Ansa
Proponiamo una sintesi di “La Verità che dobbiamo all’uomo è, anzi tutto, una verità sull’uomo stesso”, la lezione che il filosofo Vittorio Possenti ha tenuto il 16 novembre a Roma all’Angelicum, ispirata a una celebre frase di Giovanni Paolo II. Si tratta di uno degli incontri delle “JP2 Lectures”, iniziativa che a cadenza mensile affida a importanti studiosi da tutto il mondo lo sviluppo di significative tematiche legate alla figura e al magistero di papa Wojtyla. Le lezioni sono offerte dall‘Istituto di cultura San Giovanni Paolo II presso la facoltà di Filosofia della Pontificia università San Tommaso d’Aquino, l’Alma Mater romana di Karol Wojtyla. L'Istituto di cultura San Giovanni Paolo II è stato fondato nel 2020 da due Ong polacche, la Fondazione San Nicola e la Fondazione futura- iuventa, per guardare alle sfide che il mondo moderno e la Chiesa devono affrontare alla luce della vita e del pensiero di San Giovanni Paolo II. L’idea di “pensare con Giovanni Paolo II” si è concretizzata oltre che con le conferenze mensili della serie “JP2 Lectures”, anche con le “JP2 Studies”, un programma post-laurea dedicato allo sviluppo accademico dell’insegnamento su Giovanni Paolo II e di Giovanni Paolo II.
In base a una nozione adeguata di persona si deve procedere a un salutare ripensamento dell’antropocentrism o moderno, tanto spesso rapace e aggressivo verso l’altro e la natura. L’urgenza del problema ecologico rischia però spesso di saldarsi con la cancellazione della differenza antropologica tra uomo e animale (e pianta), all’insegna di Gaia, sfera universale della vita che tutto include. Se nel secolo scorso la questione della differenza ha dapprima dominato nella forma della differenza ontologica tra essere ed ente, a cui si è appellato costantemente Heidegger (senza trovare a mio parere un esito persuasivo), da tempo si avverte che la differenza antropologica tra persona e animale tende a sfumare o a essere negata. Un’ecologia amica della persona richiede la salvaguardia di tale differenza […]. Molto delicati appaiono i problemi del cosiddetto “matrimonio omosessuale o matrimonio egualitario”, del diritto al figlio, e del rischio che l’invalicabile centralità della categoria dell’essere figlio venga manipolata. Quanto sosterrò sembra far parte di quella verità sull’uomo da cui siamo partiti ed entro cui ci muoviamo. Lo sfondo culturale e spirituale vigente in Occidente è noto, e si individua in una concezione ipertrofica e libertaria dei “diritti civili” che lievitano continuamente, spinti da un liberal-libertismo che manifesta toni oltranzisti in questo ambito. Molte cose vengono fatte passare per diritti quando spesso altro non sono che mere pretese. Il pluralismo morale delle nostre società crea sempre nuovi dilemmi, acuiti dalla potenza manipolante della tecnica. L’assunto che esista un diritto indifferenziato al figlio, comunque ottenuto, e la questione del “matrimonio omosessuale o egualitario” sono strettamente connessi. Se consideriamo la categoria di figlio appare chiaramente che essa è la più universale e fondamentale dell’umano: tutti gli esseri umani sono figli, mentre non tutti sono padri e madri. Manipolare la categoria di figlio (e conseguentemente quelle di padre e madre) comporta conseguenze radicali sul concetto stesso di famiglia con padre, madre e figli da loro procreati. Non consta che sussista un diritto incondizionato al figlio, nonostante l’apprezzabile desiderio di averlo. Il figlio proviene da una procreazione-generazione in cui i genitori sono coinvolti in profondità, non da una produzione tecnica: generare non è produrre. La procreazione umana non può essere ridotta a produzione dell’oggetto-figlio. La biopolitica come politica sul corpo umano vivente manifesta il suo massimo potere nel momento dell’inizio della vita, in cui gli esseri umani non vengono più generati e concepiti, ma fatti (invece di genitus non factus vale il factus non genitus). Se l’uomo viene fabbricato dalla tecnica come un oggetto, può poi essere anche distrutto quando non funziona a dovere. L’uomo non è però un progetto della tecnica, né un prodotto di sé stesso, ma una creatura donata. Il compito più arduo dell’io personale è di accettarsi donato. Quanto al matrimonio omosessuale esso è presentato come un diritto civile, legalmente introdotto in 18 Stati europei. Mi domando con preoccupazione se anche l’Italia verrà ad aggiungersi a tali Stati. Nelle elezioni del 25 settembre scorso un grande partito aveva inserito nel suo programma l’introduzione di tale matrimonio. I tre ultimi Papi si sono espressi lungo circa 40 anni sul matrimonio omosessuale e la famiglia in termini convergenti ed espliciti. Adduco alcune loro espressioni. «Non può costituire una vera famiglia il legame di due uomini o di due donne, e ancor meno si può ad una tale unione attribuire il diritto all’adozione di figli privi di famiglia. A questi figli si reca un grave danno, poiché in questa “famiglia supplente” essi non trovano il padre e la madre, ma “due padri” oppure “due madri”». (Giovanni Paolo II, Angelus del 20 febbraio 1994). L’anno scorso il papa emerito Benedetto XVI ha toccato il tema nel volume La vera Europa. Identità e missione (Cantagalli 2021). Nel libro si parla non di distruzione dell’Europa tramite conflitti e guerra, ma dell’autodistruzione che l’Europa fa di sé stessa, negando le sue basi e smarrendo sempre più l’idea del rispetto di ogni vita umana. Ciò accade a partire dalla perdita della consapevolezza della sua sacralità, ossia a partire dall’offuscamento della coscienza che siamo creature di Dio. Purtroppo non si è ancora concretizzata “l’ecologia dell’uomo”. Anche questi possiede una “natura” che gli è stata data, e il violentarla o il negarla conduce all’autodistruzione. La creazione dell’uomo come maschio e femmina viene ignorata nel postulato del “matrimonio omosessuale”. In merito l’intervento più circostanziato di papa Francesco è nell’esortazione apostolica Amoris laetitia (19 aprile 2016), dopo i Sinodi sulla famiglia del 2014 e 2015: « Desideriamo ribadire che ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione ». Per questo si invita la Chiesa ad accompagnare gli omosessuali affinché «possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio». E si riafferma: « Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Tale concetto è stato ribadito molte volte. All’Associazione delle famiglie numerose (28 dicembre 2014) Francesco parla di «maternità e paternità come dono di Dio», sottolineando che l’accoglienza e il rispetto per gli omosessuali non possono intaccare la verità e la centralità della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Il significato sponsale del corpo umano, di cui dice Giovanni Paolo II, sparisce e il corpo dell’uomo e della donna è ricondotto a macchina neutra; viene meno il senso proprio della corporeità sessuata dell’uno e dell’altra. E il figlio? Nell’unione omosex maschile è ottenuto ricorrendo alla pratica dell’utero in affitto o maternità surrogata. Essa umilia la donna e fa del figlio un qualcuno a cui sarà negato il diritto fondamentale di conoscere le proprie origini. Anche da questo lato si conferma che la politica e la biopolitica che si vanno imponendo dovunque, sono centrate sul “principio-libertà” dell’individuo adulto invece che sul “principio-persona”: il secondo è più fondamentale e decisivo del primo.