sabato 19 gennaio 2019
I dossier Milano/Cortina e Stoccolma/Åre sono per molti versi speculari. L’Italia parte favorita, però gli svedesi possono contare sugli imminenti Mondiali e sull’effetto “prima volta”
Il logo della candidatura italiana per i Giochi invernali 2026 (Ansa)

Il logo della candidatura italiana per i Giochi invernali 2026 (Ansa)

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Tra l’Italia e i Giochi olimpici ci sono di mezzo gli svedesi. A poco più di un anno dalla bruciante eliminazione della Nazionale di calcio nel play-off mondiale, è ancora una volta la Svezia l’avversario da battere. Stavolta non ci sono gol da realizzare, punti da conquistare o coppe da sollevare: la contesa riguarda le Olimpiadi della neve e del ghiaccio 2026. Da una parte Milano e Cortina, dall’altra Stoccolma e Åre. Un doppio binomio per una prima dal gusto originale: l’Agenda 2020 ha frammentato le località di gara inserite nei dossier, ma non ha accresciuto le candidature. Solo due, come già quattro anni fa quando Pechino soffiò ad Almaty l’edizione 2022. Il fischio finale echeggerà il 24 giugno a Losanna. In riva al Lemano si concluderà il rush olimpico più breve della storia, appena nove e mesi mezzo dalla candidatura alla decisione. Ad oggi l’Italia è avanti, ma da qui all’estate, passando per i sopralluoghi primaverili del Cio, il percorso è ricco di insidie. Ispirarsi al passato potrebbe servire per non ripetere errori. Agosto 1997: Roma e Atene sono in corsa per i Giochi estivi del 2004. La capitale italiana sembra favorita, ma sul filo di lana gli ellenici effettuano il sorpasso sfruttando il combinato disposto di tre elementi: la perfetta organizzazione dei Mondiali di atletica, la regina dei Giochi estivi; le critiche avanzate nel nostro Paese alla candidatura romana; la volontà di alcuni membri Cio di “compensare” Atene dopo l’assegnazione ad Atlanta dei Giochi del Centenario.

Ventidue anni più tardi, i tre elementi sono ancora sul tappeto: a febbraio Åre ospiterà i Mondiali di sci alpino, la principale disciplina dei Giochi invernali; il movimento antagonista, al momento sopito, potrebbe rifarsi vivo lungo lo Stivale; qualche membro Cio potrebbe vedere di buon occhio la prima Olimpiade della neve in Svezia, Paese dalla ricca tradizione ma mai illuminato dal bagliore del fuoco di Olimpia invernale. Per aggiudicarsi la partita bastano 44 voti, obiettivo non impossibile considerata l’alta considerazione che il Coni vanta all’interno della famiglia olimpica. Lo strappo effettuato dal Governo sul fronte “Sport e Salute” avrebbe potuto drenare attenzioni e aprire fratture sul tema a cinque cerchi, ma dopo i recenti Stati Generali la situazione sembrerebbe ricompattata. In questi giorni il presidente Malagò, fresco membro Cio a titolo individuale, è a Losanna per intessere relazioni.

Alla base della scelta l’analisi accurata dei dossier. Entrambe le candidate hanno proposto quattro cluster. Il faldone tricolore poggia sui pilastri di Milano, Valtellina, Val di Fiemme e Cortina, quello svedese risponde con Stoccolma, Falun, Åre e la lettone Sigulda. Si è scelto di delocalizzare e non accentrare per risparmiare risorse e sfruttare strutture già esistenti: 13 su 14 nel caso italiano. A Milano ex-novo verrebbe edificato, sfruttando fondi privati, solo il PalaItalia in zona Santa Giulia, deputato al torneo di hockey maschile. Quello femminile troverebbe invece casa nell’area del rinnovato PalaSharp a Lampugnano, mentre il Forum di Assago ospiterebbe pattinaggio figura e short track. Il villaggio degli atleti sorgerebbe a Porta Romana (70 stanze singole e 630 doppie che poi diventerebbero residenze universitarie), il centro stampa principale alla Fiera di Rho, la medal plaza davanti al Duomo. La Valtellina sarebbe il teatro dello sci maschile a Bormio e di freestyle e snowboard a Livigno, dove sorgerebbe anche un villaggio temporaneo per gli atleti: le casette (70 singole e 474 doppie) verrebbero poi smontate e donate alla Protezione Civile. In Trentino spazio al pattinaggio di velocità a Baselga di Pinè (dove l’attuale anello verrebbe coperto), al salto sui trampolini di Predazzo e a fondo e com- binata nordica a Lago di Tesero, mentre l’altoatesina Anterselva ospiterebbe il biathlon. A Cortina, oltre al villaggio temporaneo degli atleti (60 singole e 540 doppie) e al centro stampa montano a Fiames, nonché alla medal plaza in centro, lo stadio olimpico sarebbe il contenitore del curling, il nuovo budello ospiterebbe bob, slittino e skeleton, mentre all’ombra delle Tofane andrebbe in scena lo sci, con le donne e la prova a squadre.

Capitolo Paralimpiade: apertura al PalaItalia, chiusura in piazza Duomo; hockey su slittino a Milano; fondo e biathlon in Valdidentro; sci, snowboard e curling a Cortina. Spesa totale pari a un miliardo e 362 milioni di euro, di cui 243 milioni per le infrastrutture, il resto per l’operatività, a copertura della quale arriverà un contributo dal Cio. La differenza dovrà essere saldata da fondi privati e dai quattro enti pubblici – le regioni Lombardia e Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano – che hanno prestato le garanzie economiche. In caso di successo azzurro, da Olimpia la torcia arriverebbe a Lampedusa e poi nel suo percorso toccherebbe le località alpine (tre francesi, una svizzera, austriaca e tedesca) che in passato hanno ospitato i Giochi d’inverno. L’accensione del tripode il 6 febbraio 2026 allo Stadio Meazza di Milano, lo spegnimento il 22 febbraio all’Arena di Verona. Anche qui i svedesi ci tallonano, prevedendo l’inaugurazione nello stadio di calcio dell’Aik Solna. San Siro contro Friends Arena: proprio le due sedi del play-off calcistico. Sul rettangolo verde la Svezia ebbe la meglio, ma su neve e ghiaccio l’Italia sogna un finale diverso.

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