martedì 27 giugno 2023
Per la prima volta il club della città della Madonna Nera ha vinto lo scudetto polacco: una storia “miracolosa” come il celebre santuario Dal dramma nazista fino alla conquista del campionato
A sinistra, lo stemma del Raków di Częstochowa campione di Polonia. A destra, la celebre Madonna Nera

A sinistra, lo stemma del Raków di Częstochowa campione di Polonia. A destra, la celebre Madonna Nera

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Uno Scudetto dell’altro mondo. Non può passare inosservato che tra le squadre vincitrici dei campionati nazionali in questa stagione, ce n’è una di una terra benedetta. È il Raków Częstochowa, campione di Polonia per la prima volta, club della città nota a livello internazionale per il suo santuario di Jasna Gora. Qui viene custodita la celebre Vergine Nera un’icona medievale della Madonna col Bambino che attira ogni anno più di quattro milioni di pellegrini. Sopravvissuta miracolosamente a saccheggi e sfregi, è diventata l’emblema della resistenza dei polacchi alle tirannie della storia. Un luogo molto caro a questo popolo che qui ha lottato per secoli per mantenere la sua fede: il cardinale Wyszynski e Karol Wojtyla diedero vita al movimento di resistenza al comunismo partendo proprio dalla devozione alla Madonna di Częstochowa. E ancora qui Giovanni Paolo II volle che si disputasse la Gmg del 1991 quando il Paese era finalmente uscito dall’incubo dell’orbita sovietica. Dal sacro al profano, anche il percorso calcistico del Raków ha qualcosa di prodigioso. Sin dalla fondazione nel 1921, il club ha conosciuto fallimenti e rinascite, resistendo a periodi di crisi e difficoltà finanziarie. Drammatico il periodo di occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale: la società che aveva avuto il patrocinio del Partito socialista polacco fu costretta a sciogliersi, Gli ex presidenti (Federak e Zawadzki) finirono nei campi di concentramento e anche due calciatori (Andre e Frocisz) furono uccisi dai nazisti.

Riuscì a scamparla ma con gravi conseguenze l’attaccante Józef Trauc, riconosciuto come il più grande talento della storia del club. Venne colpito dai tedeschi che lo sorpresero a creare la squadra clandestina del Raków: nonostante due interventi chirurgici il ginocchio rimase compromesso per sempre e Jozef rimase disabile tutta la vita. Nel 1949 il Raków rinacque come associazione sportiva, dibattendosi nelle leghe minori. Fino alla prima storica promozione nella massima serie nel 1994. Ma fu una gioia passeggera perché sul finire degli anni Novanta a furia di retrocedere il club si ritrovò nel 2001 nella quarta lega. L’anno spartiacque per i destini del Raków è il 2015 quando proprietario è diventato il giovane imprenditore Michal Swierczewski, nato e cresciuto a Częstochowa e appassionato di calcio fin dall’infanzia. Da un piccolo negozietto di computer messo su nel 2002 da studente di informatica nell’ateneo della città oggi è diventato, secondo la rivista americana Forbes, uno degli uomini più ricchi d’Europa. Dirige una delle catene di negozi di apparecchi elettronici più famosa in Polonia (X-Kom) ed è leader nazionale dell’ecommerce. E proprio a Forbes il patron ha spiegato il segreto del suo successo: «Non ho mai avuto talento per lo sport, ma ho compensato i miei deficit con la forza del mio carattere. Amo gareggiare ma ancora di più vincere». Detto, fatto. Il club è tornato nella Serie A polacca (Ekstraklasa) appena quattro anni fa inaugurando una serie di clamorosi successi. In bacheca sono già finite due Supercoppe di Polonia e due Coppe nazionali. E finalmente dopo due secondi posti in campionato, l’apoteosi quest’anno del primo scudetto.

Un titolo strepitoso per i rossoblu che giocano ancora nel piccolo Stadio municipale dalla capienza massima di 5.500 posti. Ma il club ha grandi ambizioni e ha già messo in cantiere un impianto da almeno 15mila spettatori e una Academy per i giovani. Il modello a cui si ispirano, hanno rivelato di recente, è quello della nostra Atalanta soprattutto per la cura del vivaio. E dire che qui ha mosso i suoi primi passi calcistici anche uno dei talenti più amati della storia recente della Polonia: Jakub Blaszczykowski, noto anche col diminuitivo di Kuba. Proprio lui che il 16 giugno scorso ha dato l’addio alla Nazionale nell’amichevole dei polacchi contro la Germania. L’ex giocatore di Borussia Dortmund e anche Fiorentina ha ricevuto una ovazione commovente dal pubblico di Varsavia quando ha lasciato il campo con la fascia di capitano al braccio. È amato dalla gente non solo per le sue doti calcistiche ma anche per le sue qualità umane. Generoso e attento agli ultimi, Blaszczykowski ha alle spalle un dramma familiare a cui ha assistito con i suoi occhi. Quando non aveva ancora dieci anni ha visto il padre uccidere la madre. Una tragedia che è riuscito a superare soltanto grazie alla sua fede. Oggi marito e padre felice di tre figli, condivide il suo impegno in prima linea nelle attività caritatevoli della Chiesa cattolica insieme con la moglie Agata conosciuta proprio a Częstochowa. Perché questa è una terra che continua a compiere prodigi nell’animo dei polacchi. Come disse una volta Giovanni Paolo II: «Bisogna prestare l’orecchio a questo luogo Santo per sentire come batte il cuore della Nazione polacca nel cuore della Madre».

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