L’Italia che non sa più vincere ora sarà costretta a farlo a tutti i costi, lunedì sera contro un vecchio amico come Giovanni Trapattoni. E a sperare che ad altri non vengano cattivi pensieri. Altrimenti il nostro Europeo sarà già finito. «Non sono arrabbiato per l’attacco che non segna, ma amareggiato sì», dice Cesare Prandelli a fine gara, disarmato di fronte all’incredibile pari con la Croazia. Un primo tempo di dominio assoluto, occasioni su occasioni, poi il calo nel secondo tempo e il pari subito sull’unica occasione degli avversari. «Quando giochi così - ammette il commissario tecnico azzurro - devi solo chiudere la partita. Avevamo giocato molto meglio, ma sai anche che il calcio è così: se non chiudi, poi può bastare un cross, una punizione, per farti male. A noi manca la cattiveria, la determinazione». Adesso occorre guardare avanti. Cesare Prandelli scaccia i cattivi pensieri di un eventuale pari di comodo tra Spagna e Croazia nell’ultima partita: «Non ne faccio, non è il mio modo di pensare: per me le partite sono tutte regolari», dice a chi gli prospetta l’ipotesi di un 2-2 tra campioni del mondo e croati nell’ultima partita, esattamente come fu otto anni fa tra Svezia e Danimarca, ai danni di un’Italia eliminata con cinque punti e una classifica avulsa penalizzante. Non fa cattivi pensieri anche perchè bastano quelli di ieri sera. L’attacco che non segna dall’11 novembre dello scorso anno, la vittoria che non arriva dalla stessa data - 2-0 alla Polonia in amichevole -, una squadra che gioca e diverte ma dopo 60’ non ha più benzina. O non ha più la forza di eseguire i compiti tattici del suo maestro. «Non so cosa dire, se non che c’è rammarico perchè partite come quelle di stasera vanno chiuse. Però siamo convinti di poter passare il turno», la professione di ottimismo per provare a curare l’amarezza. La sua squadra è promossa sotto il profilo del gioco, ma bocciata quanto a capacità di gestire il risultato: «Non credo si tratti di un problema di personalità, no, non c’entra: è una questione fisica. Dopo 60’ a un certo ritmo, caliamo. È successo contro la Spagna - ricorda Prandelli - si è ripetuto questa sera. Ma dobbiamo capire che se le distanze tra i reparti si allungano, se non si gioca più con equilibrio, si corre di più e peggio». Evidentemente è il discorso che il ct ha fatto alla squadra: dallo spogliatoio, arrivano le amare considerazioni di Marchisio, convinto che l’errore sia stato abbassare il baricentro della squadra nel secondo tempo («il loro pari è l’esempio: 10’ di possesso palla senza andare a pressarli. Gli attaccanti non aiutavano più, il centrocampo non pressava»). E se due più due fa quattro, ora Prandelli dovrà correre ai ripari inserendo giocatori freschi. «Valuterò domani, ma il cambio nascerà da situazioni fisiche, non tattiche». Barzagli, Balzaretti, Montolivo, Di Natale: ecco i candidati ad entrare contro l’Irlanda, lasciando intatto il 3-5-3. Scontato che ora si apra il processo a Balotelli: non irritante come contro la Spagna, ma comunque non decisivo. «Mario ha fatto bene il primo tempo, ha dato ampiezza e profondità - dice il ct, che aveva ufficializzato la conferma dell’attaccante solo all’ultimo, nella riunione tecnica prima di andare allo stadio -. Invece nel secondo tempo veniva incontro, per questo avevamo difficoltà a uscire. E ho messo Di Natale, bravo a fare certi movimenti». Cassano, apparso comunque fisicamente in difficoltà, non è uscito per primo, spiega Prandelli, «perchè nel secondo tempo aveva trovato la posizione giusta, aveva dato due o tre palloni buoni». Peccato che nel calcio non bastino le buoni intenzioni.