Pareva che Qumran avesse ormai elargito tutti i suoi segreti, lasciando agli studiosi il compito di riordinare le conoscenze sull’ingente tesoro di rotoli, frammenti e reperti restituiti dalle grotte finora mappate. E invece ecco affiorarne all’improvviso una nuova, dopo decenni di silenzio, come a ricordare che nulla è più misterioso di quel che si pensava di conoscere.
È ancora prematura un’esatta valutazione del ritrovamento, tuttavia il biblista Marcello Fidanzio – pur ancora giovane – ha sufficiente esperienza di Qumran da poter valutare cosa c’è da attendersi. Milanese, cresciuto alla scuola di don Pierangelo Sequeri, specializzato in ambiente biblico con studi a Lugano e Gerusalemme, Fidanzio è professore associato alla Facoltà di teologia di Lugano e si è fatto conoscere tra gli studiosi del sito a ridosso del Mar Morto per aver curato il primo convegno internazionale sulle grotte di Qumran, i cui atti sono stati pubblicati nei mesi scorsi ( The Caves of Qumran, Brill 2016). I suoi studi (e la partecipazione agli scavi nell’area, prossima campagna in marzo) gli hanno guadagnato l’autorevolezza per riportare in Ticino i maggiori specialisti mondiali il 24 e 25 aprile prossimi per un workshop dedicato alla grotta 11Q (quella in cui sono stati ritrovati il Rotolo del Tempio e quello dei Salmi). Accompagnatore trascinante di gruppi in Terra Santa, è incaricato di dirigere la pubblicazione finale degli scavi nelle grotte con l’Ecole Biblique di Gerusalemme. E commenta per Avvenire la notizia proprio dalla Città Santa.
Cos’è stato scoperto a Qumran?
«Una grotta poche centinaia di metri a sud dell’insediamento era stata rapidamente ispezionata vent’anni fa. Ora una missione archeologica guidata da Oren Gutfeld dell’Università ebraica di Gerusalemme, con Randall Price della Liberty University in Virginia, ha condotto un scavo stratigrafico scoprendo una serie di manufatti simili a quelli delle grotte dove sono stati ritrovati i Rotoli del Mar Morto: giare e coperchi di terracotta, tessuti di lino come quelli che avvolgevano i manoscritti, fibbie e lacci in pelle per richiudere i rotoli».
Che portata ha questa scoperta?
«Il giorno in cui gli archeologi hanno visto rotolare per terra un piccolo cilindro in pelle l’emozione è stata notevole: c’erano tutti i motivi per pensare a un nuovo rotolo. Purtroppo le analisi in laboratorio hanno detto che non ci sono iscrizioni: probabilmente il trattamento di questa pelle per prepararla alla scrittura non era ancora concluso. Tuttavia lo scavo conserva la sua importanza: sessant’anni fa, al momento delle grandi scoperte, le grotte della regione vennero esplorate in condizioni spesso difficili. Ora avremo i risultati di uno scavo stratigrafico, e questo interessa molto chi cerca di capire cosa sia avvenuto intorno a Qumran, e da dove arrivino i rotoli. In altre parole, questa nuova grotta può aiutare a capire meglio anche le altre».
Dunque nella grotta niente manoscritti?
«Per ora no. Non è il primo caso di una grotta con tutto il repertorio dei manufatti legati ai rotoli in cui però non si trovano manoscritti. In questo caso, in fondo a un tunnel gli archeologi hanno trovato le piccozze dei beduini che negli anni 50 esplorarono molte grotte in cerca dei preziosi rotoli: è possibile che abbiano trovato manoscritti e che alcuni di quelli attribuiti a un’altra grotta vengano in realtà da qui, ma non possiamo esserne certi. La storia delle grotte di Qumran dopo la deposizione dei manoscritti è complessa, e a volte difficile da ricostruire».
Ci si attendeva di trovare ancora qualcosa di simile nell’area? E cosa potrebbero riservare le future campagne in loco?
«Questo scavo dimostra che l’attenzione alle grotte non è priva d’interesse. La precedente stagione della ricerca si è concentrata sulle rovine dell’insediamento, o sui contenuti dei manoscritti. Ora si ritorna a un luogo chiave poiché i manoscritti furono ritrovati soltanto nelle grotte. In futuro mi aspetto due percorsi paralleli: da una parte la pubblicazione finale degli scavi passati, molto attesa, dall’altra una nuova stagione di indagini archeologiche nelle grotte, in realtà già avviata, che ora troverà maggiore slancio a motivo di queste scoperte».
Cos’altro si muove oggi intorno a Qumran?
«Questo è un periodo molto stimolante: alla fine dell’estate scorsa padre Jean- Baptiste Humbert, dell’Ecole Biblique, ha pubblicato un volume con molti dati e nuove interpretazioni sugli scavi a Qumran negli anni 50, i più importanti. Poi abbiamo iniziato a conoscere gli esiti di scavi recenti. Per esempio lo scorso anno sono state scavate alcune decine di tombe nel cimitero vicino all’insediamento: l’analisi degli scheletri realizzata da Yossi Nagar, del Dipartimento delle Antichità israeliane, porta ora argomenti a sostegno dell’ipotesi tradizionale, che vede a Qumran una comunità religiosa. Sembra infatti che nel periodo romano fossero stati sepolti solo uomini, con particolari caratteristiche in quanto a vita media e patologie».
Qual è oggi il quadro di quel che sappiamo su Qumran?
«Le interpretazioni del sito sono le più diverse, se ne contano addirittura dodici. Mettendo da parte le più fantasiose, restano coloro che considerano i manoscritti una presenza accidentale e chi invece sottolinea alcune caratteristiche singolari del sito nelle quali legge tracce di pratiche religiose sottolineando i nessi tra l’insediamento e le grotte e legando la presenza dei manoscritti a una particolare esperienza religiosa che si viveva nell’insediamento. Io sono fra questi».
Tempo fa un infiammato dibattito tra studiosi pose all’attenzione dei media la questione della storicità dei Vangeli legandola ad alcuni frammenti rinvenuti a Qumran. Cos’è rimasto di quella polemica?
«La scoperta del papiro Rylands P52, trovato in Egitto e pubblicato a metà degli anni 30, ebbe allora importanti ripercussioni sulla datazione del Vangelo di Giovanni, avvicinandola alle prime generazioni cristiane. La discussione sui Vangeli tra i Rotoli del Mar Morto riproponeva lo stesso modello. Tuttavia è un dato di fatto che a Qumran non sono stati trovati i Vangeli: i frammenti in greco su cui si era concentrata l’attenzione sono stati in gran parte identificati con altri testi. I manoscritti di Qumran fanno riferimento ad avvenimenti storici fino alla metà del I secolo avanti Cristo, dopo abbiamo solo copie di testi composti in precedenza. I Rotoli del Mar Morto ci aiutano a conoscere l’ambiente giudaico del tempo di Gesù e alcune delle ultime tappe nella formazione della Bibbia ebraica».