La figura esitante dei padri offre all’editoria straordinarie occasioni di analisi e di puntualizzazioni. È quasi una corsa al tentativo più riuscito di ridefinizione ontologica, di sistematizzazione di un ruolo che, marginalizzato in modo profondo dal vetero femminismo degli anni Settanta, appare ancora più vacillante nella crisi endemica vissuta dalla coppia e dalla famiglia dei nostri tempi. Quando gli storici della famiglia cercano di tratteggiare il 'padre che fu' parlano di autorevolezza, normatività, sicura capacità di interpretare la bellezza e la verità della tradizione. Esagerazioni, forse. Comunque idealizzazioni scolpite in pretese tanto verticali da far talvolta discendere direttamente paternità da Paternità. Con tutta la contraddizione legata alla realtà insuperabile di una finitezza che appariva – e appare – lontana anni luce da quell’improprio collegamento, viziato da zoppicante teologia, abbondanti dosi di maschilismo e desiderio di non abbandonare posizioni sociali di supremazia. Poi arrivò Giovanni Paolo I ad affermare che 'Dio è papà. Ma ancora di più madre' e, naturalmente non solo per quella fulminante definizione, tutto il castello del primato maschile si sbriciolò con le sue residue illusioni.
Oggi l’equazione è resa ancora più improbabile non solo da un rimescolamento profondo di certezze e di culture, ma anche dall’esigenza di rispondere con misurata efficacia alle convinzioni delle cosiddette teorie del gender. Sforzo che in troppe occasioni non riesce a staccarsi da enunciazioni accademiche, lontane comunque dalla necessità di sporcarsi le mani con i drammi e le sofferenza di una fragilità sempre più diffusa. Né mascolinità né femminilità, prese singolarmente, possono sperare di rappresentare un pur vago richiamo al mistero della genitorialità divina, ma solo la verità della differenza, nella complentarietà, della reciprocità e della pari dignità del maschile e del femminile.
Nei tanti saggi, racconti autobiografi- ci, pubbliche confessioni di vacillante paternità arrivati in questi mesi in libreria, la definizione più folgorante del padre postmoderno è merito – tanto per cambiare – di una donna. «Io credo che il padre sia, per definizione, un incompreso», scrive la psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese nel suo Maschi. Forza, eros, tenerezza (Ares, pagg. 144, euro 12,00). Agile e inquietante saggio – per noi padri – scritto da un’esperta che ha maneggiato a lungo il tema. Non solo perché ha avuto un padre, e ha un marito. Ma perché, dopo aver accompagnato lungo le età dell’adolescenza e della giovinezza cinque figli maschi, conosce difficoltà e complessità dei quei percorsi di maturazione che portano a costruire – detto senza ironia – 'uomini veri', capaci di affrontare le sfide di oggi che sono soprattutto educative e culturali. Per questo Ceriotti Migliarese auspica che «la forza virile non degeneri in aggressività distruttiva, o al contrario si indebolisca perdendo lo slancio utopico, capace ancora di immaginare scenari vitali per il futuro».
Equilibrio tutt’altro che semplice, come emerge anche da Diventare padri nel terzo millennio, a cura di Elisabetta Ruspini, Marco Inghilleri, Valeria Pecorelli. Con scritti di: A. Andrisani, R. Fumagalli, M. Inghilleri, L. Lombardi, M.C. Ortu, V. Pecorelli, E. Ruspini (Franco Angeli, pagine 140, euro 19,00). Un testo che colloca il difficile riorientamento identitario del maschile nell’esperienza del concepimento, della gravidanza e della nascita e ci rivela che, come non fossero sufficienti tutti gli altri guai, c’è anche una depressione post-partum al maschile. Ulteriore difficoltà di una generazione di padri che ha smarrito la bussola educativa – come spiega Antonio Polito nel suo Riprendiamoci i nostri figli. La solitudine dei padri e la generazione senza identità (Marsilio, pagin 174, euro 17,00) – perché la società intera sembra andare nella stessa direzione, congegnata com’è per annullare e contraddire ciò che la famiglia costruisce. Polito argomenta, interroga, analizza, chiede ragione alla politica, alla scuola e alla Chiesa, per concludere sollecitando i padri a riconquistare un ruolo credibile puntando su ciò che è veramente essenziale.
E poi ci sono padri, come altri due giornalisti del “Corriere della sera”, Pierluigi Battista e Aldo Cazzullo, che per tentare di capire il proprio ruolo e per mettere meglio a fuoco le trasformazioni, chiedono aiuto ai figli. Sia Battista – A proposito di Marta. Le poche cose che ho capito di mia figlia (Mondadori, pagine 202, euro 18,00), – sia Cazzullo – Metti via quel cellulare. Un papà. Due figli. Una rivoluzione (Mondadori, pagine 196, euro 17,00) – ci offrono la freschezza di racconti in presa diretta, ricchi di spunti autobiografici e di riferimenti all’attualità. Spesso il confronto generazionale fa emergere divari di senso vasti come baratri, con posizioni apparentemente inconciliabili, come quando si affronta il tema del web, del digitale, delle tecnologie del futuro. Pagine gustose, scritte da 'padri in ricerca' per altri padri nelle stesse condizioni, che si leggono con piacere, anche se alla fine qualcuno potrebbe lamentare l’assenza di analisi capaci di staccarsi dalle vicende personali per tratteggiare scenari più profondi.
C’è per esempio un rapporto tra la crescita del virtuale e la sempre più evidente incapacità dei giovani maschi occidentali di percorrere in modo sereno la strada della relazione amorosa, del fidanzamento e della paternità? Ne è convinto Salvatore Cianciabella, curatore di Maschi in difficoltà. Perché il digitale crea sempre più problemi alla nuova generazione e come aiutarla, con scritti di Nikita Coulombe e Philip Zimbardo (Franco Angeli, pagine 310 pagine, euro 32,00). La tesi è preoccupante ma non priva di riscontri obiettivi: i giovani di oggi sono più impacciati nei rapporti sociali, hanno difficoltà a flirtare, non sono in grado di affrontare le paure e i rischi del rifiuto, non hanno modo di provare il batticuore tipico di quando si chiede un appuntamento, anche perché troppi abituati agli schemi rassicuranti ma irreali e falsificanti del digitale, dei videogame, del sesso virtuale. Un allarme che vale la pena prendere sul serio per evitare di ripetere, a proposito della paternità vacillante, concetti condivisibili ma lontano da una realtà ondivaga e subdola che ci ha ormai fagocitato tutti, genitori e figli, uomini e donne. E insieme dobbiamo prenderne consapevolezza e reagire.