessio Vissani)
Il viaggiatore mordi e fuggi dei nostri giorni che vagando per l’Umbria è passato solo ad Assisi, la prima volta che visita Spello inevitabilmente cede al confronto tra questi due gioielli dello scrigno custodito nel proverbiale e mai retorico cuore verde d’Italia. Il filosofo dell’umbritudine, avvocato Giovanni Picuti, ironicamente sottolinea che «gli spellani continuano a domandarsi spavaldamente cosa manchi ad Assisi per essere Spello...». All’imparziale viaggiatore incantato, l’ardua sentenza.
Va detto però che questo “splendidissimo” luogo, culla dell’antica civiltà umbra, assurta a colonia romana (Iulia) - nel 41 a.C. dopo la guerra di Perugia condotta da Ottaviano -, ad ogni pietra trasuda arte, storia e tradizione francescana. Un borgo cesellato da vicoli fioriti, piazzette eleganti, chiese amene, torri medioevali e monasteri, pervaso da quel misticismo che ne fanno un’oasi alla stregua dell’orientale Ascesi.
Qui, sulle colline ammantate di olivi secolari, ai piedi del Monte Subasio, nel 1965, di ritorno dall’Algeria dopo l’esperienza eremitica nel Sahara, Carlo Carretto con i suoi piccoli fratelli di Charles de Foucauld, ha aperto il convento e accolto un mondo, assetato di risposte e di spiritualità, che ha bussato, e bussa ancora, alla sua porta. La porta è sempre aperta, soprattutto agli ultimi, agli affamati in cerca di un letto e un piatto di minestra, anche nella Casa della Povera Vita - in via della Povera Gente - dove dalla Francia «“chiamata” da santa Angela da Foligno» e accolta amorevolmente da fratel Carlo, vive e opera la mistica Maddalena di Spello, al secolo Madaleine Holeguine.
Fratel Carlo e Maddalena sono capolavori dell’umanità, come la Cappella Baglioni, affrescata dal Pintoricchio. Dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, che conserva le opere sue e dell'altro grande umbro Perugino, si scende nella parte bassa del borgo dove, nel 2005, è riemersa la magnifica Villa dei Mosaici. Un altro tassello, in quello che l’infaticabile e pragmatico sindaco di Spello, Moreno Landrini, con giusto orgoglio definisce «il nostro grande tesoro archeologico». Un tesoro costituito da sei Porte Romane che si aprono su due chilometri di cinta muraria che fanno di Spello un unicum assoluto.
Come questa Villa dei Mosaici, “riscoperta” a Sant’Anna, appena fuori dalle mura, a breve distanza dalla Porta Consolare - accesso principale alla città romana di Hispellum, sita in una diramazione della Flaminia, l’antica via consolare che da qui conduceva a Rimini. Nell’area dove un tempo cresceva l’erba («non molta a dire il vero», confessano gli abitanti della zona) sorgeva il vecchio campo sterrato di calcio, e durante i lavori per adibire lo spazio a parcheggio pubblico, con immensa sorpresa degli operai, appena mezzo metro sotto la superficie è affiorata la pavimentazione della nobile dimora.
«I lavori per la costruzione, probabilmente vennero eseguiti in due fasi: la prima in età augustea, tra il 27 a.C e il 14 d.C. come si evince dai resti in cementizio, mentre la seconda risalirebbe al II e gli inizi del III secolo d.C. quindi in piena età imperiale», spiega Michela Giuglietti, responsabile del Sistema Museo che ha seguito i lavori di restauro ed è pronta ad aprire i battenti della Villa. Per farlo ci sono voluti circa dodici anni di intenso e appassionato recupero condotto dai giovani operatori della ditta trevana “Il Restauro”. Un progetto finanziato (oltre 4 milioni di euro) da regione, comune, ministero e il comunitario Por Fesr.
E ora, finalmente questa “nuova” perla archeologica, che ha già suscitato stupore e ammirazione nel ministro Dario Francheschini e il presidente Sergio Mattarella che l’hanno vista in anteprima (sarà aperta al pubblico sabato, alle ore 11). Il visitatore verrà rapito da un luogo di estrema fascinazione: un viaggio anche multimediale - ricostruzioni in 3D e App dedicata - attraverso un percorso che si dipana sui 500 metri quadrati di superficie. Dieci stanze ricoperte da una pavimentazione ornata da mosaici policromi, per i quali l’unico aggettivo spendibile è ancora “splendidissimi”.
«Chi erano i proprietari della Villa? Difficile da dire perché non sono state trovate iscrizioni. Dai richiami ai satiri del corteo dionisiaco (la figura di Bacco) alla mescita e la cultura del vino che si rintracciano nel triclinio - la sala dei banchetti - si ipotizza che si trattasse di un grande proprietario terriero, forse un viticoltore».
Qualità e pregio dei materiali fanno pensare a un ricco mecenate, magari arrivato direttamente da Roma assieme alle maestranze della bottega a cui aveva commissionato la costruzione e l’abbellimento della Villa. Un padrone di casa dal notevole gusto estetico, particolarmente influenzato dalla natura circostante, popolata da quegli animali selvatici e volatili - raffigurati nei mosaici - che costituivano la fauna del preesistente paesaggio lacustre. «Curiosa la presenza di immaginifiche ed esotiche figure di pantere e tigri marine», ci dicono i ragazzi del “Restauro”.
Dall’ingresso, che non è più quello originale, si passa dalla stanza degli uccelli a quella delle anfore, al triclinio. E poi la stanza del sole radiante, quella del mosaico geometrico, il peristilio e la stanza degli scudi. Infine il percorso si conclude con l’ambiente riscaldato, nel quale sono state ricostruite alcune parti mancanti grazie ai materiali di recupero. «E molto ancora si potrebbe recuperare nell’area attigua alla Villa – continua il sindaco Landrini –. Risorse e tempi permettendo, è nostra intenzione lasciare in eredità questo ulteriore progetto. I beni archeologici della comunità fanno parte di un vasto patrimonio culturale che da sempre offriamo a un turismo di qualità e internazionale, che purtroppo ha subito un calo preoccupante delle presenze. L’ultimo terremoto non ha arrecato danni a Spello, ma il “terrorismo” mediatico ci ha messi in ginocchio fino all’estate scorsa quando, lentamente, sono ricomparsi i primi gruppi di visitatori».
Spello si rilancia con la forza di un passato aureo e tutti i colori dei mosaici della Villa dei Mosaici, all’inaugurazione della quale seguirà quella della piazza della Repubblica, ridisegnata sulla falsa riga del disegno ottocentesco. Uno spazio aperto - la centrale piazza in cui si affaccia il Palazzo comunale - che ai lati offre un panorama romantico, quanto le Elegie amorose per Cynthia del genius loci Properzio. Poeta (47 a.C - 14 a.C.) i cui natali sono contesi con Assisi, così da riproporsi il confronto dell’ingresso al borgo. Sano campanilismo di una terra che alle porte della primavera odora già di boccioli freschi e profumati, altrettanto policromi come i petali che tappezzano le strade spellane per l’Infiorata del Corpus Domini. Lasciando la Villa dei Mosaici per riprendere la Flaminia, l’ultimo sguardo va alla collina di fratel Carlo Carretto che passeggiando per questi luoghi amava ripetere: «Che pace andare al di là delle cose».