Da tre anni a questa parte, gli azzurri del calcio la loro “guida spirituale” l’hanno trovata, è il ct Cesare Prandelli. Il Cesare nazionale cresciuto in oratorio, a Orzinuovi, al catechismo di don Vanni che, come papa Francesco, parlava sempre di un «Dio che perdona, qualsiasi cosa fai, Lui perdona…». Prandelli si è allenato tanto al perdono e non solo con i geni ribelli, Osvaldo o Mario Balotelli, ma anche con la sorte avversa, che purtroppo non fa mai sconti a nessuno. Grazie alla fede ha superato le grandi sconfitte, che non sono mica una finale europea persa con la Spagna, ma la perdita precoce della sua amata moglie Manuela, quella sì. «Anche in quel momento atroce – ha detto – non sono riuscito a pensare a un Dio cattivo». Cesare il comprensivo. Cesare il generoso, che quando ha saputo che il suo collega brasiliano, il ct della Seleçao Felipe Scolari, è devoto alla Madonna di Caravaggio, gli ha portato in dono la medaglietta della Vergine fatta arrivare appositamente dal Santuario bergamasco. Perciò, la vigilia di questa amichevole con l’Argentina, che ha ideato e fortemente voluto con la Federcalcio italiana, il Cesare la vive con lo stesso spirito di un “ritiro” di Sant’Ignazio di Loyola, perché finalmente può incontrare il suo idolo: papa Francesco. In collaborazione con la Radio Vaticana (con il collega Luca Collodi) lo abbiamo incontrato qualche ora prima dell’udienza privata con il Papa.«Proverò emozioni forti e i ragazzi saranno molto concentrati sulle parole del Santo Padre perché da subito tutti abbiamo percepito la sua grande umanità». Questo il pensiero di Prandelli, poco prima di stringere le mani di papa Francesco. Un Pontefice amante del calcio, uno sport che per il suo messaggio universale può incidere e forse a volte anche cambiare la storia di un Paese. «Secondo me il cambiamento anche da parte del mondo del calcio, dipende dai comportamenti che si tengono. E questa partita con l’Argentina è significativa in tal senso. Veniamo dalla solita estate fatta di violenze e di polemiche, a maggior ragione noi all’Olimpico (stasera, ndr) vorremmo proporre un partita agonisticamente forte, ma con tanto fair play in campo e sugli spalti». Parole dell’inventore del “terzo tempo” sui campi di calcio (ai tempi in cui allenava la Fiorentina), esempio che dopo che è diventato ct non è stato più seguito. «Per proseguire in quella direzione, lo ripeto, occorre avere comportamenti sani e positivi che vanno al di là delle mode, dei momenti e soprattutto al di là dei risultati. Ai miei ragazzi chiedo sempre di essere forti in campo, ma soprattutto fuori. Durante gli “intervalli” della vita, si deve essere rispettosi di tutto e di tutti». Papa Francesco ha parlato di un calcio che è anche «business», ma che non deve smarrire la sua dimensione umana altrimenti «crea discriminazione». E su questo il ct azzurro propone una riflessione da autentico fuoriclasse: «Nel mondo civile che sogniamo tutti e che vorremmo garantire ai nostri figli, non ci dovrebbero essere differenze così grandi tra chi vive nell’agio e chi fa fatica, invece, ad arrivare a fine mese. Nel calcio, per attenuare un po’ i nostri sensi di colpa, io proporrei di mettere delle percentuali, da devolvere a chi ha più bisogno, su quelle trattative di calciomercato che, nonostante la crisi economica, presentano ancora delle cifre troppo alte... Io sono convinto che la differenza nella vita di tutti i giorni la fanno sempre le cifre basse». È con questa filosofia radicata e con i comportamenti “socialmente utili” che il Cesare nazionale e i suoi ragazzi stanno riconquistando il popolo degli stadi.«Il nostro obiettivo era quello di riavvicinare la gente alla maglia azzurra e ci stiamo riuscendo. In ogni situazione rivolta al sociale i miei ragazzi hanno sempre messo grande entusiasmo, calore, sensibilità ed estrema partecipazione. Sanno che la Nazionale deve rappresentare l’Italia anche quando non gioca. A volte basta la nostra presenza per ridare fiducia e aiutare chi ha necessità di ripartire, come è accaduto in un recente incontro con i terremotati dell’Emilia». Un incontro emotivamente molto forte e anticipatore della Gmg di papa Francesco è stato quello della Nazionale in Brasile, alla Confederations Cup 2013. «Abbiamo visto tante cose belle in quel Paese, ma anche milioni di persone che manifestavano in piazza e tra queste c’erano tanti giovani e allora, come uomo, ti devi chiedere: cosa sta accadendo? La risposta è che in Brasile c’è ancora troppa differenza tra chi sta molto bene e chi soffre la fame e questo in un mondo civile non dovrebbe accadere. È necessario ridistribuire le ricchezze e dare la possibilità a tutti di poter vivere con dignità». Parole di un uomo profondo che non smette mai un giorno di allenare la sua fede. «Credere aiuta. Specie nei momenti di tensione, la fede in Dio ti fa capire che non devi prenderti troppo sul serio e che i problemi veri e gravi dell’esistenza sono ben altri. Credere fa sentire uniti anche nella sconfitta, ed è quando si perde che si possono creare dei momenti di solidarietà. E questo può essere un segnale di vicinanza cristiana che si raggiunge attraverso un gioco come il calcio».