Non l’hanno mai amato, perché come nella Savana gli animali si annusano e si riconosco. Riccardo Riccò è sempre stato ritenuto uno fuori dal coro, uno troppo “border-line”. Spaccone, esuberante, strafottente a tal punto da prendere in giro i colleghi in piena corsa con frasi del tipo: «Ma dove credi di andare? Quando voglio ti vengo a prendere con una gamba sola e ti lascio lì sul posto». Quando fu trovato positivo al Tour del 2008 furono in molti a tirare un sospiro di sollievo. Quando un anno fa era prossimo a tornare dopo 20 mesi di squalifica sono stati in parecchi a gridare il loro disappunto. «Il ritorno di Riccò? A essere onesti, penso che quando lo rivedrò non sarà facile vincere la tentazione di scendere dalla bici e picchiarlo», questo il commento di Mark Cavendish, il velocista più forte del mondo. Non meno tenero Marco Pinotti, 35 anni il prossimo 25 febbraio, di cui tredici trascorsi da corridore professionista. Per lui cinque titoli italiani della cronometro, un quinto posto ai mondiali di Mendrisio e un buonissimo 9° posto nella classifica generale del Giro d’Italia di un anno fa. «Sentire che il Cobra (il soprannome di Riccò, ndr) ha imparato la lezione e sogna di correre il Giro, mi fa vomitare. Ha avuto una seconda chance, ma non ha mai chiesto scusa a noi corridori e soprattutto alla gente che è stata tradita. Ho paura che Riccò non abbia capito e prima o poi ci ricaschi», parole riportate da
La Gazzetta dello Sport del 14 gennaio di un anno fa.
Parole profetiche, Pinotti?«C’è poco da stare allegri spiega il bergamasco di Osio Sotto, che ha anche una laurea in ingegneria nel cassetto -. Questa vicenda ci ha messo tutti Ko. Il ciclismo è come un pugile suonato che fatica a rimanere in piedi. Sono stato profetico perché ho sempre diffidato di uno come Riccò, anche se io sono molto più arrabbiato con chi si ostina a dare fiducia a certi corridori. Questi sono tutti pentiti di comodo, io non ci credo più e chiedo a gran voce la radiazione: chi sbaglia, cambi mestiere».
Nessuna seconda chance quindi?«Nessuna, la misura e colma e tutti stiamo pagando un prezzo troppo alto».
Mi perdoni Pinotti, per quale ragione io e i lettori dovremmo credere a lei?«Bella domanda. Le rispondo così: non ho nessunissima ragione per essere creduto, ma io sono pronto a farmi rivoltare come un calzino. Il mio passaporto biologico è lì da vedere, la mia storia la conoscono tutti, quella di Riccò era già bacata quando correva da ragazzino. La sua storia è quella di un corridore che non ha nessuno scrupolo. C’è una differenza enorme».
Di Luca è appena tornato dopo una squalifica per doping, Rebellin tornerà ad aprile: lei quindi è contro i loro ritorni?«Assolutamente sì. Siamo in uno stato di emergenza e in certe situazioni bisogna agire di conseguenza. Se si vuole salvare questo sport è necessario usare misure forti e impopolari, altrimenti saranno gli sportivi e gli sponsor a scegliere. Mi creda, io oggi ho vergogna a dire che sono un corridore professionista».
Corre da anni per una squadra americana, la Htc.«E mi ci trovo benissimo, hanno una cultura diversa, che non è quella del risultato a tutti i costi. Sanno che io sono un buon corridore, e da me non pretendono la luna».
Ma Riccò davvero è il peggio del peggio?«Sì. Mi creda, sui corridori, dopo le dimostrazioni che in questi anni abbiamo dato non c’è da mettere la mano sul fuoco per nessuno, ma lui in materia è un fuoriclasse».
In tanti però sono tornati alle corse dopo aver sbagliato, come Basso, Scarponi e via elencando: non crediamo neanche a loro?«Mi piacerebbe credere, ma non ce la faccio proprio».
Insisto: perché dovremmo credere a lei?«Perché la mia storia fino ad oggi è di un certo tipo. Perché io faccio e arrivo fin dove posso: non sono un fenomeno. Ma avete anche tutto il diritto di non credermi, perché noi corridori ci siamo cacciati in questa orribile situazione e abbiamo il dovere, noi per primi, di fare pulizia e chiarezza per il nostro bene».
Ma il 2010 per il ciclismo italiano è stato finalmente buono, più sereno, senza scandali.«È vero, infatti credo che il ciclismo italiano e quello mondiale sia molto più credibile. Abbiamo fatto passi da gigante verso un rigore che fino a qualche anno fa era impensabile. Ma Riccò ci ha rimesso davanti ai nostri peccati. Ci ha ributtato davanti al nostro passato. Grazie a lui sembra che il ciclismo non si sia mai mosso dal cono d’ombra nel quale era finito. Per questa ragione sono arrabbiato. Lo sono per lui, ma soprattutto per chi si ostina a investire soldi su corridori bruciati, che non hanno più nulla da dare al nostro sport se non grattacapi».
Cosa, di tutte queste storie, non riesce proprio a digerire?«Che Riccò, grazie alle sue bravate, abbia messo in mezzo alla strada direttori sportivi (Pietro e Matteo Algeri, per fare due nomi), meccanici, massaggiatori e famiglie intere. Lo sponsor per colpa sua è uscito dal ciclismo (Saunier Duval, ndr) e lui invece è sempre qui. C’è qualcosa che non torna».
Cosa si augura?«Che gente come Riccò cambi mestiere, che vada a fare l’imbianchino, anche se so perfettamente che questo non accadrà. Lo sa perché?».
Perché?«Perché dal ciclismo professionistico finalmente uscirà, ma sarà ingaggiato da squadre di amatori e lo porteranno come una star a fare il fenomeno nelle gran fondo. Mi sembra già di vederlo: Riccò che batte con una gamba sola il ciclista della domenica, il signor Rossi di turno. E non mi riferisco a Enrico, suo cognato».— A sinistra, Marco Pinotti impegnato in una gara a cronometro con la maglia tricolore della disciplina che indossa da ben quattro anni Sopra, Riccardo Riccò il ciclista modenese ricoverato da una settimana in ospedale a causa di un blocco renale conseguente ad una autoemotrasfusione “casereccia”».