Libri in mostra nel padiglione della Norvegia, ospite d'onore alla Fiera del libro di Francoforte 2019 (Ansa)
Ogni tanto trovi qualcuno che si scusa, magari alla postazione di un editore sloveno o nello stand collettivo della Lituania. «Questi racconti li abbiamo solamente in inglese», dice, come se non fosse già tanto tradurre i testi di autori altrimenti inaccessibili in una lingua che, bene o male, tutti conoscono. Capitoli di romanzi, raccolte di poesia: dal Baltico ai Balcani, in mezza Europa è ormai la prassi. Alla Buchmesse e in occasioni simili si mettono a disposizione le informazioni indispensabili su mercato e tradizione editoriale, affiancate però da generose anteprime di letteratura contemporanea. È una delle tante buone abitudini alla quale il nostro Paese può cominciare a guardare in vista del 2023, quando l’Italia sarà ospite d’onore qui a Francoforte. «Per il mondo del libro è l’equivalente dell’assegnazione delle Olimpiadi», commenta giustamente orgoglioso Ricardo Franco Levi, presidente dell’Aie (Associazione editori italiani).
Come per le Olimpiadi, però, ci sono infrastrutture da costruire e una preparazione da avviare al più presto, anche perché prima del 2023 viene il 2021, l’anno in cui l’Italia sarà ospite d’onore al Salon du Livre di Parigi. Meglio cominciare a guardarsi intorno, allora. L’esempio migliore viene proprio dal Paese nel cui segno si svolge la Buchmesse 2019. Si tratta, com’è noto, della Norvegia, poco più di cinque milioni di abitanti e un indice di lettura che sfiora il 90% contro il 60% delle più ottimistiche stime nostrane. Obiettivo irraggiungibile, si potrebbe obiettare. Eppure, prima di darsi per vinti, sul modello norvegese vale la pena di soffermarsi.
«È vero, siamo un popolo di lettori: per noi lingua e letteratura sono componenti essenziali dell’identità nazionale», afferma la direttrice del Norla, Margit Walsø. La sigla sta per Norwegian Literature Abroad e indica l’organizzazione che dal 1978 promuove la traduzione e la diffusione degli autori norvegesi all’estero. Al Norla si deve l’organizzazione del ricco programma della Buchmesse, oltre all’allestimento del Padiglione d’onore, nel quale il minimalismo del design viene esaltato da una luminosità che verrebbe da definire “boreale”.
Ammiratrice entusiasta di Elena Ferrante e della sua Amica geniale, Margit Walsø è consapevole di muoversi in un contesto estremamente favorevole alla valorizzazione della letteratura e, più in generale, della cultura, come dimostra l’imminente riapertura del museo dedicato a Edvard Munch nella capitale Oslo. «Siamo un piccolo Paese e, proprio per questo, siamo abituati a collaborare tra di noi ogni volta che c’è da realizzare un progetto comune», spiega riferendosi non solo alla Buchmesse, ma anche e specialmente al sistema a sostegno della lettura che la Norvegia ha varato fin dagli anni Sessanta. «I libri e gli e-book sono esenti dall’Iva – elenca – e attraverso il Consiglio delle Arti il Governo acquista ogni anno centinaia e centinaia di copie da destinare alle biblioteche pubbliche, sempre molto frequentate. E poi ci sono gli aiuti economici per gli autori, sotto forma di stipendi, residenze di scrittura, incarichi per lezioni e conferenze».
In questo quadro il Norla rivendica una sua specificità. «Lo Stato ci finanzia, ma non entra nei processi decisionali – sottolinea Margit Walsø –. Nel consiglio di amministrazione siedono rappresentanti delle associazioni degli editori e di quelle degli scrittori. Il ministero della Cultura, che avrebbe diritto a un seggio, lo cede a un esponente dell’università. Tutto avviene nella massima trasparenza».
Gran parte delle risorse arrivano dai proventi del Fondo per il Petrolio, che è un’altra particolarità norvegese. Anziché rimanere in mano ai privati, i proventi dell’estrazione del greggio vengono reinvestiti in iniziative che garantiscano una ricaduta sociale e, non di rado, anche economica. Come la letteratura, appunto, che nel tempo è diventata un fattore trainante anche per il settore dei viaggi. «Sempre più spesso chi visita la Norvegia è spinto dal desiderio di ritrovare i paesaggi e le situazioni che ha incontrato nelle sue letture», dice Elisabeth Ones, direttrice dell’Ente del turismo norvegese a Milano.
Le occasioni, in effetti, non mancano. I programmi del Norla si rivolgono sia ai traduttori, che vengono incoraggiati ad approfondire la conoscenza della lingua, sia agli editori stranieri, che ricevono un contributo. In questo modo negli ultimi anni la presenza degli autori norvegesi nel mondo si è fatta più consistente, in un ventaglio molto variegato di proposte. Si va dai best seller di Jostein Gaarder (celebre per Il mondo di Sofia) e del giallista Jo Nesbø ai reportage di Erika Fatland, dai romanzi ambientalisti di Maja Lunde all’imponente autobiografia di Karl Ove Knausgård (La mia battaglia), fino al drammaturgo Jon Fosse, da tempo candidato al Nobel.
Niente male, se si pensa che in Norvegia il mercato del libro supera di poco i 500 milioni di euro, mentre di recente in Italia il valore è tornato ad attestarsi sopra la soglia dei tre miliardi. Perché non provarci anche noi? «Per il Norla l’indipendenza è un criterio irrinunciabile – conclude Margit Walsø –. Ci teniamo sempre a un passo di distanza dalla politica». Ed è a questo punto, francamente, che anche il più ottimista tra gli italiani comincia a vacillare.