Luchino Visconti nella trasposizione filmica (1963) dell’omonimo romanzo
Il gattopardo (1958) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa affida l’
incipit visivo, a delle bianche tende, gonfiate dal venticello, di due porte finestre di una villa settecentesca. La musica neoromantica di Nino Rota, che ha accompagnato i sinuosi movimenti di macchina intorno all’avita nobiliare dimora, sfuma gradualmente. Cresce, lenta ma decisa, a due cori, la recita del rosario proveniente dagli ambienti interni: «Nel secondo mistero doloroso meditiamo Gesù Cristo flagellato alla colonna». È, scopriremo, la voce di padre Pirrone. Il coro, in prevalenza composto da voci femminili, risponde. Nel taglio successivo la camera entra attraverso una finestra aperta. Donne e ragazzi in ginocchio. Una panoramica scopre anche due uomini, genuflessi, davanti a tutti: il principe don Fabrizio (Burt Lancaster) e padre Pirrone (Romolo Valli). Tutti rivolti verso un altarino della Madonna, a muro. Diversi astanti sgranano la corona del rosario, incluso il principe. Dopo pochi secondi delle voci agitate giungono dal giardino. La recita del rosario si interrompe. don Fabrizio, con un’occhiata decisa, ordina al pavido Padre Pirrone di continuare. La recita riprende. Il principe, nel rispondere, alza il tono, sovrastando il coro femminile: «Sancta Mater Deo ora pro nobis…». Lo spettatore ha un anticipo del forte carattere del Gattopardo. Nel cinema del muto i primi riferimenti alla preghiera del rosario sono affidati a chi potrebbe averlo recitato, attraverso la presenza di una corona, poi sovente “oggetto-attore”, come vedremo, anche nel cinema sonoro. In
Atlantide (1921) di Jacques Feyder (dall’omonimo romanzo di Pierre Benoît), per esempio, il capitano Mohrange, avventuratosi nel deserto dell’Hoggar, alla ricerca del famoso continente scomparso, indossa una grossa corona del rosario sulla divisa da ufficiale della Legione Straniera. Per gran parte del film lo spettatore crede sia un vezzo alla moda. Poi, eccone l’utilità. Mohrange, nel sottofinale, colpito a morte, con un martello, dal suo collega e amico, tenente Saint-Avit, drogato con una sigaretta e istigato dalla regina Antinèa, prima di morire prega rivolto alla corona, ora appesa alla nuda parete, citando il Vangelo: «Seignuer pardonnez-lui, comme …».In
Going My Way (
La mia via, 1944, miglior incasso del decennio e 7 Oscar) di Leo McCarey, padre Father Chuck O’Malley (Bing Crosby, nella versione italiana è padre Carlo Franco Pietro Bonelli), giovane prete, viene inviato dal suo vescovo a prestare servizio presso la parrocchia di Saint Dominic, in un quartiere popolare di New York. Deve “aiutare” Father Fitzgibbon (Barry Fitzgerald, nella versione doppiata è padre Filippo), anziano parroco che non riesce a gestire la parrocchia indebitata da ipoteche. Ebbene, nella scena d’apertura, padre Bonelli è presentato mentre giunge nel quartiere: nel chiedere informazioni su dove sia ubicata la chiesa a una donna alla finestra, non sa di imbattersi nella parrocchiana dalla lingua più lunga: per tagliare corto sulle insistenti domande della tizia si priva della sua splendida corona del rosario di legno, dai grossi grani, regalandogliela. Lo spettatore inquadra subito il carattere di padre Bonelli: delicato, dotato di senso dell’
humour e generoso sino all’inverosimile. Pierre Fresnay, dallo sguardo allucinato per tutto il film, è l’ex presbitero Maurice Morand, che si è autospretato per protesta contro la chiesa cattolica, durante la guerra:
Lo spretato (Léo Joannon, 1954). Tornato alla vita civile farà il docente universitario, continuando a scrivere libri contro l’ortodossia cattolica. Nella scena della morte della sua anziana madre, al cui capezzale corre per dovere, mantiene il suo atteggiamento bipolare e piuttosto demoniaco. Consola la donna addolorata per aver perso un figlio, e dopo la morte cerca «il suo grosso rosario d’ulivo, del Monte Carmelo» per metterlo nella bara. Appena trovata la corona nel cassettone, la stringe in mano, gli riempie tutto il pugno destro. Nel frattempo giunge in casa il prete della parrocchia per visitare la devota madre, ma Morand lo caccia a malo modo, spintonandolo fuori di casa, e agitando la mano con dentro la corona: «Assassini, voi [preti] l’avete uccisa!». Il cattolico Alfred Hitchcock, con studi dai Gesuiti, dedica un cameo al rosario in
Il ladro (1956). L’innocente musicista Manny Balestrero (Henry Fonda), finisce in prigione per uno scambio di persona. Durante il dibattimento prega mentalmente (almeno così intende lo spettatore) sgranando una corona del rosario, sotto il banco. Il regista dedica alla nera corona che scorre tre le dita due brevi inquadrature in primo piano, di forte impatto semantico.Gerard Depardieu è un prete combattuto tra l’imperativo evangelico e la lotta interiore contro il demonio:
Sotto il sole di satana (M. Pialat, 1987, dal teso romanzo di Georges Bernanos). Seppur spostato, dal vescovo, da una cittadina in un villaggio, a causa della sua irrazionale fede (ha portato una moribonda suicida – Sandrine Bonnaire – in chiesa, pensando che Dio potesse salvarla: la donna è morta), la sua fama di santo di Dio, comunque, si diffonde tra i contadini. Una mattina, chiamato al capezzale di un bambino morente (citazione dal Vangelo), in un altro paese, sta partendo su una carrozza: le donne del villaggio, credendo lasci la parrocchia, lo circondano e, mostrando le braccia tese verso di lui con le corone del rosario in mano, lo pregano di restare. Giunto davanti alla salma del ragazzo, gli toglie lentamente la corona del rosario intrecciata alle manine congiunte, la pone delicatamente vicino al guanciale. Prende il piccolo e lo solleva in alto, chiedendo a Dio la vita (chiaro omaggio a Ordet di Dreyer). Il bambino torna a vivere tra le grida di gioia della madre.Naturalmente, nella storia del cinema la recita del rosario ricopre un ruolo centrale nei film religiosi, sia quelli dedicati ai santi che alle apparizioni della Madonna. Ricordiamone uno per tutti:
Bernadette (1943 di Henry King). Nella prima apparizione la Vergine (Linda Darnell) mostra alla ragazza (Jennifer Jones) un’ampia corona del rosario, bianca, di cristallo, che fa scorrere tra le mani. Bernadette, in controcampo, in un primo piano dal contrastato bianco/nero, estrae la corona dalla tasca della sua umile veste e traccia lentamente, guardando in avanti verso la Madonna, il segno della croce. Lo spettatore immagina la Vergine mentre da buona pedagoga insegna all’analfabeta ragazza come pregare con la corona. Generazioni di spettatori faranno tesoro di questa immagine filmica.