Dominik Paris, 34 anni, vittorioso sulla pista della Saslong in Val Gardena - ANSA
Nello sport, come nella vita, la speranza è l'ultima a morire. Mai mollare, mai abbandonare il campo, anche se l'età avanza, gli acciacchi si fanno sentire e i rivali di una vita (Jansrud, Mayer e Feuz) hanno appeso gli sci al chiodo. Eppure per scommettere sulla vittoria di Dominik Paris nella discesa della Val Gardena occorreva disporre anche di tanta fede, perchè lo sciatore altoatesino non calpestava il gradino piu alto da ben ventuno mesi, e soprattutto mai era riuscito a domare il pendio tra Selva e Santa Cristina. Dopo quindici tentativi andati a vuoto il gigante della Val d'Ultimo ha estratto il coniglio dal cilindro quando la maggioranza degli addetti ai lavori lo aveva già scaricato e posizionato sul viale del tramonto. Di colpo, dopo una stagione davvero molto deludente, l'attenzione sugli uomini jet azzurri era svanita, mentre tutti i discorsi si erano concentrati sulla valanga rosa. Così era normale che ieri ci si attendesse il capolavoro di Sofia Goggia in Val d'Isere o un altro exploit di Federica Brignone anche in Savoia. Nulla di tutto ciò, perchè nella discesa transalpina vinta dall'iridata svizzera Jasmine Flury la bergamasca è stata quarta e la valdostana ottava.
L'urlo col quale Domme ha squarciato la quiete del parterre verrà inciso nelle clip promozionali della Coppa del mondo, allo stesso modo in cui la voce del cantante dei Rise of Voltage finisce negli album del gruppo. Sciatore per mestiere, musicista per passione. Amante della neve veloce e del rock pesante. Uno scavezzacollo diventato placido dopo l'unione con Kristina che gli ha regalato Niko e Lio. Un papà felice che a 34 anni otto mesi e due giorni è ancora disposto a sacrificarsi per dimostrare di essere sempre un campione.Non poteva abbandonare il circo bianco senza domare almeno una volta la Saslong, che a 22 anni dalla magia di Kristian Ghedina torna a tingersi d'azzurro. “É stata una vittoria che vuol dire veramente tanto. Ho sempre fatto fatica su questa pista, anche stavolta ho commesso degli errori, tuttavia ho cercato di sciare in maniera morbida, cosa che non mi riusciva da tanto tempo". Tre i punti chiave: l'ingresso nelle Gobbe del Cammello, l'approccio ai prati del Ciaslat e il pezzo finale, dove ha toccato la massima velocità della giornata, 122 chilometri orari. Più rapido di un'auto in tangenziale per tuffarsi sullo striscione d'arrivo e realizzare di aver affibbiato ben 44 centesimi di distacco al vichingo Kilde. "La giornata di prova e la discesa di giovedì mi hanno dato abbastanza fiducia, ho capito che avevo del buon margine. Negli ultimi anni volevo strafare su questa pista, stavolta ho provato a essere sciolto, portare la velocità, fare la differenza sui salti che qui sono molto lunghi e alla fine il crono (unico sotto i 2 minuti, ndr) è stata un po’ una sorpresa anche per me".
Con 18 vittorie in libera, Paris eguaglia Eberharter al terzo posto dei discesisti più vincenti di sempre. Davanti a lui ci sono solo Franz Klammer (25) e Peter Müller (19). "Voglio condividere questa vittoria con tutta la squadra, l’anno scorso ho tribolato tanto e perso le mie certezze, iniziare così la stagione significa che i pensieri di questi mesi sono stati quelli corretti, e le decisioni prese con il mio staff vanno nella giusta direzione”. La chiave di tutto è stato l'adattamento della preparazione a un fisico non più giovanile e l'affiancamento come allenatore dedicato di Alberto Ghidoni. Al resto ha pensato il gigante buono, sempre col sorriso in bocca, perchè come ha ribadito dopo la premiazione "l'importante nella vita è divertirsi". Così anche quest'anno dopo il cenone della vigilia in famiglia, partirà la mattima di Natale alla volta di Bormio, dove lo attende la sua pista preferita. Proprio ai piedi dello Stelvio dove nel 2026 si assegneranno i titoli olimpici. Quel giorno lo sfegatato tifoso milanista avrà quasi 37 anni, ma se ancora scierà come in Gardena di sicuro di sarà. Per il momento, sfatato il tabù della Saslong, non gli resta che una sola pista da addomesticare, il Lauberhorn di Wengen, per completare la collezione di successi nelle discese storiche: "Un passo alla volta, prima c'è Bormio". Al discesista rockettaro è tornato l'appetito. L'heavy metal come antipasto per la gloria sulla neve. Sci o microfono non fa differenza: in entrambi i contesti occorre sfoderare l'acuto giusto.