Si può diagnosticare la presenza di una patologia psicologica, anche se non conclamata, attraverso lo studio della scrittura? La risposta è sì. E come spiega la grafologa Lidia Fogarolo, in alcuni casi «la scrittura appare segnata da specifici segni grafologici con una tale evidenza che trasmette immediatamente la sofferenza dovuta a uno squilibrio di cui quel segno è la manifestazione grafica». Quel segno, nei fatti, è una sorta di «luce che lampeggia per attirare su di sé l’attenzione». Insomma, «sta segnalando vistosamente » che «qualcosa nella su vita psichica è andato fuori controllo» e lui ha perduto ogni capacità di riequilibrare la situazione. Comincia da questa annotazione la nuova fatica libraria di Lidia Fogarolo, una psicologa che ha fatto della grafologia il suo strumento principe per lo studio di personalità. Una professionista molto apprezzata e che nel panorama grafologico nazionale può ben considerarsi anche una divulgatrice di straordinaria efficacia: l’unica, per quello che abbiamo potuto vedere, che nei fatti è capace di produrre testi di studio, su una materia così complessa, capaci di appassionare anche i profani, che in essi possono muoversi, pur con notevole impegno, nella consapevolezza di imparare qualcosa di 'scientificamente' rilevante.
Fogarolo, docente di Grafologia applicata alle dinamiche interpersonali e consulente di tribunale, è una delle maggiori esperte del metodo morettiano, che lei considera un sistema di analisi grafologica «che non ha uguali nel mondo». Il suo ultimo libro Grafologia e psichiatria. I segni del disagio e della sofferenza psichica nella scrittura (pagine 290, euro 25) è pubblicato dalle Edizioni Messaggero Padova, casa editrice per la quale scrive testi specialistici sulla materia dal 2011, compreso un Manuale di grafologia morettiana (2012). Interessanti anche alcuni titoli editi da Graphe.it, come: Grafologia e sessualità (2015) e Storie di serial killer (2017). Il metodo morettiano prende il nome dal suo ideatore, il frate francescano Girolamo Moretti (da qui l’interessamento delle EMP), nato a Recanati nel 1879 e morto ad Ancona nel 1963, capace di spingere lo studio del segno grafico fino al punto di leggervi, non solo ogni aspetto della personalità del suo autore, ma anche i suoi problemi posturali, fisici e persino i suoi tratti somatici essenziali.
La sua intuizione di fondo nasce dalla comprensione che il gesto della scrittura sia il frutto di apporti energetici che si manifestano nel segno grafico, nell’interazione fra i vari segni e nella loro disposizione sul foglio, in maniera diversa e assolutamente unica per ogni individuo (personalità) e per ogni stato psicologico che in lui si manifesta al momento dello scrivere. Tutto questo si traduce in una ottantina di segni grafologici codificati, con una enorme quantità di sfumature e interazioni, che fanno della grafologia una materia complessa e difficile da padroneggiare (Fogarolo lo spiega bene raccontando la sua esperienza pluridecennale), ma al tempo stesso dotata di una efficacia straordinaria nell’identificare le multiformi varianti della psiche umana e dei suoi disagi esistenziali. Nel volume, dicevamo, Lidia Fogarolo spiega come tutto questo possa aiutare a individuare e interpretare i disagi psicologici e psichiatrici. Allo stesso tempo illustra come il metodo sia in grado di stabilire quale sia l’impatto sul paziente della terapia che sta svolgendo.
Secondo l’autrice la grafologia (applicata da autentici esperti) può essere uno strumento diagnostico essenziale e decisivo, per esempio, in tutte quelle situazioni collegate a forme di sofferenza psichica che difficilmente il paziente può rendere palesi attraverso il tradizionale metodo del colloquio, o perché impossibilitato a usare parole, perché incapace di guardare all’interno di se stesso o, ancora, perché fermamente deciso a non svelarsi. Un ragionamento che nel libro viene portato scientificamente a compimento attraverso l’analisi di decine di scritture abbinate ad altrettanti casi psichiatrici studiati in collaborazione con due centri terapeutici del Nord Italia che per una questione di tutela della privacy dei pazienti non vengono rivelati. Si tratta di una unità operativa ospedaliera definita Servizio psichiatrico di diagnosi e cura e di una Comunità terapeutica riabilitativa protetta. A queste scritture, classificate in funzione delle pulsioni interiori, delle sindromi e delle malattie diagnosticate, l’autrice affianca le scritture di numerosi personaggi noti del XIX e del XX secolo: artisti, politici, serial killer, scrittori, attori. Tutte persone conosciute anche per le loro dipendenze e i problemi psicologici.
I nomi sono tantissimi. Si va da Arturo Toscanini ad Anna Frank, da Virginia Woolf a Emily Brontë, dal campione di scacchi Bobby Fischer al drammaturgo Dylan Thomas, da Stephen King a Ernest Heminguay, da Charles Darwin a Emily Dickinson e via dicendo fino a Jakson Pollock, Francis Scott Fitzgerald, Truman Capote, il matematico John Nash... E nel leggere dei loro disturbi e delle loro personalità ci si può anche sentire toccati nel vedere come può cambiare la scrittura di un artista introverso come Elvis nel corso della vita, dal giovane talento di grandi speranze nel 1958, all’uomo provato dalla pressione del successo e dai troppi farmaci del 1970. Così come ci si può commuovere nel leggere, attraverso le sue scritture, della sindrome da disturbo bipolare di una estroversa e intelligente attrice come Vivien Leigh (interessante la scrittura che attesta lo scompiglio psicologico generato in lei dall’interpretazione di Blanche Di Bois in Un tram chiamato desiderio, al punto da venire come lei ricoverata in un ospedale psichiatrico), donna dalla turbolenta vita sentimentale eppure capace di confrontarsi davvero col solo Laurence Olivier, come lei caratterizzato da intelligenza e penetrazione psicologica, ma calmo e non segnato dai suoi eccessi.
Le nuove frontiere della grafologia: si può diagnosticare la presenza di una patologia, anche non conclamata, attraverso lo studio della scrittura I nuovi studi di Lidia Fogarolo
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