Una tempesta in mare. Come quelle sorprendono i migranti in arrivo dall’Africa, ribaltando imbarcazioni, spezzando drammaticamente vite umane. Otello la scampa. A guardarlo oggi, il Moro raccontato da William Shakespeare e messo in musica da Giuseppe Verdi potrebbe essere giunto in Occidente su un gommone. Un barcone della fortuna che ha solcato il Mediterraneo carico di uomini in cerca di una vita migliore. Poi la carriera militare. Infine la follia, con l’uccisione di Desdemona e il suicidio. Storia che la cronaca nera potrebbe raccontare identica. Anche nell’odio di Jago e di una società dove lo straniero, il diverso sono guardati con sospetto. Piani inclinati, grandi muri davanti al muraglione dello Sferisterio di Macerata raccontano come un mondo che alza barriere è destinato a precipitare nell’abisso. Vuole parlare al nostro oggi l’Otello di Verdi che ieri sera ha inaugurato l’edizione 2016 del Macerata opera festival. «Il teatro e la lirica devono sempre cercare di essere in relazione con il mondo, da un punto di vista socio-politico e umano. Il fatto che i migranti arrivino sulle nostre spiagge attraversando il Mediterraneo, mettendo a repentaglio la propria vita, è una delle macchie più gravi dei nostri giorni» racconta Paco Azorín. Il regista spagnolo, nome sul quale molti teatri d’opera nel mondo stanno scommettendo, firma l’allestimento dell’opera che ieri ha aperto il cartellone numero cinquantadue della rassegna lirica marchigiana.
Mediterraneo il titolo scelto dal direttore artistico Francesco Micheli per rileggere attraverso il melodramma una contemporaneità dove parole come straniero, migrante, rifugiato risuonano ogni giorno, per raccontare con la lirica un dramma davanti al quale non si può rimanere indifferenti. «Non deve farlo l’arte. L’opera nasce dal bisogno di mettere al centro la società, parlando della vita e delle relazioni tra le persone attraverso il canto» racconta Micheli convinto che «i contrasti umani raccontati nelle opere possono essere superati attraverso il dialogo, esercizio che da sempre il Mediterraneo, luogo di incontro tra diversi popoli, invita a fare».
Otello, Norma e
Trovatore i titoli del cartellone 2016 che sino al 14 agosto proveranno a far rispecchiare nella musica dell’Ottocento la nostra quotidianità. «Sulle piccole imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo troviamo tantissimi Otello, stranieri che a loro modo cercano una vita migliore tra noi, in un paese lontano dalle loro radici» riflette Azorín, spiegando poi che «nello spettacolo realizzato per Macerata non parlo solo del personaggio shakespeariano, ma soprattutto di un individuo che è diverso in un mondo a lui avverso». Impresa non semplice quella di far dialogare Otello con la nostra attualità. Anche perché il Moro, il «selvaggio dalle gonfie labbra » come lo definisce il libretto di Arrigo Boito, ci viene presentato come lo straniero che per gelosia uccide la propria donna. «Otello – spiega Azorín – come tutti i personaggi di Shakespeare è una metafora dell’umanità e raccoglie in sé tutte le più grandi contraddizioni possibili: essere allo stesso tempo assassino, punitore, innocente, modello, eroe ed antieroe». Un Otello che non lascia indifferenti. «Ma questo deve essere il compito dell’arte che se vuole avere un ruolo attivo nella società deve senza nessun dubbio saper parlare al presente. L’opera se non fa questo è destinata ad essere solo intrattenimento, passatempo ludico per chi può permettersi di acquistare il biglietto» conclude Azorín. A Macerata l’opera dialoga con la città. «Abbiamo lavorato per un anno sulle tematiche delle opere in cartellone con gli studenti delle scuole della città che in questi giorni sono venuti alle prove generali» racconta Micheli che firmerà una serata dedicata a
Medea tra la musica di Luigi Cherubini e il film di Pasolini e finalizzata a raccogliere fondi per il progetto di Medici senza frontiere Milioni di passi dedicato proprio ai migranti. «Un’altra straniera, Medea. Poi il migrante Enea, al quale saranno dedicate una serie di letture» spiega il direttore artistico. Dopo
Otello stasera tocca a
Norma. «Il melodramma di Bellini, che per molti è l’opera delle opere, il trionfo del belcanto, è ambientata in un mondo barbarico e primordiale dai registi siciliani Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi che per la parte visiva si sono ispirati alle tele dell’artista sarda Maria Lai, reti che intrappolano la protagonista» spiega ancora il direttore artistico del festival. Il verdiano
Trovatore dal 31 luglio torna nell’allestimento ideato nel 2013 da Francisco Negrin. «Azucena è la zingara, emblema di chi nella nostra società vive ai margini. E il coro è fatto da soldati morti di tutte le guerre per dire l’inutilità di qualsiasi conflitto » racconta Micheli per il quale «la realtà con la quale abbiamo a che fare tutti i giorni ci avvicina drammaticamente le tematiche presenti nelle opere e noi come artisti non possiamo non farci interrogare. Dedicare la nostra rassegna al Mediterraneo è un dovere in questo momento storico, ma anche un segno di speranza perché le cose possano cambiare».