La Curva dello stadio Bauer intitolata a Rino Della Negra, partigiano di origini italiane.
Quando il Lione di Rudi Garcia entrerà in campo per gli ottavi di finale di Coppa di Francia, prima del calcio d’inizio i padroni di casa del Red Star FC potranno prendersi qualche secondo per fissare l’immagine nella propria mente, chiudere gli occhi e sognare. Non tanto per la speranza di battere un avversario che milita due categorie più su, in Ligue 1, ed è presenza fissa del calcio continentale, oltre a vantare oggi giocatori del calibro di Depay o Paquetá. Il club più antico di Parigi si è tolto lo sfizio di ribaltare i pronostici già nel turno precedente, quando ha rimontato e sconfitto il Lens, anch’esso nella massima divisone francese, negli ultimi minuti per conquistarsi una nuova serata di gloria, nella quale però il pensiero andrà, più che al match in sé, ad un futuro che comincia finalmente a delinearsi, ispirato a quei valori di autenticità e inclusione che da sempre accompagnano il Red Star e rappresentano la stella polare da seguire. Red Star-Lione si giocherà al Bauer, lo stadio che ospita le partite della squadra parigina dal 1909, quando il club, costretto a trovarsi una nuova casa, scelse un terreno non ancora edificato, incastonato tra fabbriche e jardins ouvriers (i giardini operai che ispirarono il concetto degli attuali orti sociali) nel comune di Saint-Ouen-sur-Seine, periferia nord della capitale. Dietro la fondazione della società, nata come polisportiva nel 1897, c’era il futuro presidente della Fifa Jules Rimet, il primo a concretizzare l’idea di una coppa del mondo di calcio. Non ancora trentenne, Rimet creò insieme al fratello e ad altri soci il Red Star Club, rivolto in primis proprio agli operai e ai giovani provenienti da famiglie povere, in nome dei valori umanistici dei fondatori e dell’idea che lo sport, fino a quel momento quasi un’esclusiva dei privilegiati, potesse aiutare a veicolare benessere e amicizia. In un quartiere a forte connotazione popolare, la presa del Red Star fu pressoché immediata, anche grazie allo stadio locale, divenuto mezzo di espressione del legame tra squadra e abitanti di Saint-Ouen.
Per coltivarlo ancora oggi, tra le altre cose, la società ha avviato il Red Star Lab, un progetto che coinvolge i giocatori più giovani in attività sociali e culturali, rendendo giustizia al proprio motto: «plus que du foot», più che solo calcio. Nel tempo, la costruzione delle tribune, l’acquisto da parte del comune e l’installazione dell’impianto di illuminazione non hanno mutato la natura del Bauer, sempre aperto sulla città che lo circonda. Se per anni gli operai si sono aggrappati alle finestre della fabbrica adiacente per sbirciare ciò che accadeva sul rettangolo verde, dal 1975 la costruzione di un palazzo dietro una delle due porte permette ad alcuni residenti – e ai loro ospiti – di assistere alle partite anche da casa propria. C’è poi la questione del nome: inizialmente chiamato in via ufficiale “Stade de Paris”, l’impianto con il tempo viene intitolato a Jean-Claude Bauer, medico antifascista ucciso dai nazisti nel 1942. Altro nome della resistenza legato al Red Star è quello di Rino Della Negra, partigiano di origini italiane con un passato da calciatore non professionista a Saint-Ouen, che prima della condanna a morte chiese al fratello in una lettera di mandare un ultimo saluto al Red Star. A ricordarlo ancora oggi ci sono una tribuna del Bauer che porta il suo nome e, da poco, anche una via. Oltre all’innegabile fascino, però, il Bauer si è portato con sé diversi problemi legati alla carta d’identità: oggi è uno stadio vecchio, da soli 3mila posti e inadeguato ad ospitare le gare al di sopra della terza serie calcistica francese (National), dove il Red Star si trova at-tualmente. Tuttavia, tra le ambizioni del produttore cinematografico Patrice Haddad, che ha rilevato il club nel 2008, c’è anche quella di guardare al futuro e dare alla squadra una casa che sia tanto autentica quanto al passo coi tempi. Scartata l’ipotesi di un nuovo impianto, l’idea di ristrutturare il Bauer si è fatta largo da diversi anni, seppur frenata da intoppi di varia natura. In questi primi mesi del 2021, però, è arrivata la svolta: il comune di Saint-Ouen ha dato il via libera alla cessione dello stadio al gruppo Réalités, che potrà investire i 25 milioni di euro necessari per i lavori di ammodernamento.
È solo l’ultima tappa di un lungo processo, che ha incluso una consultazione pubblica proposta dal sindaco Karim Bouamrane per capire cosa desiderassero i cittadini locali. Le risposte? «Uno stadio all’inglese», con il pubblico vicino al campo, ma soprattutto un luogo che non sia una sorta di Disneyland, nel quale gli esercizi commerciali devono avere un legame stretto col quartiere anziché pensare unicamente a creare profitti. Un’ultima condizione l’ha posta il comune stesso in queste settimane, impegnandosi a vigilare che il marchio “Stadio Bauer” sia protetto per almeno 99 anni da qualsiasi operazione di naming che tenti di ribattezzare lo storico impianto. Assente dalla Ligue 1 dal 1975, in occasione delle ultime due promozioni in Ligue 2, nel 2015 e nel 2018, il Red Star è stato costretto all’esilio in stadi più attrezzati, retrocedendo però sempre nel giro di una o due stagioni e collezionando prestazioni deludenti in casa, tra mura evidentemente non amiche come quelle del Bauer. Il progetto pensato da Réalités permetterà al club di continuare a giocare durante i lavori, che dovrebbero terminare nel 2024 e portare la capienza attuale a circa 10mila posti, rendendolo anche agibile come centro di allenamento per le Olimpiadi di Parigi 2024. Da qui, la duplice valenza della sfida con il Lione: da una parte c’è la tradizione legata a un torneo, la Coppa di Francia, vinto cinque volte dal club di Saint-Ouen tra il 1921 e il 1942; dall’altra, la speranza che questo match sia solo uno scorcio di ciò che attende il Red Star: un futuro diverso, magari in compagnia delle grandi di Francia, ma soprattutto a casa propria, sempre al Bauer.