Tra gli atti e i fatti, ci sono di mezzo i gatti. Non resta che giocare con le parole, per fare passare il tempo che ancora manca alla cancellazione di una vergogna, quella del Campo Torino, che a chi sa di calcio è più noto come lo stadio Filadelfia.Lo dicono la storia e la cultura del calcio, lo dicono soprattutto i tanti e irriducibili tifosi granata, che quello è una sorta di tempio; eppure, con il 2014 entreremo nell’anno diciassettesimo dell’impero delle macerie e dell’incuria, un ciclo di abbandono durato molto di più di quello del Grande Torino, che al Filadelfia, esattamente dove oggi domina un piccolo mare di sterpaglie e di erba morta ai piedi di rimasugli di tribune, non perdeva mai. Oggi Valentino, Romeo, Eusebio, Aldo, Dino, Ezio, Guglielmo, Virginio sono nomi che echeggiano nel Fila per richiamare qualche gatto randagio della colonia dei cosiddetti "micetti granata", il nuovo vivaio, del tutto particolare, che ha sostituito quello del Torino, sparito nel nulla dopo lustri di eccezionale produzione, andatosene per lasciare spazio alle ruspe. Sono una cinquantina circa, i micetti del “Fila”, e li hanno battezzati così i volontari animalisti, i cosidetti “gattari”, che già da anni si occupano di loro e che di fatto - non c’è nessuna metàfora - sono coloro che hanno in mano le chiavi dell’ex stadio. Un posto che, per competenza e per importanza, dovrebbe essere totalmente gestito dal Comune e dalla Fondazione Filadelfia, la proprietaria - eufemismo - dell’antico impianto. Succede però che il grande cancello di entrata, quello di colore rigorosamente granata e contrassegnato dalla doppia effigie del Toro, venga misteriosamente bloccato dall’interno e che l’unica via per accedere all’area del glorioso impianto sia dunque scattare alla ricerca delle “gattare” dell’isolato, in possesso delle chiavi di un cancelletto pedonale adiacente al portone. Amiche degli animali, non tutte tra l’altro serene e tranquille (una di esse è stata diffidata per avere millantato delle aggressioni), e qualche pseudo ultras piazzato a fare il ceffo di guardia per eventuali invasioni di nemici sul sacro suolo del Fila: questi, a tutt’oggi, sono i padroni di casa con buona pace della Fondazione, peraltro impegnata - dopo anni di chiacchiere inutili e dispersive, di pantomime burocratiche appoggiate dalla pochezza degli ex-presidenti granata - a stringere finalmente tempi e modalità del progetto di ricostruzione dello stadio.Oggettivamente, in tutti questi anni, il passaggio ai fatti non è mai stato non si vuole dire così vicino - sarebbe troppo - ma perlomeno visibile all’orizzonte. La Fondazione ha infatti recentemente approvato delle modifiche statutarie - gli atti a cui si accennava - che hanno consentito di sbloccare lo stallo e cominciare il cammino verso la realizzazione di un progetto già approvato del nuovo, moderno Filadelfia, con tanto di tettoia ispirata all’originale. Il prossimo passaggio prevede la formazione della base economica necessaria per accedere al Credito Sportivo e accendere un mutuo: non si può partire se non arrivano i soldi di Comune, Regione e della Fondazione Mamma Cairo, che altro non è se non un’emanazione del Torino Calcio. Servono 8 milioni, dalla società ne dovrebbero arrivare almeno tre, e alla città di colore granata, che da sempre accusa il presidente Cairo di stare battendo la grancassa della questione Filadelfia senza fare molto più di nulla, comincia a salire la pressione. Il desiderio per l’anno nuovo di ogni torinista che si rispetti è quello di vedere tornare le ruspe, in quel grande quadrato di terra, accompagnate da betoniere, gru, ponteggi, tutti i simboli immediati di una costruzione. L’esilio sta diventando insopportabile, e sono tanti, se non tutti, gli ex di inossidabile fede granata che spiegano come il Toro possa tornare ad avere una reale identità, una continuità con la sua storia ricostruendo il proprio straordinario settore giovanile solo ed esclusivamente lì, al Fila. In esilio, tuttavia, potrebbero finirci proprio i gatti, perché nell’infinita spirale della questione, ci sono anche loro, i quattrozampe della zona, ormai abituati a trovare rifugio, tranquillità e cibo nell’area del tempio granata, nel settore in cui, una volta, si trovavano l’antistadio e il campo di allenamento: le associazioni animaliste temono che il futuro cantiere prima e il nuovo stadio poi possano scatenare la diaspora dei micetti granata. Problema che potrebbe essere il nuovo, scomodissimo ostacolo tra Torino, il Toro e il Filadelfia. Le risposte, ancora una volta, nelle prossime puntate di quella che è diventata una surreale soap opera fatta di amore calcistico, assurda burocrazia e degrado. E intanto, usando le parole di Sergio Vatta, ex mago delle giovanili granata, uno dei pochi simboli viventi di questa società gloriosa e unica, Valentino Mazzola è seduto là, all’entrata, dietro il cancello. Ad aspettare che qualcuno gli riporti il Filadelfia, e con esso, un po’ di rispetto.