giovedì 8 gennaio 2009
L’11 gennaio 1999 moriva il grande cantautore. La vedova: «Sono contenta che l’Italia lo ami ancora così tanto. Vorrei accadesse la stessa cosa anche ad altri artisti unici come Fellini, Modugno, Bindi e Ciampi».
COMMENTA E CONDIVIDI
«Milano, 11 gennaio 1999. Nel cuore della notte Fabrizio De André se ne parte per gli spazi profumati dell’eternità». L’ultima frase della lunga cronologia adottata della mostra genovese sull’autore di Anime salve mette il punto tra due nostalgie; quella per ciò che è stato e quella per ciò che avrebbe potuto essere. Ma Dori Ghezzi vive il tempo con un altro stato d’animo, riconoscendogli il gran merito di accendere continuamente nuove luci sulla produzione musicale e letteraria del marito per mostrarcela in prospettiva. Dori, questi dieci anni cosa si sono portati via e cosa hanno lasciato del ricordo di De André? Ci hanno offerto innanzitutto la possibilità di capire. I libri, i documentari, le trasmissioni televisive, le reinterpretazioni, i tributi, hanno sviluppato il pensiero di Fabrizio molto più di quanto non fossero riusciti al tempo i suoi dischi e i suoi concerti facendoci toccare con mano la profondità di quel mondo che si portava dentro.Ma dieci anni avranno pur lasciato indietro qualcosa.Vorrei tanto che certi suoi testi avessero perso d’attualità. E invece sono ancora lì a farci riflettere su questi nostri tempi difficili. A volte l’eredità che Fabrizio ci ha lasciato con le sue canzoni mi sembra davvero troppo pesante da sostenere, ma poi mi accorgo che il suo ricordo ha spalle larghe, solide, e mi rincuoro.C’è una canzone in particolare che vorrebbe non più sentirsi addosso?Vorrei tanto che un nobile velo di anacronismo calasse su Sidùn, ma purtroppo in Medio Oriente la disperazione della madre che stringe tra le mani il corpo senza vita del figlio martoriato dai cingoli del carro armato è ancora di grande attualità. Anche se la piccola morte a cui accenna la canzone è usata come metafora per parlare dell’oppressione civile e culturale di un paese come il Libano, la Fenicia, che è stata uno dei più grandi bacini di civiltà del Mediterraneo.Pietà, rispetto, commiserazione. Faber era un uomo che guardava in alto.Non a caso alla fine degli anni Sessanta mentre molti reagivano alla cupezza dei tempi calandosi il passamontagna, Fabrizio scrisse La buona novella, un album ispirato ai vangeli apocrifi.L’opera portata avanti sull’eredità di gente come De André o Gaber può servire ad una riscoperta del nostro patrimonio culturale?Spero proprio di sì perché ci sono tante altre belle teste italiane andrebbero riconsegnate al futuro. Basta pensare a gente come Modugno, Fellini, Bindi, Ciampi. Mi piace pensare, ad esempio, che il lavoro portato avanti della nostra Fondazione sull’opera di Fabrizio possa in qualche modo aver aiutato, ad esempio, la riscoperta di un altro straordinario artista, anche se completamente diverso da lui, come Rino Gaetano.Che progetti ha per il futuro?Fra le idee di cui discutiamo in Fondazione c’è quella di riunire in un unico grande concerto le tante band specializzate nella rilettura del repertorio di De Andrè, ma pure l’organizzazione di un omaggio con ospitai italiani ed internazionali.A proposito, pure Wim Wenders sta pensando di organizzare a New York un concertone per De André.Ne abbiamo parlato e penso che sarebbe bellissimo. Anche perché il regista tedesco vorrebbe affidare la direzione artistica dello show al produttore Hal Willner, uno che in passato ha fatto cose straordinarie in questo campo. Wenders non mi ha fatto nomi, ma il suo mondo è quello dei Lou Reed, dei Leonard Cohen, delle Patti Smith, dei Ry Cooder, dei David Byrne ed è possibile che stia pensando di pescare proprio lì.Fra i tanti, a chi affiderebbe volentieri un pezzo di De André?Thom Yorke dei Radiohead. Per vedere l’effetto che fa.Spesso e volentieri Fabrizio viene raccontato come un artista «politico». Come avrebbe cantato questi tempi?Siccome era "politico" ma non "militante", avrebbe fatto un album sull’amore. Ci avrebbe indicato la strada, come fece ai tempi della Buona Novella, per dirci che il futuro del mondo sta nella riscoperta dei sentimenti e dei valori veri.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: