Un successo differente rispetto al passato quello degli azzurri del rugby contro la Francia. Una squadra che ha fatto tesoro di tanti errori e finalmente ha imparato a vincere, grazie anche a una mentalità nuova portata dal ct Brunel. Una importante convinzione delle proprie capacità è ciò che rimane il giorno dopo una storica vittoria per 23 a 18 che non è passata inosservata neppure oltralpe dove la stampa, con l’Equipe in testa, schiaffeggia i francesi («Che sberla») e osanna gli azzurri («La squadra è cresciuta e questo grazie a Brunel»). È la verità, l’Italia per la prima volta ha dimostrato di essere completa in ogni reparto, 80 minuti giocati con determinazione e un solo obiettivo: vincere. Una affermazione nella sostanza, concreta, nel segno di quanto il ct Brunel, un francese guarda caso, ha insegnato ai suoi uomini: semplicità e chiarezza per ogni azione, per ogni ruolo. Tre mesi fa siamo caduti in piedi con gli All Blacks, abbiamo sfiorato il colpaccio con gli australiani e, ora, affrontiamo tutti a viso aperto. Un uomo serio il ct, ha fatto quello che disse di voler fare quando si insediò sulla panchina azzurra: dare equilibrio a una squadra troppo impostata solo sulla mischia e sulla difesa con zero idee in attacco. Davanti ai 60mila dell’Olimpico si è visto un gruppo che sa gestire l’incontro, che segna mete e dimentica la sterilità di marcature fin troppo evidente sotto la gestione precedente. Sono arrivati tanti punti al piede, abbiamo dato aria alla mischia che ha fatto un importante lavoro dimostrando forza, qualità, predominio senza crollare nei minuti finali. Brunel non è solo un allenatore, è uno psicologo del moderno giocatore di rugby e lo ha dimostrato con Luciano Orquera, il mediano di apertura premiato come migliore in campo. Orquera ha 31 anni, non è giovane, ma mai aveva convinto così, e se c’è riuscito adesso è solo perché ha sentito una fiducia incondizionata. Orquera ha giocato tanto in Francia, ora è a Parma alle Zebre, franchigia che gioca, come Treviso, in Celtic League, il campionato internazionale. Lo conferma anche il terza linea Simone Favaro, titolare a poco più di vent’anni: «Più che la condizione fisica è l’abitudine e la confidenza a giocare certe partite. La Celtic League è stata fondamentale». C’è un legame forte tra Italia e Francia, Parisse gioca a Parigi, Castrogiovanni sta per firmare con Tolone, il nostro ct è francese, e l’Equipe ora ci elogia: «Gli italiani sono stati offensivi e ambiziosi, hanno preso dei rischi, sono andati a cercare i Bleus e li hanno dominati negli scontri, nel possesso, nell’occupazione e negli spostamenti». È un risultato frutto di tante onorevoli sconfitte, di dubbie vittorie, di successi sfumati, di forti delusioni. Un punto di arrivo che deve essere un punto di svolta per ottenere, finalmente, i quarti di finale al Mondiale 2015 che resta il vero obiettivo. Sabato ci aspetta la Scozia, vada come vada, tanto ora sappiamo che la strada è quella giusta. In squadra tanti giovani come Venditti, Favaro, Benvenuti frutto delle accademie federali che funzionano a pieno regime. La continuità è ciò che più serve, non si può più tornare indietro.