“Sono distrutto…”. Due parole che riassumono tutto. Settimane di angoscia, il disperato tentativo di evitare un finale già scritto, e una sentenza invece che mette la parola fine a una storia sporca. Senza chiarire quello che è successo veramente, e lasciando grandi sospetti e molte perplessità.
Otto anni di squalifica, questo il verdetto del Tribunale Arbitrale che l’altra notte a Rio de Janeiro ha definitivamente chiuso le porte dell’Olimpiade in faccia ad Alex Schwazer. E insieme anche la sua carriera.
Il marciatore altoatesino era venuto in Brasile con la speranza di poter convincere i giudici. Che non hanno creduto invece
alla sua difesa matta e disperatissima: una sentenza arrivata dopo quasi due giorni di camera di consiglio e un dibattimento fiume, e che infligge
un’altra batosta su una carriera già pesantemente funestata dai
quasi quattro anni di stop, per la positività all’epo, allora
alla vigilia dei Giochi di Londra.
Cambia scenario e quadriennio, ma il macigno per Schwazer diventa ancora più pesante: il Tas ha infatti accolto in pieno
la richiesta della Iaaf che voleva un bando di otto anni - vista
la recidività dell’atleta - per la positività agli steroidi riscontrata nel famoso test a sorpresa del 1 gennaio scorso e i cui risultati sono stati comunicati con un ritardo sospetto e ingiustificato. Altri controlli effettuati successivamente sono sempre stati negativi. Da qui lo scoppio del “giallo”, e la sensazione che ci fosse qualcosa di artefatto e di poco chiaro nella vicenda della sua seconda, clamorosa, positività al doping.
Schwazer si era subito professato innocente, dicendo che al contrario di 4 anni fa - quando ammise subito il suo errore e la sua colpevolezza - stavolta non aveva mai fatto ricorso a sostanze proibite. E
aveva annunciato battaglia, allugendo a un complotto ordito nei suoi confronti: si era
spinto fino a Rio con il pool di legali e il suo tecnico, Sandro
Donati, per tentare il tutto per tutto e dimostrare che in
quella positività c’erano troppe anomalie.
Due giorni fa Schwazer era comparso davanti al Tas, spiegando le sue ragioni. La federazione internazionale non aveva però battuto
ciglio, ribadendo la volontà di punire l’atleta alla seconda
positività: otto aveva chiesto e otto anni il Tas ha inflitto.
“Sono distrutto”, ha commentato il marciatore quando è stato informato del verdetto. "Non hanno avuto rispetto per me”, ha aggiunto rispondendo ai giornalisti che lo hanno
avvicinato all’interno di un bar dove, con lo sguardo perso nel
vuoto ed evidentemente teso, ha atteso la fine di una conferenza
stampa organizzata nella serata brasiliana dal suo entourage per
commentare la notizia della lunga squalifica.
In particolare, l’allenatore del marciatore,
Sandro Donati,
ha detto che "era un verdetto che purtroppo ci attendevamo. Abbiamo
cercato di dissuadere Alex dalla volontà di andare avanti, ma
lui voleva inseguire fino all’ultimo il sogno di correre a Rio.
Ora torneremo il prima possibile in Italia". Donati - che
ha duramente attaccato la
Federazione internazionale di atletica - ha poi sottolineato che
"Alex ha l’equilibrio per affrontare la vita oltre
l’atletica: ci aveva già detto che comunque avrebbe smesso di
correre dopo Rio".