domenica 4 aprile 2021
Lo storico francese David Hamidovic studia il ruolo e l’immagine di queste creature celesti fra teologia e antropologia. Sono loro i messaggeri, quel filo rosso che può tenere assieme i monoteismi?
Guariento di Arpo, “Angelo che tiene alla catena un diavolo” (particolare, metà XIV secolo - Padova, Musei Civici)

Guariento di Arpo, “Angelo che tiene alla catena un diavolo” (particolare, metà XIV secolo - Padova, Musei Civici) - .

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Luminosi, alati, potenti, buoni (quasi sempre), inviati da Dio. Gli angeli, nella storia e nell’immaginario delle religioni mediterranee, costituiscono una presenza radicata da quattro millenni, ma la loro fisionomia è stata tutt’altro che stabile o scontata. Elaborate dalle culture mesopotamiche e dalle civiltà della mezzaluna fertile, le creature angeliche hanno dovuto compiere un lungo percorso per affrancarsi, nella percezione degli uomini, da un panorama affollato da molte divinità ed esseri che, come loro, ne trasmettevano i voleri o ne mediavano la forza. L’emergere dei monoteismi, dall’ebraismo al cristianesimo e, infine, l’islam, ha complicato ulteriormente la 'vita' degli angeli, il cui ruolo necessitava di essere precisato per evitare di ricadere in forme di politeismo che le Scritture contrastavano a favore di un Dio vero e unico. Come si è dunque arrivati a capire chi erano gli angeli? E come oggi cristiani, ebrei e musulmani concepiscono queste creature, in bilico tra cielo e terra? A tutte queste domande dà risposta un saggio di David Hamidovic, storico francese, esperto di giudaismo antico, recentemente tradotto in italiano: L’insostenibile divinità degli angeli (Queriniana, pagine 328, euro 35).

Per la prima volta, scrive l’autore nella sua introduzione, si cerca di dare una lettura complessiva e di lungo periodo nell’itinerario che, dai millenni passati sino al Medioevo, ha portato a conferire un profilo preciso a questi messaggeri divini. Il testo accompagna il lettore in un viaggio nelle culture antiche, in sistemi di pensiero e religiosi ormai sepolti nelle nebbie della storia, con un’archeologia intellettuale capace di mettere in luce le continuità profonde nella storia dell’umanità. Hamidovic individua quattro grandi stagioni nel discorso sugli angeli: all’inizio, in un periodo antecedente al primo millennio avanti Cristo, gli esseri in cui si possono scorgere i tratti di quelli che saranno gli angeli si configurano come dèi minori, il cui ruolo è fare da tramite tra gli dèi principali. In questa cornice, a risultare rilevante non è la relazione tra cielo e terra, ma un rapporto, tutto celeste, tra divinità più importanti e divinità inferiori.

È solo nel millennio seguente che l’affiorare di una tensione verso sistemi monoteisti porta a un’evoluzione del quadro: nelle società antiche, si impone l’idea di un Dio superiore a tutti gli altri dèi, un monoteismo ancora molto imperfetto e larvale, ma che cambia radicalmente lo scenario. Nell’Antico Testamento e nella tradizione ebraica, che accelera lo sforzo di codificare l’unicità di Dio, gli angeli appaiono come funzionari di Yahweh, suoi emissari, con il ruolo sempre più evidente di mediare la potenza di Dio a vantaggio dell’umanità. Nel nome dato all’angelo si cela il tipo di delega che Dio ha affidato al suo messaggero, ormai proteso e rivolto al mondo degli uomini, a cui parla e si indirizza. Vi è poi una terza stagione, a ridosso dell’era cristiana, un’epoca di forti sconvolgimenti nel giudaismo. Gli uomini cercano vie di accesso e di comunicazione con Dio e gli angeli appaiono il canale più adatto per raggiungerlo. I loro tratti si differenziano sempre di più da quelli degli esseri umani, il loro numero aumenta e vengono attribuiti loro dei nomi. Ci si sforza inoltre di stabilire la loro gerarchia, dando un ordine alle schiere angeliche.

Questa esigenza caratterizza l’ultima stagione descritta da Hamidovic, con la necessità, nel primo millennio dell’era cristiana, di 'catalogare' gli angeli e di regolamentarne l’invocazione. L’ebraismo tenta di evitare derive pericolose in cui gli angeli sono oggetto di culto, mentre il cristianesimo nascente plasma l’angelologia, per precisare la dottrina sugli angeli e definire il corretto rapporto tra gli angeli e Cristo. Simili discussioni filtrano, alcuni secoli dopo l’avvento di Gesù, anche nell’islam, che riserva un ruolo di peso all’arcangelo Gabriele. E sono forse gli angeli, afferma Hamidovic in conclusione, a costituire ancora oggi un filo rosso che tiene assieme le tre grandi religioni monoteiste: un’occasione per ritrovare spunti di dialogo e di collaborazione che, grazie agli esseri celesti, renda il mondo un luogo più unito.

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