Il poeta e traduttore italiano Vittorio Sermonti scomparso nel 2016
Perché Ovidio, perché Le metamorfosi ancora oggi, proprio oggi? Perché «viviamo un’epoca epocale», risponde squillante e allegra la voce ritrovata di Vittorio Sermonti. Il tono è quello di sempre, elegante senza affettazione. Così hanno imparato a conoscerlo gli ascoltatori radiofonici negli anni Ottanta, all’epoca della prima lettura commentata della Commedia dantesca. Impresa poi replicata dal vivo tra il 2006 e il 2007 e infine consegnata agli audiolibri con i quali lo scorso anno Emons ha avviato la pubblicazione dell’«opera in voce» di Sermonti. La traduzione delle Metamorfosi, ora resa disponibile nella lettura dello stesso Sermonti (Emons, due cd per quasi 19 ore di durata al costo di 19,90 euro: le tracce sono disponibili anche in download a un prezzo ridotto), rappresenta il coronamento di un’avventura irripetibile, condotta sul crinale sottilissimo fra erudizione e divulgazione, oltre che fra scrittura personale e omaggio ai classici.
«Nessun altro è mai riuscito a fare quello che ha fatto lui – osserva Ludovica Ripa di Meana –: fornire un’interpretazione organica e rigorosa non solo della Divina Commedia, ma anche degli altri due poemi afferenti al capolavoro di Dante, ossia l’Eneide e, appunto, Le metamorfosi ». Affermazione difficile da smentire. Morto nel 2016 all’età di 87 anni, dopo la lunga fedeltà a Dante sancita dalla collaborazione con Gianfranco Contini e Cesare Segre, l’infaticabile Sermonti aveva pubblicato nel 2007 la propria versione del canto epico di Virgilio e nel 2014 quella del «libro supremo» di Ovidio. «Forse non dovrei dirlo – soggiunge Ludovica Ripa di Meana – ma tutto nacque da un mio desiderio». A ben vedere, anche questa è una storia di amore coniugale, come altre che si affacciamo dal magmatico coacervo delle Metamorfosi (uno degli episodi prediletti da Sermonti era, non a caso, quello dell’unione appassionata tra Alcione e Ceice). Marito e moglie, Vittorio e Ludovica erano legati da una complicità culturale che sta alla base del progetto da cui è scaturita la realizzazione dell’«opera in voce», curata e diretta dalla stessa Ripa di Meana. «Un’estate eravamo in vacanza a Citera, Vittorio stava per compiere ottant’anni e mi sembrava preso da una strana tristezza – racconta –. Temeva che la parte più importante del suo lavoro andasse perduta. Si riferiva al fatto che i suoi libri erano stati scritti per essere letti, ma della sua voce purtroppo nulla sarebbe rimasto. “Allora continuiamo”, gli proposi».
Tra il 2009 e il 2010 i due passano mesi interi in uno studio di Milano per registrare e mettere a punto la versione in voce della Commedia, dell’Eneide e di SempreVerdi, narrazione dei più celebri libretti d’opera realizzata da Sermonti in occasione dell’anniversario verdiano del 2001. «Eravamo da poco tornati a Roma – prosegue Ludovica Ripa di Meana – quando Vittorio mi chiese: “E adesso che cosa vuoi che ti faccia?”. “ Le metamorfosi le faresti?”, replicai. Era il 29 aprile del 2010. Il 7 maggio Vittorio era già al lavoro, il 23 febbraio del 2012 la traduzione già finita. Registrammo tra giugno e luglio dello stesso anno». «Raffica di favole sull’ininterrotta, travolgente discontinuità della storia del mondo e delle nostre singole esistenze in costanza di identità», per Sermonti Le metamorfosi sono anzitutto «un dizionario mitologico dell’adolescenza», sul quale è particolarmente opportuno soffermarsi in un momento come l’attuale, contraddistinto da un susseguirsi disordinato e frastornante di trasformazioni.
«La modernizzazione, l’avvento delle tecnologie e l’economia globale rendono inevitabile la metamorfosi – ammette Ludovica Ripa di Meana –. Anche Vittorio ne era consapevole e non trascurava le conseguenze negative del fenomeno. Ma non si fermava qui. Dalla Commedia in poi, le sue interpretazioni (come auotre, traduttore, commentatore e lettore) si rivolgevano principalmente al ragazzo che era stato. Cercava di trovare le parole che avrebbe voluto ascoltare tanto tempo prima e che, in effetti, ogni giovane vorrebbe sentirsi rivolgere. Un impegno tanto più significativo nel caso delle Metamorfosi, che sono il canto del mondo nel pieno della sua gioventù». Negli anni che ci separano la traduzione di Sermonti, il poema di Ovidio sembra effettivamente essere entrato in una fase di riscoperta, come testimonia per esempio il successo della recente mostra romana alle Scuderie del Quirinale. «Una parte di questa riscoperta si deve senza dubbio alla tragicità del suo destino – osserva Ludovica Ripa di Meana –. Come sappiamo, Ovidio fu il cantore ufficiale dell’era di Augusto, ma l’imperatore lo mandò a morire in esilio, senza mai perdonarlo per il misterioso error di cui il poeta si era macchiato. La drammaticità di questa vicenda biografica non può mai essere separata dalla ricchezza strabiliante del sistema di favole custodito dalle Metamorfosi. In ciascun episodio del poema c’è qualcosa di originario, un nucleo cellulare dal quale scaturisce il senso del meraviglioso. È così fin dai primi versi, con la descrizione del caos primigenio che cede il passo alla bellezza della creazione. Ecco, penso che la bellezza sia la chiave del rinnovato interesse per Ovidio. In un momento come questo, nel quale ci sentiamo circondati da una volgarità dolorosa e terribile, la lettura delle Metamorfosi permette di immergersi ancora una volta nella bellezza e di uscirne rigenerati». Lo sapeva bene Dante, che all’opera di Ovidio si è rifatto a più riprese, in modo ora dichiarato, ora implicito.
«La Commedia condivide con Le metamorfosi e con l’Eneide la volontà di fornire una visione del mondo», conclude Ludovica Ripa di Meana. Per questo è un classico. Per questo non perde mai la voce.